Dalla pagina Facebook
dal già Commissario Superiore
del Corpo Forestale della Regione Siciliana
Enzo Crimi
(3^ parte)
(1^ parte pubblicata il 31.05.2024)
(2^ parte pubblicata il 09.06.2024)
Studio tecnico, redazione e ricerche bibliografiche a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problematiche del territorio.
Il mio primo pensiero in questo elaborato è per tutti coloro che sono caduti nello spegnimento incendi e sono vicini a Dio e anche per le loro famiglie.
Se avete interesse, voglia di leggerla e arrivare fino in fondo per rendervi più edotti sullo straordinario fenomeno degli incendi boschivi che tanta tribolazione causano alla collettività, la presente nota, che è un segmento integrante di altre 2 parti già pubblicate, approfondisce tecnicamente la tematica antincendio siciliano, con uno sguardo anche alle problematiche nazionali sempre più pressanti. Distruggere i boschi è un reato contro la sacralità più profonda della natura, è un affronto alla vita indistruttibile e all’eterno ciclo vitale. Ogni albero che viene bruciato é una boccata d'ossigeno in meno per i nostri figli che così pagheranno per le colpe dei propri padri! Dovere di tutti é di salvaguardare il nostro delicato ambiente affinché si possa lasciare alle generazioni future un patrimonio naturalistico inalterato, perché in natura tutto è straordinario.
MA COSA POSSIAMO FARE CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI?
Il fuoco é la macchina più potente esistente in natura e il suo potere distruttivo è enorme, ma altrettanto è il benessere che ha portato all'umanità e per combatterlo non basta vederlo e parlarne, bisogna conoscerlo profondamente. Sin dai tempi della sua scoperta, il fuoco è stato un elemento eccezionale, sia per la sua influenza negativa, verso l'ambiente e verso l'uomo, che per la sua utilizzazione finalizzata alla gestione del territorio, visto come mantenimento dell'equilibrio naturale dell'ambiente. Esso rappresentava per l'uomo anche un fenomeno di angoscia e paura che quando si manifestava naturalmente, ad esempio l'incendio di una pianta per la caduta di un fulmine, causava nell'uomo e negli animali grande spavento. Tuttavia, tra l'uomo e il fuoco nel corso dei millenni si è intrecciato un rapporto di amore-odio che si è protratto nel corso del tempo fino ai giorni nostri, quasi a sembrare come un legame simbiotico. Quindi con il passare del tempo, l'uomo incominciò a governare e adoperare a proprio piacimento il fuoco cosi da non essere più temuto ma addirittura integrato con l'universo umano. Ecco l'uomo, preso padronanza del fuoco lo ha usato e ancora lo usa, sia nel senso buono sia nel modo peggiore, cioè come mezzo di azione devastatrice che attraverso i secoli ha portato ad un grave impoverimento del nostro patrimonio boschivo, bene ecologico indivisibile di tutti, determinando un impatto vigoroso e negativo sugli ecosistemi ed in particolare su piante e animali selvatici. Il fuoco è una rapida combinazione dei seguenti tre elementi, ovvero, una sorta di “triangolo del fuoco” che è un termine utilizzato dagli addetti ai lavori per rappresentare e comprendere efficacemente il processo della combustione; combustibile e cioè una sostanza che potenzialmente arde e brucia, ossigeno o comburente e temperatura-calore necessaria alla formazione del fenomeno. Dalla reazione tra il comburente/ossigeno e il materiale combustibile, si origina la combustione, a condizione che vi sia una fonte di innesco che produce calore e energia, che si manifesta sotto forma di fiamme. Quando i tre elementi sono presenti contemporaneamente, si verifica e si propaga un fuoco, mentre non si ottiene il fuoco se manca uno di questi tre elementi o se manca la combustione, che in un bosco o luogo all'aperto è un fenomeno irrealizzabile naturalmente. Quando un fuoco sfugge al controllo dell'uomo e si propaga consumando i combustibili naturali di un bosco, diventa incendio.
L’incendio di vegetazione è un fenomeno tanto semplice quanto complesso e ostico, che certamente interessa tutti i paesi mediterranei ed in particolare il nostro territorio nazionale. Per la sua complessità, più delle volte, non è visto ed interpretato nella sua giusta dimensione e drammaticità, sia nella trattazione diretta che nell'esposizione dibattimentale, attraverso i mezzi di informazione, i quali, archiviato il momento storico relativo all'accaduto, non ne curano l'approfondimento, inteso come motivo di ricerca dei sistemi di lavoro, dei mezzi sempre precari, degli uomini insufficienti, delle attrezzature obsolete, delle vaste aree interessate al fenomeno, del rispetto civico del territorio e cosi via. Nell'immediatezza dell’evento, ci siamo oramai abituati a leggere e sentire sui giornali, in radio e televisione, le varie opinioni e i pseudo rimedi riguardo gli incendi boschivi, come se le battaglie del fuoco possano essere vinte con la cultura logorroica della parola sterile. Non raramente e con scarsa proprietà di linguaggio e competenza tecnica, in questo teatrino, sono tutti presenti, quasi facessero a gara: mass-media, associazioni, accademici, gente comune e persino qualche saccentone appartenente alle Istituzioni incompetente in materia e interpellato solo per la carica politica detenuta. Tutti a volere spiegare le cause e i perché di questo grave dramma che puntualmente ogni anno colpisce la collettività, certamente non solo isolana e nazionale. Tutti coinvolti appassionatamente nell’arte dell’apparire e in cerca di visibilità mediatica, tentano di rappresentare goffamente la tematica antincendio con argomenti e parole vane e vuote e prive di competenze. Tutti tuttologi ed esperti del settore, tutti preoccupati ad elargire colpe agli altri, tutti ambientalisti e detentori di sapienza e non meglio specificate soluzioni, tutti sempre pronti a criticare e forse mai scesi in campo in modo diretto ad operare per il bene comune contro l’angoscioso fenomeno. Infatti, io non credo che la stragrande maggioranza di questi soggetti si sia mai trovata coinvolta in quei momenti di caotica tensione, nello spegnimento di incendi boschivi, sia stata interessata all’esposizione dei rischi che questi comportano per gli operai Forestali antincendio e personale in divisa del Corpo Forestale. Non credo che questi soggetti si siano trovati mai a spegnere un incendio e abbiano mai sentito il fumo acre stringergli la gola e non penso che abbiano mai percepito il crepitio e l’energia delle fiamme accalorargli o peggio bruciargli la pelle. Non credo abbiano mai provato la sensazione che l’acqua non possa placare la sete o cercare rapidamente una via di fuga dal fuoco, non credo che possano comprendere chi a fine intervento, con le labbra inaridite dal calore, possa bisbigliare: grazie a Dio, anche questa volta c’è l’abbiamo fatta. Raramente ho letto o sentito un pensiero di gratitudine rivolto verso gli uomini dell’antincendio siciliano che quotidianamente rischiano la vita nella lotta contro il fuoco.
Aiutati da aerei, elicotteri e mezzi antincendio, l'esiguo personale forestale in divisa e gli operai forestali addetti allo spegnimento degli incendi, giornalmente sono sempre in campo h24 impegnati sui fronti degli incendi e combattono contro le mani criminali che li innescano. In modo diretto sono ad operare per il bene comune, l’impari lotta contro un inferno di fuoco virulento che non raramente non può essere bloccato con la messa in campo tutto ciò che si possiede per contrastarlo adeguatamente. La repressione o lotta diretta agli incendi avviene con la messa in atto di tutte quelle tecniche che, andando ad incidere i lati del “triangolo del fuoco”, consentono di interrompere la concomitanza dei fattori: combustibile, ossigeno, e calore. L’impedimento avviene attraverso il battere sulle fiamme con frasche, flabelli, o coprirle con terra, irrorarle con acqua o prodotti chimici (ritardanti) e altro, per poi praticare la bonifica del sito, che è quel complesso di operazioni finalizzate ad evitare ogni eventuale ripresa dell’incendio. Seppur caparbiamente affrontati dai valorosi operai forestali del contingente antincendio regionale, gli incendi stanno devastando ancora gran parte del nostro territorio mediterraneo e siciliano. Operai antincendio che quotidianamente rischiano la vita nella lotta impari contro il fuoco, mai gratificati, non di rado dileggiati, strumentalizzati e senza evidenze o prospettive professionali concrete per il futuro, spesso scoraggiati dall’abbandono in cui versa il comparto antincendio oramai privo di orientamenti inequivocabili. Questo scritto sia un monito per la politica siciliana, ma anche una raccomandazione per tutti questi operatori del fuoco affinché siano sempre vigili contro la potenza devastante delle fiamme, perché tragedie simili come quella del “Feudo Mitogio” in agro di Castiglione di Sicilia, dove il 18 agosto 2003 persero la vita un sottufficiale del Corpo Forestale e tre operai antincendio non avvengano mai più. A tutte queste persone che osteggiano al fuoco ogni palmo di territorio naturale, deve andare un grazie grande e con il cuore che non sarà mai abbastanza, per l’impegno profuso quotidianamente nell’espletamento di un rischioso compito al servizio della natura e della collettività siciliana. Tuttavia, pretendere di agire sempre e comunque con un intervento risolutivo e rapido non risolve il problema di quei pochi terribili giorni in cui si sviluppano simultaneamente decine di incendi che sfuggono alla capacità di controllo della migliore struttura di attacco. Gli uomini del Corpo Forestale della Regione Sicilia che ha una competenza specifica su questo tipo di reati, effettueranno gli accertamenti specifici per tentare di risalire alle cause e ai responsabili di questa immane tragedia che rappresenta una grave piaga per la nostra Sicilia.
DUNQUE, NON C’È PROPRIO NULLA CHE SI PUÒ FARE PER EVITARE IL DISASTRO DEGLI INCENDI BOSCHIVI CHE PERIODICAMENTE DEVASTANO I NOSTRI TERRITORI?
La mia quarantennale esperienza in materia di incendi boschivi, mi fa pensare che non sia proprio così e forse questi scempi si sarebbero potuti evitare o quanto meno mitigare se solo si sarebbe fatta prevenzione attraverso il monitoraggio attivo del territorio, infatti, dove ci sono attività preventive, gli incendi calano drasticamente. Insomma, quando i nostri governanti capiranno che gli incendi sono oramai una guerra che bisogna combattere con la prevenzione? La prevenzione antincendio consiste proprio nel fare in modo che i tre elementi del “triangolo del fuoco” sopra indicato, non siano mai compresenti. Quando invece sono presenti contemporaneamente, si verifica e si propaga un incendio. Allo stesso modo, per gestire un incendio e domare le fiamme è necessario disinnescare almeno una delle suddette tre componenti. Bisogna applicare la prevenzione come metodo di modifica delle condizioni fisiche e sociali di maggiore pericolo degli incendi e come studio delle probabilità e dei modi di propagazione del fuoco e pianificazione delle strutture di difesa. La battaglia del fuoco, ancor prima della lotta diretta agli incendi dei boschi e della vegetazione, si vince soprattutto con la presa di coscienza dell'entità del fenomeno con conoscenza delle componenti ed individuazione di un progetto di intervento che primariamente sia consapevole delle disponibilità delle risorse antincendio che devono essere puntualmente attivate all’inizio della stagione estiva (mezzi, uomini, tecnologie, attrezzature, viabilità, punti idrici et.). La prevenzione è anche pianificare i necessari interventi pre-estivi che agiscono sulle cause predisponenti mediante la programmazione di piani di previsione e prevenzione contro gli incendi boschivi e della vegetazione. Attraverso un attento studio propedeutico delle problematiche, si dovranno potenziare le risorse economiche da destinare all'approvvigionamento delle idonee attrezzature che siano consone e funzionali all'utilizzo da farne, sia nella qualità che nella quantità, da suddividere sul territorio a seconda delle esigenze di ciascuna unità operativa antincendio. Mediante un attento censimento sul territorio, riveste carattere di primaria importanza la realizzazione di infrastrutture e opere complementari quali, viali parafuoco o tagliafuoco, viabilità di servizio e, ove possibile, radure per aumentare la discontinuità strutturale del bosco e quindi limitando la propagazione degli incendi. Inoltre, sono molto importanti prese idriche per l'approvvigionamento dei mezzi antincendio e capienti riserve d’acqua che, come è noto, è l’estinguente più pratico e sicuro ed assume primaria importanza nella lotta agli incendi boschivi.
Sono trascorsi tantissimi anni dal disastro del “Mitogio” ma non sembra essere cambiato nulla, anzi la situazione si stima peggiorata, infatti, in questi giorni, la nostra martoriata terra siciliana si trova ancora nella morsa del fuoco, dunque, nessuna novità per quanto riguarda la cultura civica degli incendiari, tantomeno delle attività preventive e repressive delle Istituzioni. Io credo che raggiungeremo buoni risultati nella lotta a questo devastante fenomeno solo quando capiremo che le battaglie del fuoco si vincono cambiando il solito paradigma alquanto semplice, altamente costoso e privo di risultati apprezzabili, ovvero, “incendio - spegnimento e solita caccia all’incendiario di turno”, tralasciando il vero problema che è la messa in opera di idonee opere di prevenzione prima di ogni estate, infatti, la soluzione del fenomeno incendi non si trova d'estate. Bisogna finirla di essere spettatori stoici della fatalità perdente, tralasciando il vero problema che è la messa in opera di tutti i sistemi che abbiamo per adattarci agli effetti di questo catastrofico fenomeno. Non solo incendi ma anche rifiuti e degrado ambientale generalizzato, insomma, invertire questa tendenza si può, bisogna avere l’umiltà di capire che la repressione non può bastare per combattere il fenomeno degli incendi boschivi. Prevenire gli incendi boschivi si può e conviene meglio che spegnerli, la collettività risparmierebbe molto e in questo percorso il cittadino ha un ruolo molto importante, poiché un incendio viene spento quanto più rapidamente lo si avvista e lo si raggiunge.
Il fenomeno incendi è molto condizionato oltre che dai combustibili che possono essere rapidi o lenti, anche dalle condizioni climatiche, dall’orografia del terreno ed in forma indiretta ma determinante, dal progressivo abbandono rurale delle campagne da parte dell'uomo, il quale un tempo, attraverso la sua presenza permanente sul territorio, dove conduceva le varie pratiche agronomiche e silvo-colturali, rendeva il bosco meno soggetto agli attacchi degli incendi. Il territorio veniva coltivato e capillarmente gestito (si pensi al pascolo e sfalcio di vaste porzioni del territorio e all’abbruciamento delle restoppie e residui vegetali). Purtroppo, l’uomo tende a lasciare l’ambiente rurale e gran parte del nostro territorio pedemontano privato, soffre già oggi di questa malinconica condizione di smobilitazione, dell’incuria e del fuoco che non permette insediamenti arborei. A questo triste fenomeno di degrado resistono alcune aree di competenza dell’Ufficio Provinciale del Territorio di Catania - ex Azienda Regionale Foreste Demaniali e piccoli e radi scorci di verde, rappresentati dai pochi contadini che ancora fortunatamente non si arrendono all’abdicazione delle campagne, all’arbitrio degli allevatori e del pascolo indiscriminato, all’attività degli eventi atmosferici a volte inclementi e alla devastazione degli incendi che rappresentano, per questo nostro territorio, una grave ferita non facile a rimarginarsi.
Siano essi di matrice dolosa o colposa, gli incendi sono spesso il frutto dell’incuria, dunque, i boschi vanno curati attraverso una buona pianificazione di interventi di selvicoltura preventiva. Oggi l’abbandono delle campagne, con conseguente crescita continua e omogenea di vegetazione, insieme all’incuria di questi territori che porta all’accumulo di combustibile vegetale secco e morto, crea condizioni di scarsa controllabilità delle aree una volta innescato l’incendio. Infatti, minor governo del territorio significa innescare un processo dannoso alimentato dall’aumento incontrollato e disponibilità di materiale combustibile che facilità la propagazione degli incendi che spesso creano il rischio di spostamento e avvicinamento del bosco ai centri urbani, con conseguente rischio per questi e apprensione per le popolazioni interessate. Le fiamme a volte si propagano facilmente a causa del forte vento, ma anche per abbondanza di combustibile, nella fattispecie sottoforma di arbusti, cespugliato e quanto di più pericoloso, può esprimere una "complessità disordinata di soprassuolo", sul quale non vengono mai effettuati interventi silvocolturali ai fini antincendio e ancora peggio dove il territorio è abbandonato. Dunque, gli incendi si combattono anche attraverso la predisposizione di un sistema di lotta efficace che prevede l’attivazione di lavori silvocolturali di ripulitura e di costante vigilanza sul territorio ai fini del controllo del fenomeno degli incendi, ma anche in modo da pervenire ad un paesaggio più resistente e resiliente al fuoco. Ove possibile, bisogna agire anche con interventi di vigilanza sull’uomo che direttamente o con comportamenti irrazionali, diventa responsabile dell’incendio.
Nelle aree a rischio incendio ed in particolare su piste e stradelle rurali di penetrazione, devono essere posti in essere lavori finalizzati all’eliminazione di materiale combustibile sottoforma di cespugliame secco, spesso impenetrabile e abbandonato a se stesso e assai ostacolante per i mezzi antincendio che devono muoversi con agilità. Il disordine vegetazionale, ancor più se secco, rappresenta un pericoloso deposito di combustibile e punto d’innesco alla mercé di qualunque incendiario, esattamente come spesso avviene, dunque, sarebbe auspicabile riportare l'uomo nelle campagne in modo che diventi la sentinella del proprio territorio. Il presidio delle campagne, che dovrebbe essere il nuovo modello nella prevenzione degli incendi, dimostra come la presenza di aree rurali ben organizzate dal punto di vista spaziale potrebbe contribuire al governo degli incendi. Insomma, in Italia è venuta meno una cultura attiva forestale ed è giunto il momento di riacquistarla. L’obiettivo della selvicoltura preventiva è proprio quello di ridurre l’infiammabilità del bosco per aumentare la resistenza agli incendi, accelerare la ripresa della vegetazione e migliorare la sicurezza delle operazioni antincendio. Un’altra tecnica di selvicoltura preventiva utile al contrasto degli incendi boschivi è la scelta della specie, l’eterogeneità e disetaneità diffusa del bosco che può rallentare la propagazione delle fiamme. Tuttavia, la cultura, la conoscenza e la competenza, sono la strada maestra da percorrere come misure preventive che richiedono una lunga pianificazione, ma rappresentano sicuramente lo strumento più efficace per salvare i nostri boschi. Lo Stato, le Regioni, i Comuni, insomma, tutte le Istituzioni con competenza territoriale e con disponibilità diretta o indiretta di risorse disponibili ed impiegabili contro gli incendi, dovrà predisporre le proprie capacità in base ad un ben preciso piano definito attraverso un apposito schema e tenendo debitamente conto della perenne penuria di risorse finanziarie. Siamo una popolazione in prevalenza urbana e conosciamo poco il bosco e i suoi meccanismi. Bisogna recuperare la gestione attiva del bosco attraverso interventi ecosostenibili sia di natura ambientale ma anche economica, in modo da coinvolgere le comunità montane presenti sul territorio, affinché possano avviare o consolidare le loro attività economiche sostenibili.
Per prevenire gli incendi boschivi, occorre altresì passare alla idea della “Prevenzione civile” come chiave di cambiamento e le Istituzioni devono spingere per un riacquisto del senso civico generale e motivare il pubblico a rispettarli ed evitare ogni azione pericolosa e possibilmente a collaborare alla loro difesa. Per questo diventa auspicabile acquisire una sempre più diffusa sensibilità e negli anni costruire una conoscenza culturale verso l’ambiente, in quanto e sotto gli occhi di tutti che oggi l'azione preventiva più proficua contro gli attacchi che subisce il nostro territorio è l'educazione all’ambiente e le finalità di tale attività educativa si raggiungono attraverso la promozione, pubblicizzazione e spiegazione dei principi basilari, che stimolino una corretta fruizione e rispetto del territorio naturale. L'educazione ambientale è uno straordinario valore aggiunto alle dotazioni culturali dell’uomo, un potente strumento con il quale si acquisiscono culturalmente comportamenti e propensioni necessari per comprendere ed apprezzare il binomio eco-compatibile uomo-ambiente, che si realizza attraverso una sincera passione interiore e una meditazione continua sulla conoscenza delle bellezze naturali e del loro corretto uso e salvaguardia in modo sostenibile. Bisogna che l'educazione ambientale venga concepita come una sorta di rivoluzione culturale, una strategia globale che porti a produrre cambiamenti significativi nei comportamenti umani che interessano l'ambiente e che ridefiniscano i valori culturali, sociali, politici ed economici.
In questa nostra società contemporanea confusa e distratta, passiva e priva di etica e stordita dalla miserissima situazione politica, attratta solamente dall’effimero, dobbiamo infondere ai nostri giovani qualcosa di innovativo che li sorprenda, che li coinvolga sia sul piano cognitivo che su quello emotivo. Bisogna creare nelle nuove generazioni una coscienza educativa, che pur non agendo concretamente sulle problematiche, certamente agisce a livello formativo nella loro mentalità che nel tempo può garantire una efficace protezione dei valori naturalistici del territorio che si intrecciano necessariamente con l’educazione alla legalità. Bisogna quindi informare e formare l'uomo, in particolare in giovane età, che importante è il rispetto delle regole e riconoscere ed accettare un mondo di regole non è difficile e faticoso. Insomma, bisogna cambiare modello e proporre una nuova visione degli elementi naturali, attraverso l’attivazione di un serio processo di educazione ambientale che coinvolga ogni elemento o entità privata o Istituzionale e soprattutto le scuole e gli studenti che sono il nostro prossimo futuro, i quali, devono partecipare alle decisioni che si intraprendono nell’interesse del territorio, in modo che diano un contributo alla crescita della cultura dell’ambiente che come sappiamo è anche cultura della legalità. La scuola deve proporre un orientamento culturale con il compito, tra l’altro, di educare con un rafforzamento mirato dell’educazione civica, perché è risaputo come il nostro territorio spesso sia sottoposto ad attacchi degradanti di ogni genere che certo non possono essere definiti edificanti. Ma perché la componente educativa? Perché questa disciplina culturale, ci indica gli strumenti più appropriati per un approccio ottimale, semplice e uniforme nei linguaggi e comportamenti collettivi di massa, un percorso virtuoso che attraverso parametri culturali, indirizzi verso un rapporto relazionale rispettoso tra l’uomo e l’ambiente. Attraverso una fruizione eco-sostenibile, bisogna rispettare la natura e tutte le forme del creato che ci circondano, in modo da riscoprire il modo equilibrato e compatibile di vivere con il nostro ambiente. L’abbandono del territorio e la carenza di perlustrazione e vigilanza a cura del Corpo Forestale, di personale Istituzionale e/o volontario, accentuerà le sofferenze dell’ambiente, già colpito pesantemente dal fenomeno del decadimento e della smobilitazione.
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