di Antonino Lomonaco
LTI di Linguaglossa (CT)
E' un grande piacere quello dell'incontro, dell'intesa: in poche parole il piacere della "comprensione".
Le parole possono avere questo effetto, se non lo avessero diventerebbero inutili e vuote.
Così il discorso di Padre Barbarino, durante la commemorazione dei morti di Monte Culma del 18-08-93, ha avuto in me l'effetto dell'incontro e della comprensione, anche se con una visione diversa dal cristianesimo.
Stendere "ponti" fra noi e gli altri è l'effetto della parola e della cittadinanza. Essere cittadini è stendere una rete di parole ed intese fra noi e gli altri, in modo che il nostro diritto diventi il dovere degli altri e viceversa. Questa è una lezione morale fondamentale, base di ogni possibile pacifica convivenza fra gli uomini. Una convivenza che, come tutte le cose, ha bisogno di una memoria per conservarsi: per conservare, appunto, i valori messi sempre a dura prova dal tempo.
L'esempio del sacrificio estremo, nell'infausta data, ricordato a Boriglione, è un monito di cui tener sempre conto: quello della cura del proprio lavoro, del proprio territorio nel confronto con l'imprevedibilità.
L'imprevedibilità! Questo "altro" che il nostro "sapere" vorrebbe cogliere ma che, invece, sfugge sempre e ci fa essere davvero uomini, sia nell'aspetto della durezza d'animo, che vorrebbe chiudersi ad ogni alterità e ad ogni imprevisto, sia nell'aspetto della delicatezza e fragilità umane. Anche se, spesso, poi, ci si pone con supponenza ed arroganza davanti alla propria "ignoranza" .
Siamo polvere! E polvere torneremo ad essere!
Ciò che davvero vale è, perciò, solo l'espressione di una buona volontà, rivolta alla cura dell'altro, sia esso il territorio dove si vive, sia anche delle persone che vi vivono, ed è questo che porta davvero alla ricchezza! Questo fa davvero una società che possa dirsi civile! Basata sulla lealtà.
Il valore di un lavoro capace di strappare la vita dagli uomini ha, perciò, la misura della memoria. E' nella memoria che si trova l'esempio da seguire.
E' nella memoria che si trova l'umiltà di rapportarsi ad ogni alterità con rispetto e cura.
E' così, con un tale approccio, che la politica, ovvero l'arte della cura degli uomini e dei territori, dovrebbe guardare a tutte le questioni sociali ed anche all'organizzazione dell'antincendio boschivo, cioè dire, nella specificità dell'antincendio boschivo, tenendo conto dei meriti avuti malgrado gli stessi limiti che questo servizio si porta addosso sin dalla sua origine. Limiti e meriti che pur sommati hanno avuto il risultato di una efficienza inusuale in una terra tante volte delusa, come quella siciliana.
La mancata riforma della forestale mortifica la memoria dei morti, dei silenti infortuni, dei sacrifici e delle rinunce di chi, operando in queste squadre, ha sempre messo a rischio la propria incolumità per la difesa di una alterità che era territorio, ambiente e comunità.
La mancata riforma del Corpo forestale e delle squadre di antincendio boschivo, nella forma che apprezzi adeguatamente il compito svolto e ancora da affrontare, è un torto al buon senso, all'intelligenza di un popolo, ai meriti di una buona politica delle genti e dei territori.
Chiudere gli occhi di fronte alla distruzione insensata di un'esperienza più che positiva, in un contesto di cambiamenti climatici, è senza senso: è espressione di una politica che ha smarrito il significato del suo dovere di cura delle genti e dei territori; una politica che non riesce ad affrontare l'imprevedibilità con una postura da "retti", senza vendere, per trenta danari, ai furbi, ai parassiti e agli approfittatori, quella lealtà dovuta alla terra ed al popolo che è linfa vitale, sangue, di ogni buona convivenza.
Antonino Lomonaco
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