01 ottobre 2024

ABUSO CONTRATTI A TERMINE: LA SANZIONE PER IL DATORE DI LAVORO


Dal sito www.laleggepertutti.it

20 Settembre 2024 | Autore: Angelo Greco

Eccessivi rinnovi o proroghe dei contratti a tempo determinato: i diritti del lavoratore precario.

In Italia, la legge stabilisce un limite massimo alla durata complessiva dei contratti a tempo determinato, comprese proroghe e rinnovi, per evitare che tale tipologia contrattuale venga utilizzata per aggirare la regola generale del contratto a tempo indeterminato. Ma cosa rischia l’azienda che viola tali regole? Qual è la sanzione per il datore di lavoro in caso di abuso di contratti a termine? La materia è stata modificata dal Decreto legge 131/2024 (Salva infrazioni), che è intervenuto anche sulla disciplina dei contratti di lavoro a termine, in particolare sul regime sanzionatorio, dando seguito alle indicazioni della procedura di infrazione con la quale l’Ue ha richiesto all’Italia di allineare la normativa interna alla direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato.

In questo articolo vedremo, sia per il pubblico impiego che per il lavoro privato, quali sono i diritti di un dipendente in caso di eccessivi rinnovi del contratto a tempo determinato. Procediamo per gradi.


Indice
  1. Limite durata massima dei contratti a termine
  2. Pubblico impiego: che succede in caso di abuso del contratto a termine?
  3. Lavoro privato: che succede in caso di abuso del contratto a termine?

Limite durata massima dei contratti a termine

Per qualsiasi tipo di mansione e necessità aziendale, è possibile assumere un lavoratore con contratto a tempo determinato. Non è necessaria alcuna motivazione se il contratto non supera la durata di 12 mesi.

È possibile, eccezionalmente, arrivare fino a 24 mesi in presenza di una delle seguenti motivazioni (le cosiddette “causali”):
  • casi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA/RSU (art. 51 D.Lgs. 81/2015);
  • in assenza di previsioni dei contratti collettivi (come sopra definiti) causali previste dai contratti collettivi applicati in azienda;
  • in assenza di disposizioni dei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti nel contratto individuale;
  • esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a 12 mesi senza una delle causali o di contratto con causali oltre 24 mesi, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine.

I contratti a termine per attività stagionali sono esclusi dalla disciplina delle causali.


Pubblico impiego: che succede in caso di abuso del contratto a termine?

L’articolo 36 del D.Lgs 165/2001 (norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) dispone che la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori (tra le quali rientrano quelle che pongono limiti ai rapporti a termine) non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le Pubbliche Amministrazioni, diversamente da quanto accade nel settore privato. E ciò perché l’articolo 97 della Costituzione prevede l’accesso al pubblico impiego solo per concorso e la necessaria previa programmazione di qualsiasi assunzione a tempo indeterminato.

Dunque, qualora una Pubblica Amministrazione o un qualsiasi altro ente pubblico superi i limiti del contratto a termine, il dipendente ha diritto al risarcimento del danno. La Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 5072/2016) ha riconosciuto al dipendente pubblico, in caso di abuso nel ricorso al contratto a termine, il medesimo importo risarcitorio forfettario previsto nel settore privato (da 2,5 a 12 mensilità) prima dall’articolo 32 della Legge 183/2010 e poi dall’articolo 28 del D.Lgs 81/2015.

Ciononostante la Commissione Ue ha ritenuto tale adeguamento non sufficientemente dissuasivo, dando corso alla procedura di infrazione. Di qui l’ultima riforma del 2024 che, nel caso di abuso nell’utilizzo di una successione di contratti di lavoro a termine, ha previsto un risarcimento tra un minimo di quattro e un massimo di 24 mensilità.

La determinazione dell’indennizzo viene effettuata secondo la gravità della violazione, anche in base al numero dei contratti intervenuti tra le parti e alla durata complessiva del rapporto.

Il lavoratore ha comunque la possibilità di dimostrare il maggior danno subito e ottenere un risarcimento superiore.


Lavoro privato: che succede in caso di abuso del contratto a termine?

Nel settore privato, la violazione dei limiti per i contratti a termine consente al dipendente di rivolgersi al giudice per ottenere la conversione del rapporto in uno a tempo indeterminato (a differenza del pubblico dipendente che, come visto, non può rivendicare il diritto all’assunzione definitiva). Ma non è tutto.

L’articolo 28 del D.Lgs 81/2015 stabiliva originariamente che il lavoratore, ottenuta dal tribunale la conversione del contratto a tempo determinato in uno a tempo indeterminato, avesse diritto, per il periodo compreso tra la scadenza del termine e la sentenza, a un’indennità onnicomprensiva variabile tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità, determinata tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del lavoratore nonché del comportamento e delle condizioni delle parti. Tale indennità può essere ridotta alla metà in presenza di disposizioni collettive recanti procedure di stabilizzazione.

La modifica introdotta dal decreto Salva infrazioni consiste nella possibilità per il giudice di riconoscere un indennizzo anche in misura superiore alle 12 mensilità, qualora il lavoratore dimostri di aver subito un maggior danno. Inoltre, oggi, i contratti collettivi non hanno più la possibilità di ridurre tale sanzione.




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