30 novembre 2020

VI È NELL'ARTICOLO DI RICCARDO STAGLIANÒ, USCITO SU "LA REPUBBLICA" DEL 27 NOVEMBRE SCORSO, IL SOLITO ERRORE DI PROSPETTIVA CHE INGIGANTISCE LE QUESTIONI SICILIANE. NINO LOMONACO, ASPI DI LINGUAGLOSSA, CONOSCE BENE LA QUESTIONE DEGLI INCENDI


di Antonino Lomonaco
Vi è nell' articolo di Riccardo Staglianò, uscito su "La Repubblica" del 27 novembre scorso, il solito errore di prospettiva che ingigantisce le questioni siciliane, soprattutto in un'ottica negativa, facendole apparire peculiari quando invece si inseriscono in un contesto generale e per niente specifico. 
Una prospettiva tuttavia a cui partecipiamo purtroppo anche noi siciliani, condizionati ormai da tempo a una cultura di colpa e sudditanza che, infine, ci consegna un minimo piacere di appartenenza anche se negativa: almeno serve come specchio davanti a cui passare il tempo a far finta di sputarsi addosso.
Da addetto allo spegnimento incendi boschivi della forestale siciliana (e da appassionato naturalista) posso ben dire di conoscere la questione degli incendi e far notare che non riguarda soltanto la Sicilia, bensì un po' tutto il pianeta.
Solo partendo da questa correzione di prospettiva si può procedere poi a riconoscere i nostri particolari difetti di categoria, 
i quali si trascinano sin dalla nostra origine. 
Primo fra tutti la discutibile scelta, a suo tempo, di giovarsi di un personale in base ad una gradutaoria che teneva conto dei criteri di disoccupazione, ma non di quelli (in questo caso più importanti) di attitudine psico-fisica e motivazionale. Eppure, a minima discolpa, va considerato che in quegli anni di fine secolo scorso, l'incidenza degli incendi nei nostri territori era ancora ridotta, sia nella quantità che nella qualità dei roghi. Questo perchè il territorio aveva ancora la presenza e la cura di quell' ultima generazione di contadini arcigni e duri, legati alla terra e abili a coltivare le colline e le montagne di cui il territorio siciliano è prevalentemente composto. Nei decenni successivi quella generazione, a poco a poco, scomparve, sia per motivi anagrafici, sia soprattutto per l'impossibilità di quella agricoltura a reggere la concorrenza dei mercati, lasciando il territorio alla riappropriazione da parte delle piante spontanee e di quella mentalità predatoria del tipo umano senza etica, votato a rapportarsi col territorio e con le stesse comunità come un acido capace a erodere il sostegno stesso in cui poggia. A questo personale della forestale venne a mancare una adeguata formazione verso un compito per tanti motivi pericoloso. Eppure seguendo la tradizione contadina e dei pastori (della lotta ai rari incendi di allora) si iniziò la battaglia col fuoco distruttore e da questa battaglia, negli anni sempre più insidiosa, fra incidenti, infortuni e morti, in queste squadre maturò una discreta esperienza tale che a differenza di altre nazioni, anche a latitudini più settentrionali, mai un incendio in Sicilia è durato più di qualche giorno. E dire che in Sicilia ogni estate vi è un'alta incidenza di roghi favoriti dal clima mediterraneo, il quale si compone di alte temperature e di perduranti siccità estive. Queste condizioni favoriscono enormemente quei criminali che innescano un incendio.
Queste condizioni non sono <<sì e no una decina di giornate di scirocco all'anno>>, come viene detto in modo erroneo e semplicistico nell'articolo, bensì succede che soprattutto nei mesi di luglio-agosto-settembre la temperatura si mantenga costantemente molto al di sopra dei trenta gradi, con una piovosità che normalmente per tutto il periodo rimane assente. Tali condizioni non solo favoriscono l'innesco delle fiamme ma fanno in modo che lo stesso spegnimento sia quanto più difficile possibile. Chi non ha provato, non immagina neanche il significato della lotta agli incendi in queste condizioni climatiche ed ambientali, tenendo conto che molti di essi si sviluppano in territori in cui non si arriva con le autobotti, per cui lo spegnimento avviene a secco, con il solo apporto di flabelli, pale, roncole, sudore e bestemmie.
Certo, negli incendi più pericolosi arriva (quando arriva!) il supporto aereo, il quale è davvero un grande aiuto alle squadre operanti. Tuttavia sono giuste le considerazioni dell'articolo sul discutibile conferimento a ditte private di una flotta aerea che invece è di pertinenza statale! Così come dei suoi costi esorbitanti, dal momento che un'ora (un'ora!) di canadian-aer costa quanto tre addetti allo spegnimento per una intera estate (15.000,00 euro!), e un'ora (un'ora!) di un piccolo elicottero con la benna costa, ogni volta, più di un mese di un operaio addetto allo spegnimento (2.000,00 euro!).
Gli operai forestali addetti allo spegnimento hanno dei precisi doveri di intervento su incendi rurali, ma non possono in alcun modo intervenire in quegli incendi vicini ad aree urbane o di coltivazioni private e, nel caso lo facessero, non sarebbero poi coperti da alcuna assicurazione nel malaugurato caso di incidente. Certo, dovrebbe funzionare sempre il buon senso e se un incendio non si spegne in tempo ed ha una continuità di combustibile arbustivo o arboreo, nel territorio, continuerebbe indefinitivamente a bruciare. L'estate siciliana è una estate calda e arida, non si può dimenticare. Ecco perchè si può rettamente dire che in quel periodo non vi siano ore meno ottimali di altre per appiccare un incendio. Semmai, ovviamente, quelle più ottimali si pongono fra la tarda mattinata ed il primo pomeriggio, per cui la disposizione dei turni delle squadre non potrebbe mai riferirsi in modo da favorire la notte piuttosto che il mattino, sarebbe una sciocchezza enorme che la si può accennare sol perchè non si conosce bene l'argomento.
Prima di parlare di una qualsiasi cosa, sarebbe il caso di approfondirla meglio nei suoi aspetti generali e collegarla alle sue analogie contestuali.
Accorgersi così che non è solo la Sicilia a bruciare ma, purtroppo, anche altri territori del pianeta e che ciò non significa voler sminuire il problema in Sicilia ma, al contrario, voler far notare che in Sicilia, malgrado tutto e tutti, una valida risposta a questa grave questione gli operai forestali l'hanno data e la danno. Significa che in quest'ambito è vero che vi siano grandi deficienze, ma che sono dirette conseguenze di deficienze dell'intera società siciliana, italiana e dell'intera cultura umana, la quale vede i territori come potenziali da sfruttare per mantenere uno stile di vita strafottente e consumista invece che luoghi da proteggere e curare proprio per il  benessere stesso delle genti.
La forestale siciliana è malata nella sua gestione, così come qualsiasi altro settore pubblico o privato della società umana, che, accecata da un desiderio smodato di facile benessere, non vede il male che propaga dalla sua azione, analogo a un veleno per l'intero pianeta
Non vedere questi collegamenti e rilevare solo delle particolari "peculiarità" locali serve solo a non capire la questione, a parlare di parole: a non intendere che un incendio non è soltanto un reato contro il patrimonio, ma una strage di esseri viventi a cui, volenti o nolenti, tutti quanti noi partecipiamo.
Antonino Lomonaco

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