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Regione Siciliana - Dipartimento Regionale della Protezione Civile
LIBRIZZI (ME) – Il prossimo 7 giugno, presso il Palazzo di Giustizia di Patti, si terrà la prima udienza relativa al reato di minaccia nei confronti di due volontari di Protezione Civile appartenenti al Gruppo comunale di Librizzi, un paese in provincia di Messina. La vicenda è legata ad un tentato incendio boschivo avvenuto, sempre nel territorio di Librizzi, nel mese di settembre dello scorso anno. Per quel reato il “piromane” è stato già condannato a due anni e quattro mesi di reclusione con il rito abbreviato, pena che il Tribunale di Patti ha inflitto a D.M., di Librizzi. Si tratta di un 57enne immortalato da una “fototrappola”, posizionata dagli stessi volontari di Protezione Civile, mentre, sulle alture del paese, lanciava un innesco incendiario dal finestrino della sua auto. L’uomo, tra l’altro un dipendente comunale, ora si trova agli arresti domiciliari. I fatti si riferiscono ad un rogo divampato il 17 settembre in contrada Sant’Opolo del centro nebroideo. Il patrimonio boschivo dell’area in cui è stato commesso il reato ogni anno è interessato da numerosi incendi, molti dei quali di chiara natura dolosa. Questo è anche il motivo per il quale l’amministrazione comunale di Librizzi, all’inizio della scorsa estate, ha deciso di dislocare un pick up con modulo antincendio, assegnato a suo tempo dal DRPC Sicilia, in un borgo quasi al confine dell’area boschiva considerata ad alto rischio. La base del presidio è in contrada Murmari, dove vivono diverse famiglie in altrettante case sparse. Qui abitano anche due fratelli appartenenti al Gruppo Comunale di Protezione Civile molto attivi nella lotta agli incendi; e anche lo stesso “piromane”. La delocalizzazione del mezzo antincendio, pur consentendo interventi più veloci sui fronti interessati dagli incendi, non è però servita come deterrente per gli incendiari (anche il sindaco di Librizzi, Renato Di Blasi, è convinto che ad agire siano più soggetti) con il conseguente stress cui è stato sottoposto il locale sistema di Protezione Civile: Corpo Forestale, Vigili del Fuoco, Gruppo comunale di PC e gli stessi operai comunali (sui luoghi degli incendi a volte si è visto pure il sindaco, impegnato a dare una mano nelle fasi di spegnimento). Parte da queste basi e dalla determinazione di non rassegnarsi agli eventi l’idea di installare tre fototrappole per cogliere sul fatto gli incendiari. Le fototrappole sono delle normali fotocamere alimentate dalla luce del sole che, posizionate in modo strategico, si attivano automaticamente quando rilevano movimenti nell’area di pertinenza. A Librizzi negli anni, e per gli stessi motivi, ne sono state installate diverse a cura dell’amministrazione comunale, sempre in punti considerati strategici, ma senza ottenere alcun risultato. Anche se dopo ogni incendio è seguita la presentazione di una denuncia contro ignoti ai Carabinieri. Nel caso specifico, che ha portato all’arresto e alla successiva condanna dell’incendiario, pur trattandosi di fototrappole, le cose sono andate in maniera diversa, perché a comprarle a spese proprie, installarle e a scaricare regolarmente le immagini e i video, sono stati i due volontari che per tutta l’estate hanno patito la stanchezza e l’esasperazione causata dal costante monitoraggio del territorio e dai numerosi interventi cui sono stati chiamati ad effettuare assieme agli altri componenti del sistema di protezione civile. Si tratta di Marco e Antonino Stefano, due giovani volontari, dottore in giurisprudenza il primo, ingegnere il secondo, accomunati da un alto senso civico e grande disponibilità verso la comunità. Hanno installato le fototrappole autonomamente, avvisando solo il comando della locale stazione dei Carabinieri. L’estrema riservatezza, il non coinvolgimento di altri soggetti, la perfetta conoscenza del territorio e delle relative criticità, sono state probabilmente le chiavi vincenti che hanno portato risultati concreti, cosa che ha pubblicamente riconosciuto lo stesso sindaco Di Blasi. Del resto, luoghi come Librizzi, circa 1500 abitanti, sono realtà piccole, dove tutti si conoscono. A maggior ragione non è stato facile per i due giovani denunciare il presunto piromane, che abita a 150 metri da casa loro. L’alto senso civico dei due giovani, forse corredo essenziale di ogni volontario di protezione civile, e una buona dose di coraggio, hanno consentito ai due giovani di non indietreggiare nemmeno dopo le minacce che l’allora presunto piromane, poi condannato, ha rivolto loro. Minacce nemmeno troppo velate, proferite dopo aver preso coscienza di essere caduto in una “fototrappola” e basate su inviti a rimuovere gli apparecchi e a non fare nulla “per non passare serie conseguenze assieme alla loro famiglia”.
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