12 marzo 2024

LA PROCESSIONARIA CONQUISTA L’ETNA. INFESTA I PINI E “PASSEGGIA” INDISTURBATA. I RISCHI PER LA SALUTE, PUÒ ESSERE PERICOLOSA. LA LOTTA CONTRO LA PROCESSIONARIA DEL PINO È OBBLIGATORIA”, E CHE PER PORTARLA AVANTI LE REGIONI POSSONO AVVALERSI “DEL CORPO FORESTALE DELLO STATO O DEI CORPI O SERVIZI FORESTALI REGIONALI NONCHÉ DI ALTRI IDONEI SOGGETTI



Dal sito focusicilia.it

Di Valerio Musumeci 11 Marzo 2024
La processionaria torna a popolare boschi e città siciliane, soprattutto nella zona dell'Etna, ricca di pini e conifere. L'exploit potrebbe essere legato al caldo, spiega a FocuSicilia Salvatore Bella, entomologo del Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura

Sull’Etna, nelle ultime settimane, si stanno moltiplicando le segnalazioni di Processionaria del pino. Sui social la situazione è descritta come “veramente inquietante” a Monte Gemmellaro, nel territorio di Nicolosi, dove “l’aumento della temperatura ha permesso ai bruchi di lasciare in gran parte i propri nidi”. A Linguaglossa “boschi, parchi e giardini sono già pieni”, segno che “quest’anno la processionaria darà filo da torcere”. Segnalazioni di “file di larve in aree pubbliche” arrivano anche da Belpasso. “Vi chiediamo di prestare attenzione, soprattutto per i vostri amici animali, in quanto la processionaria può provocare reazioni epidermiche urticanti”, ha detto il sindaco Carlo Caputo. L’exploit del bruco potrebbe essere legato alle alte temperature, conferma a FocuSicilia Salvatore Bella, entomologo del Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria di Acireale. “I picchi potrebbero portare a un’accelerazione dei ritmi vitali del lepidottero, mentre i suoi nemici naturali potrebbero diventare meno efficaci”.

Processionaria, i rischi per la salute

L’ipotesi, insomma, è che il cambiamento climatico possa influenzare anche la processionaria, come avviene per diverse altre specie. Thaumetopoea pityocampa, questo il nome scientifico dell’insetto, è diffuso in tutta la Sicilia e in particolare sull’Etna, dove abbondano pini e conifere, di cui si nutre e su cui realizza il nido. “Al momento non ci sono abbastanza dati sull’impatto del cambiamento climatico, ma è verosimile che possa incidere sullo sviluppo di questa specie e soprattutto dei suoi predatori e parassitoidi”. Un problema dal momento che, com’è noto, la processionaria può essere pericolosa. “I peli del bruco sono urticanti e possono provocare acuti eritemi. Inoltre, se ingeriti o inalati, allergie e gonfiori delle parti interessate potendo mettere a rischio la respirazione”. I rischi riguardano soprattutto gli animali, precisa l’esperto del Crea. “Accade spesso che i cani giochino con i nidi caduti o con le larve al suolo in ‘processione‘. I casi gravi nell’uomo invece sono poco frequenti, anche se l’argomento non va sottovalutato. Particolarmente importante informare i bambini che possono entrare in contatto con le larve durante il gioco, anche in ambiente urbano.”.

Il ciclo vitale della Thaumetopoea

Dopo aver trascorso l’inverno dentro i caratteristici nidi di seta bianca, in primavera i bruchi scendono dai pini per interrarsi, costruire il bozzolo e trasformarsi in crisalidi. Proprio questo cammino – con le classiche “processioni” che attraversano boschi e strade, dando il nome alla specie – può essere pericoloso. Un aumento eccessivo della popolazione, osserva Bella, potrebbe innescare altri problemi. “Se i nidi aumentano oltremodo, superando le dieci unità per albero, la gestione diventa complessa. In particolari condizioni di forte vento è possibile che i peli urticanti siano trasportati dall’aria, con tutte le conseguenze del caso”. Allo stesso tempo, secondo l’esperto, “non bisogna creare allarmismo, perché se affrontata nel modo giusto la processionaria non rappresenta un’emergenza”. Con la trasformazione in farfalla durante l’estate, del resto, i rischi terminano. “Il bruco diventa una falena notturna, assolutamente innocua per gli animali e per l’uomo”.

Rimozione dei nidi, cosa prevede la legge

Durante la stagione delle processioni, però, la specie va tenuta sotto controllo. Si tratta di un preciso obbligo di legge. Il Decreto 30 ottobre 2007 del ministero dell’Ambiente chiarisce che “la lotta contro la processionaria del pino è obbligatoria”, e che per portarla avanti le regioni possono avvalersi “del Corpo forestale dello Stato o dei Corpi o Servizi forestali regionali nonché di altri idonei soggetti”. Il bruco, evidentemente, non distingue tra alberi in aree pubbliche e private. In queste ultime “gli interventi sono effettuati a cura e a spesa dei proprietari”. In caso di inadempienza, sono previste “sanzioni amministrative” e nei casi più gravi “l’applicazione dell’articolo 500 del Codice penale” (Diffusione di una malattia delle piante o degli animali, ndr). Gli interventi, chiarisce la norma, devono “prevenire rischi per la salute delle persone o degli animali”. Da parte loro, le autorità devono garantire “massima divulgazione sulle tecniche di contenimento”.

Lotta biologica e taglio fisico dei rami

Le modalità di contrasto, spiega Bella, sono soprattutto due, da fare eseguire in sicurezza a ditte specializzate. “Da una parte c’è la lotta biologica, condotta attraverso l’utilizzo del batterio Bacillus thuringiensis kurstaki, che attacca le larve della processionaria uccidendole in qualche giorno”. Se la zona colpita dall’insetto è molto ampia, come nel caso di boschi, “l’insetticida naturale può essere spruzzato con gli elicotteri, mentre se si tratta di pochi alberi può essere applicato direttamente sulla parte di chioma attaccata”. Il batterio si trova in commercio a un costo di circa 20 euro al litro, sotto forma di soluzione che va diluita per essere poi applicata alle piante. C’è poi il metodo della rimozione dei nidi, utilizzato soprattutto nelle aree private. “Bisogna procedere al taglio fisico dei rami su cui si trovano i nidi, che vanno successivamente eliminati. Il problema è che i rami colpiti si trovano a notevole altezza, raggiungibili esclusivamente mediante un elevatore con cestello“. I costi, conclude l’esperto, “variano a seconda della difficoltà e ampiezza dell’intervento, ma di solito ammontano a diverse centinaia di euro e possono essere insostenibili per i cittadini”.




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