Dalla pagina Facebook
dal già Commissario Superiore
del Corpo Forestale della Regione Siciliana
Enzo Crimi
(2^ parte)
(1^ parte pubblicata il 31.05.2024 )
Studio tecnico, redazione e ricerche bibliografiche a cura di Enzo Crimi – già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Siciliana, saggista, divulgatore ambientale e naturalista, esperto di problematiche del territorio.
Il mio primo pensiero in questo elaborato è per tutti coloro che sono caduti nello spegnimento incendi e sono vicini a Dio e anche per le loro famiglie.
GLI INCENDI SONO SEMPRE PIÙ LEGATI AI CAMBIAMENTI CLIMATICI?
Io penso che i cambiamenti climatici in corso stiano generando le famose “tempeste di fuoco perfette”, temperature da record in rialzo un pò ovunque, forte vento e super ondate di caldo che rendono l’aria irrespirabile e aumentano l'allarme incendi, mentre le fiamme ripropongono la loro devastante avanzata. Oggi dobbiamo altresì confrontarci con un altro grave fenomeno che tende ad aggravare le cause scatenanti per la propagazione degli incendi rendendoli ingovernabili: la forte siccità e aridità del territorio in alcune aree geografiche causata dalla carenza di precipitazioni meteoriche a periodo appropriato, dovuta alle modificazioni climatiche che stanno interessando per alcuni versi, ampie superfici del nostro pianeta. La più grave siccità degli ultimi 70 anni e le prospettive non sono rosee, visto che questa situazione di forte aridità abbassa l’umidità del combustibile superficiale, rendendolo più facilmente infiammabile, anche per una minima parte di energia che può far partire la combustione. Ecco, questi elementi non fanno altro che aggravare le cause scatenanti degli incendi e renderli ingovernabili e per i boschi in fiamme, la soluzione non si trova d’estate ma con l’attività preventiva nelle stagioni fredde. Il clima che cambia rapidamente a causa nostra, ci porta straordinarie ondate di calore e siccità estive sempre più frequenti e prolungate, ma anche fenomeni estremi come improvvise bombe d’acqua e trombe d’aria che stanno diventando più frequenti e si abbattono in aree mai interessate a questi eventi. Per come vanno sostenendo gli esperti, forse è vero che ci avviamo nel “Pirocene”, nome coniato dal famoso studioso del fuoco, Stephen Pyne dell’Arizona State University. L’epoca del Pirocene” o “età del fuoco cattivo” ma soprattutto, l’epoca della “scomparsa del fuoco buono”, quello “naturale”, quello “primitivo”, quello “agricolo” che dal Pleistocene fino agli albori dell’età industriale ha modellato i paesaggi del nostro pianeta. Il “Pirocene” è un periodo di grande impatto ambientale, caratterizzato dall’aumento della quantità di megaincendi collegati al peggiorare delle condizioni climatiche provocato dal riscaldamento globale, che certo dobbiamo affrontare con un approccio culturale diverso. Insomma, al presente gli incendi sono devastanti e la cui intensità e velocità di avanzamento superano le condizioni entro cui gli addetti allo spegnimento possono operare in sicurezza e con risultati apprezzabili. Inoltre, gli incendi oltre ad apportare imponenti danni al patrimonio economico delle comunità, sono causa di disastri ambientali difficilmente quantificabili a breve termine, in quanto determinano il disboscamento, la scomparsa di biodiversità, il degrado ecologico, una progressiva desertificazione del territorio, modificandone irreversibilmente ed in modo esponenziale il clima e l'ambiente, anche in aree mai interessate a questi eventi. Siamo di fronte ad un’alterazione della regolarità del nostro pianeta mai vista sin dall’inizio della sua esistenza, che potrebbe apportare degli impatti imprevedibili ma sicuramente catastrofici e mai registrati e questo fenomeno é accentuato dalla noncuranza e impreparazione generalizzata delle Istituzioni e della gente comune.
Gli incendi non rispettano né i confini né le aree boscate, agrarie o d’interfaccia, né risparmiano le aree protette, infatti, colpiscono duramente anche i siti di Natura 2000 che è la Rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione che serve a garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario. Questo fenomeno desta particolare preoccupazione in quanto questi siti comprendono gli habitat di particolare interesse e ospitano specie vegetali e animali anche in via di estinzione. Dal monitoraggio ufficiale del quale si è parlato nella prima parte di questo elaborato, resosi indispensabile per controllare e mappare sistematicamente uno dei fenomeni più devastanti come gli incendi boschivi, non solo in Italia ma in tutta Europa, si certifica che la Regione Sicilia, è sempre messa a dura prova dai numerosi incendi. Per completezza d’informazione, appare altresì doveroso ricordare che gli incendi boschivi hanno indubbiamente anche un ruolo importante in alcuni ecosistemi naturali, infatti, in giusta misura, tempi e luoghi, non di rado contribuiscono al mantenimento dell’equilibrio ecologico dei complessi boscati. Sembra oramai provato che alcuni grandi ecosistemi traggono beneficio dagli incendi poiché ripuliscono il bosco dalla necromassa rappresentata dalle piante morte, rendendo più accessibili i nutrienti del suolo e creando spazio per nuovi insediamenti vegetali. Le sostanze nutritive rilasciate del materiale organico bruciato, ritornano più velocemente al terreno e lo rendono più fertile. Come noto, alcune piante sono persino dipendenti dagli incendi per la propria sopravvivenza e riproduzione. Ad esempio, ci sono alcune specie di pini che necessitano di un processo di adattamento ecologico, infatti, hanno bisogno degli incendi di superficie o radenti (quando brucia la vegetazione al livello del suolo), per permettere alle loro pigne di aprirsi e liberare i semi in esse contenuti. Inoltre, non è un segreto che alcune pratiche consistono nel cosiddetto “Fuoco prescritto”, una sorta di tecnica di prevenzione che prevede l’utilizzazione del fuoco di superficie, ovviamente in condizioni di sicurezza, per la riduzione della biomassa bruciabile e pericolosa per quantità e tipo, composta da arbusti, cespugli stagionali e altri tipi di piante che bruciano più facilmente, in modo da interrompere la continuità orizzontale e verticale dell’incendio con suscettività a diffondersi ad alta intensità e virulenza, tanto da investire le chiome. Beninteso che questa tecnica viene sempre svolta in modo rigoroso, pianificato e controllato, valutando e programmando opportunamente fattori che più influiscono sui roghi, specialmente vento e umidità, l’intervallo di ritorno, stagione, intensità, dimensione delle aree trattate, loro distribuzione nello spazio, tecniche di accensione, previsione del comportamento del fuoco in funzione delle variabili ambientali e topografiche del momento. Ma attenzione, il fuoco controllato e il fuoco prescritto non sono la stessa cosa. Nel fuoco controllato il fronte di fiamma applicato ad una data quantità di combustibile non sfugge al controllo e rimane confinato entro parametri fisici e geometrici stabiliti al momento dagli operatori. Questo concetto mette l’accento solo sulla sicurezza delle operazioni. Il fuoco prescritto è invece l’applicazione esperta e autorizzata del fuoco su superfici pianificate, adottando precise prescrizioni e procedure operative, per conseguire specifici obiettivi integrati nella pianificazione territoriale (S. Pyne et al. 1996). Ad ogni modo, in considerazione di quanto sopra analizzato riguardo i megaincendi, le vaste aree colpite e i danni causati all’ambiente, alle cose e persino all’uomo, gli incendi che hanno interessato e interessano ancora gli ecosistemi europei e a livello planetario, si possono definire tutt’altro che benefici e naturali.
Già nell’ultimo trentennio, il nostro pianeta è investito da temperature record in rialzo un pò dovunque e super ondate di caldo, sempre più frequenti. Gli effetti fisici di questa mutevolezza, potenziati dai cambiamenti climatici, seppur ancora non siamo in grado di comprendere e valutare a pieno, possono tradursi con un verificarsi piú assiduo di incendi devastanti. Maggiore frequenza ed estensione degli incendi, intensità crescente e simultaneità di eventi ci suggeriscono che anche per quanto riguarda gli incendi boschivi, la ”normalità” si sta evolvendo. Gli incendi boschivi stanno cambiando, l’ambiente forestale e le sue interazioni con il clima e la società hanno nuove connotazioni e la stagione incendi è sempre più lunga, ed eventi meteorologici estremi come ondate di calore e siccità sono più frequenti e aumentano lo stress idrico della vegetazione rendendola altamente infiammabile. Oggi, infatti, parliamo di megaincendi planetari ad elevata simultaneità, intensità, durata e dimensioni tali da mettere in crisi il sistema di lotta, diventando incontrollabili. Secondo il rapporto ”Un Paese che brucia” pubblicato da Greenpeace e da SISEF (Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale) c’è il pericolo che nei prossimi anni si verifichino sempre più spesso i cosìddetti grandi incendi forestali che sempre più frequentemente si trasformano in incendi d’interfaccia e causano gravi conseguenze quando incontrano infrastrutture o aree urbanizzate. Quando poi il tessuto urbano è composto da una combinazione di abitazioni e vegetazione infiammabile, gli incendi attraversano queste zone provocando non di rado, morti e devastazione. Sono eventi estremi, in cui la velocità di espansione dell’incendio, la presenza di fronti fuoco secondari e l’intensità dell’incendio supera le capacità di spegnere o contenere le fiamme da parte dei sistemi antincendio. In Sicilia ed in altre regioni meridionali, la situazione diventa ogni anno sempre più grave.
ATTENZIONE, NON E’ SOLO IL FUOCO DEGLI INCENDI CHE DEVE FARCI PAURA, MA ANCHE IL DISSESTO IDROGEOLOGICO CHE CERTAMENTE NE POTREBBE SEGUIRE.
I roghi sono la causa di tanti danni ambientali ed economici con effetto a lungo e medio termine sull'intero ecosistema forestale, tuttavia, dopo gli incendi c’è il rischio alluvioni. Gli incendi oltre ad apportare imponenti danni al patrimonio economico delle comunità, contribuiscono al grave depauperamento della biodiversità animale e vegetale dei luoghi, sono causa di disastri ambientali difficilmente quantificabili a breve termine, in quanto determinano il disboscamento, il degrado ecologico, una progressiva desertificazione del territorio, modificandone irreversibilmente il clima e l'ambiente. Gli incendi influiscono in modo estremamente negativo anche nel deterioramento del suolo rimasto privo di vegetazione e dunque nella difesa idrogeologica, in particolare dei bacini montani, irrinunciabile per la conservazione naturalistica del territorio. Il fenomeno del dissesto idrogeologico del territorio, senza tecnicismi può essere descritto in poche semplici parole: il suolo puro è come una grossa spugna che assorbe l’acqua, la pioggia e la neve, purtroppo, una volta che il suolo viene manomesso e cementificato o depauperato dagli incendi della sua vegetazione, la sua capacità viene limitata e in questo modo si facilita il verificarsi delle inondazioni che sono prevedibili ma improvvise. La pioggia che cade non può andare da nessuna parte, non può penetrare più nel suolo reso permeabile e per certi versi oramai inesistente, non trova un freno nella vegetazione perché non ci sono alberi in quanto distrutti dagli incendi e non può tornare nell’atmosfera da dove è venuta, quindi, avvengono gli allagamenti, ecco perché basta un pò di pioggia per avere le nostre città allagate. Insomma, succede che l’acqua prodotta dalle forti precipitazioni meteoriche, sottoforma di pioggia e bombe d’acqua o grandine, ancor più se il suolo è in forte pendenza, non trovando idonea copertura arborea sul terreno a monte perché distrutta dal fuoco (o dalle cementificazioni), nè un’adeguata regimazione tecnica che ne possa regolare il normale deflusso, a seconda della sua forza d’impatto con il suolo ed in particolare se di natura argillosa, si infiltra, raggiunge lo strato impermeabile, impregna il terreno superficiale che, gonfio d’acqua si mette in movimento e scivola a valle. Questa sorta di fiume di fango in piena, causa consistenti fenomeni di dilavamento, erosione, ruscellamento, frane e infine allagamento alluvionale che travolge qualsiasi cosa sul suo percorso, compresi aree agresti e urbane, persone e cose, mettendo a dura prova il sistema idrogeologico del nostro paese. Il problema della fragilità del nostro territorio e dell’esposizione al rischio di frane e alluvioni, non può certo considerarsi un fenomeno emergenziale, è oramai diventato una costante assoluta almeno per 6.633 comuni italiani, ovvero l’82% di tutto il paese che è definito a rischio idrogeologico. Ciò comporta ogni anno un bilancio economico pesantissimo, intollerabile quando, in particolar modo, è pagato con la vita.
Il costo che lo Stato è costretto a pagare ogni anno a causa degli incendi boschivi è molto salato: è uno di quei casi in cui il prezzo che paga lo Stato è tangibilmente pagato da ogni singolo cittadino. Il fuoco sottrae fisicamente anche il patrimonio boschivo che è un bene universale. L’Università di Firenze per conto della Regione Toscana ha stimato in circa 6.000 euro all'ettaro il costo per lo spegnimento di un incendio, senza calcolare i pericoli che corrono le persone nelle opere di spegnimento degli incendi e il valore del danno ambientale, economico e paesaggistico. L’Università di Padova ha studiato il fenomeno degli incendi boschivi proprio in quest’ottica economica e dai dati emerge che ogni anno, tra costi relativi al personale regolare e straordinario, costi di manutenzione e usura dei mezzi di terra e dei velivoli, quelli sostenuti per il ripristino della compagine boschiva, danni causati dalla diminuzione della produzione di prodotti del sottobosco, si giunge a valutare un costo complessivo di oltre 500 milioni di euro. A questi costi, sociali e ambientali, di recente se ne è aggiunto uno nuovo che appesantisce ulteriormente il conto dei danni prodotti dagli incendi boschivi. Infatti, tra le nuove funzioni attribuite alle foreste negli ultimi decenni c’è quella strategica del contenimento dei gas ad effetto serra, argomento incluso nel Protocollo di Kyoto, strumento della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici, che l’Italia ha sottoscritto. Nel corso di un rogo si liberano nell’aria, in media, tra le cinquanta e le cento tonnellate di anidride carbonica per ettaro, in precedenza conservate nei tessuti vegetali delle piante e nel suolo percorso dal fuoco.
MA QUALI SONO LE CAUSE FISICHE DEGLI INCENDI BOSCHIVI?
Tutti i tecnici tentano di capire i mutamenti e gli sviluppi associati al fenomeno tristemente presente nel panorama nazionale degli incendi boschivi, che rappresentano una grave piaga per il nostro Paese che torna puntualmente alla ribalta ogni estate. Gli incendi stanno devastando ancora gran parte del nostro territorio e dietro alle fiamme c'è sempre la mano volontaria o involontaria dell'uomo, un uomo consapevole o inconsapevole del dramma e della catastrofe ecologica connessa al crepitio delle fiamme, un uomo che si chiama “incendiario” e non piromane, come spesso ed erroneamente viene chiamato. La piromania è una grave patologia che statisticamente non influisce nel fenomeno. L’incendio é un illecito “istantaneo”, in quanto la condotta disonesta si esaurisce nel solo istante dell’accensione, che interessa boschi e aree non boscate e pascolive, inoltre, è un reato difficilmente appurato nella flagranza, dato che a volte, per l'accensione dei fuochi, gli incendiari preparano e utilizzano dei sofisticati sistemi d’innesco "a distanza" per appiccare il fuoco. Infine, bisogna anche dire che l’incendio boschivo, sia doloso che colposo, è un delitto contro la pubblica incolumità, e come tale, è perseguito penalmente. Infatti, chi provoca un incendio con dolo è punito con la reclusione da 4 a 10 anni. Se invece l’incendio è cagionato per colpa, la pena è la reclusione da 1 a 5 anni.
Secondo un recente report a livello nazionale dell’Arma dei Carabinieri e ancor prima del Corpo Forestale dello Stato, il 57,5% circa degli incendi boschivi in Italia sono dolosi, ovvero, riconducibili alla deliberata volontà di appiccare il fuoco per recare danno all’ambiente e alle cose, causate da azioni umane volontarie. Dalla suddetta percentuale emerge come il fattore doloso sia la causa maggiore degli incendi boschivi sul territorio nazionale, infatti, l’incremento degli incendi è strettamente connesso all’aumento della dolosità. Per correttezza d’informazione, si riportano i dati ufficiali del suddetto report, senza tuttavia omettere la convinzione di chi scrive che le cause dolose sono più numerose in percentuale. Il 13,7% di incendi é dovuto principalmente a cause involontarie colpose causate da azioni umane, l’1,9% sono dovute a cause naturali e il 26,9% riconducibili a cause indeterminate non classificabili. Naturalmente, la ripartizione relativa di queste motivazioni varia a seconda della posizione geografica, di usi del suolo tradizionali ed in particolare, al ruolo essenziale di specifici aspetti socio-economici, culturali, che purtroppo scaturiscono dallo scarso senso civico e da una marcata presenza di illegalità diffusa e consapevolezza dell’impunità, in particolare nelle zone del mezzogiorno d'Italia, dove più accentuato è il divario culturale relativo alle problematiche ambientali.
Le motivazioni più frequenti riguardo gli incendi dolosi sono il rinnovamento dei pascoli che incide per il 24,6% sul totale delle cause dolose, ( il terreno percorso dal fuoco si arricchisce di potassio ed altri elementi chimici che favoriscono in poco tempo la crescita dell’erba fresca, in particolare alle prime piogge, ciò permette un risparmio nell’acquisto del foraggio);
Per la cosiddetta “faida dei boschi” (quando più soggetti che si contrappongono, aventi attività o interessi all’interno di boschi, attraverso l’incendio, scaricano su di essi le loro vendette, gelosie o altro. Tipica è la faida tra allevatori o utilizzatori boschivi);
Per protesta contro l’istituzione di aree protette ( tipico e relativo alle limitazioni di tutela nelle aree protette); Vendette personali (Scaricare la collera verso una persona, attraverso l’incendio del suo terreno);
Emulazioni (Bisognerebbe capire perché più si discute in televisione e sui giornali del fenomeno incendi e più questo si accentua);
Per ragioni di caccia e funghi su terreni incolti non boscati (sul terreno nudo percorso dall’incendio, la selvaggina e i funghi, sono ben visibili. Ovviamente la fattispecie è riferita soltanto ad alcuni soggetti, in quanto le categorie dei fungaioli e cacciatori non sono incendiari, anzi, spesso sono molto sensibili a queste problematiche);
Per interessi speculativi nella ricerca di vantaggi dall’attivazione degli incendi nell’intento di recuperare terreni per l’agricoltura a spese del bosco per la coltivazione o per attivare contributi comunitari (il terreno percorso dall’incendio viene destinato ad attività d’interesse);
Per futili motivi (Solitamente tra confinanti, eredi, parenti altro).
Negli anni addietro, si è avuto modo di leggere su alcuni giornali che ad innescare gli incendi potrebbero essere gli operai addetti ai lavori saltuari e periodici antincendio e forestali o operatori volontari dei vigili del fuoco ai fini di fare “pressione e intimidazione” sul legislatore siciliano che non riesce mai a programmare e trovare in tempo i fondi per l’avviamento al lavoro di questi operai. Si tratta si alcune assurde e strampalate tesi prive di elementi probatori, sia per esperienze dirette sia per il fatto che pur aumentando gli incendi, le risorse economiche da investire nel settore sono sempre le stesse, quindi non vi sono aumenti di giornate lavorative o altro. Ad ogni modo, su questo fenomeno e attraverso una discreta attività investigativa, posta in essere dal Corpo Forestale all’interno di gruppi a campione che costituiscono le squadre di operai, non si è avuto modo di riscontrare iniziative illecite che potessero fare pensare a tali attività forvianti. Inoltre, la statistica ci conferma che la maggiore parte di incendi, si consumano in aree private, dove non saranno mai progettati rimboschimenti artificiali e quindi non si può certo parlare della scellerata equazione... più incendi = più rimboschimenti e giornate lavorative. In ogni modo, certamente si tratta di casi isolati che interessano operai impiegati si nello spegnimento incendi, ma che hanno interessi aziendali, in particolare nel settore della zootecnia ed è in questa veste che eventualmente agiscono illecitamente. Insomma, malgrado qualche operaio addetto all’attività antincendio potrebbe essere oggetto di biasimo, la maggior parte di loro, meriterebbe un plauso e tanta riconoscenza per il loro impegno e coraggio, profuso giornalmente con gran senso di responsabilità e a volte sprezzo del pericolo, sempre in agguato. Nemmeno alcuni e minimi elementi di responsabilità nel fenomeno ad opera di volontari VV.F. possono essere menzionati in tale statistica. Ovviamente, non si possono escludere altre cause dolose scatenanti del fenomeno quali motivi di pulitura dei fondi e stradelle che tante volte sono lasciate alla trasandatezza vegetazionale (Risparmio manodopera).
Gli incendi colposi o involontari, sono provocati da comportamenti umani non finalizzati alla specifica volontà di arrecare il danno e si originano quando si opera con negligenza, imprudenza o imperizia, spesso in violazione di norme e regolamenti ed in particolare in periodi che coincidono spesso con quelli di maggior rischio per gli incendi boschivi. Essi sono riconducibili ad una diversificata serie di comportamenti che attengono all’uso del territorio, quale sede di attività produttive e di rilevanza economica. Alcune di queste sono la mancanza di un idoneo controllo delle tradizionali pratiche di pulitura agro-silvo-pastorale attraverso l'utilizzo imprudente del fuoco senza un'adeguata opera di verifica, dalla quale potrebbe scaturire la natura colposa dell'incendio. Un incendio colposo può scaturire con imperizia dall’utilizzo di strumenti e apparecchi a fiamma per la pulitura delle scarpate delle strade e delle reti ferroviarie che comunque, con grande diligenza vanno pulite, nonché dalle piste forestali, dall’abbandono negligente di fuochi da bivacco, bruciatura di rifiuti, stoppie, residui vegetali provenienti da lavorazioni agricole e forestali ed in forma minore da attività ricreative e turistiche. Un incendio può essere innescato con colpa dalla bruciatura dei pascoli e degli incolti, ma si può anche attivare dai fuochi d’artificio, lanci di petardi o razzi, brillamento di mine o esplosivi, mozziconi di sigarette accesi, incidenti alle linee elettriche, incendi dovuti ai tubi di scappamento surriscaldati delle auto posteggiate su erba secca o malfunzionamento di macchine non idoneamente manutenzionate. Un'ulteriore piccola percentuale degli incendi (1,9%) è dovuto a cause naturali quali eruzioni vulcaniche, fulmini prevalentemente nelle zone montane, autocombustione dovuta all’ossidazione enzimatica che può verificarsi in casi eccezionali solo nei fienili. Alle nostre latitudini non possiamo certo parlare di autocombustione generalizzata, tuttavia, è accertato che le alte temperature contribuiscono a fare di un fuoco acceso, un incendio difficilmente controllabile. Come sopraddetto, la rimanente percentuale di causa incendio rimane non classificabile.
Leggi anche:
Nessun commento:
Posta un commento
Ogni commento anonimo sarà cestinato, verranno pubblicati tutti tranne quelli offensivi e/o volgari, si ricorda che commentare significa anche assumersi la responsabilità di ciò che si dice. Qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi. Quelli con profilo Anonimo DEVONO essere firmati alla fine del commento altrimenti saranno cancellati. Il titolare del blog declina ogni responsabilità per i commenti rilasciati da terzi. Le immagini pubblicate sono quasi tutte tratte da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Qualora il loro uso violasse diritti d'autore, lo si comunichi all'autore del blog che provvederà alla loro rimozione.