Dal sito www.qds.it
Micciché pronto a chiedere scusa
di Carlo Alberto Tregua
Nel corso della Cerimonia del ventaglio, svoltasi nella sede dell’Assemblea regionale siciliana, il presidente, Gianfranco Micciché, durante una breve intervista, ha comunicato di non essere d’accordo con l’abolizione dei vitalizi. Tuttavia, se il Consiglio di presidenza dovesse approvare questa norma interna, essa si applicherebbe. E in questo caso, ha aggiunto Micciché, ci si dovrà precipitare a chiedere scusa a quei poveri onorevoli, fra cui ex ministri, ex presidenti di Regione e altri, che sarebbero penalizzati dovendo vivere, da quel momento in poi, con appena 1.300 euro al mese di pensione.
Ci sembra giusto che tanti onorevoli che hanno dato il loro tempo, le loro intelligenza e capacità nel servire i cittadini, nel momento in cui vengano trombati, continuino a percepire ottimi assegni, ovviamente pagati dai cittadini medesimi, così ben serviti.
Ci sembra giusto, altresì, che un’importante istituzione come l’Ars eroghi stipendi ai propri dipendenti molto più elevati di quelli dei colleghi della Lombardia.
Il lustro di quello che viene definito da alcuni come il più vecchio Parlamento del mondo va pagato: ovviamente dai cittadini, i quali godono nel vedere come tale istituzione sia apprezzata ovunque, non soltanto con fotografie ma con post, messaggi e tweet che esaltano la grande capacità di chi la anima, esplicata nell’attività di riforma legislativa e ispettiva nei confronti del Governo.
Micciché ha fatto riferimento alla scarsa attività di questi circa nove mesi dell’Assemblea. Ma che volete? Micciché dice che l’avviamento è duro e difficile. Noi aggiungiamo che molti novelli deputati devono andare a scuola di formazione per capire che cosa va trattato e, poi, non si può pretendere che gli eletti dal popolo lavorino più di uno o due giorni la settimana. Diversamente, che eletti sarebbero?
Qualcuno osserva che l’Ars è un coacervo di privilegi, compreso quello della Buvette. Ma chi critica non capisce che quei poverini guadagnano poc (non oltre diecimila euro al mese), costano poco al contribuente (non oltre ventimila euro al mese) e quindi debbono fare i conti con poche risorse, risparmiando, risparmiando e risparmiando.
Poi vi sono altri onorevoli che esercitano professioni e mestieri, che dovrebbero abbandonare, ma non lo fanno data la modestia dei compensi: sono costretti a fare un doppio lavoro per sbarcare il lunario.
Vero è che quando non sono più rieletti prendono l’indennità di reinserimento al lavoro, ma cosa volete che sia rispetto a tutti i guadagni che hanno perso in cinque anni? Si tratta di una modesta indennità, che compensa solo in parte i grandi sacrifici di questi onorevoli che lasciano casa e famiglia pur di servire il Popolo.
Ma poi, chi è questo Popolo? Chi sono questi cittadini che si lamentano nel pagare le tasse e nel mantenere la classe degli eletti? Si tratta di bifolchi, ignoranti e perfino stupidi perché non capiscono la grandezza mentale e prospettica di questi fieri uomini politici, che per il vessillo della Trinacria si farebbero perfino ammazzare.
Diamo, dunque, loro il giusto compenso, la giusta indennità di reinserimento, il giusto vitalizio, esteso, perché no, a parenti, stretti e meno stretti, possibilmente fino alla quarta o quinta generazione, in modo da ricordare a tutti l’onestà, il rispetto dei valori, l’intelligenza politica e la capacità di sacrificio degli onorevoli regionali, che mantengono alto il prestigio del loro ruolo.
Che importa se in Sicilia vi sia un milione di poveri, quattrocentomila disoccupati, una moria di piccoli imprenditori, che il treno da Siracusa a Trapani impieghi sette ore, che i preziosi siti archeologici e paesaggistici siano abbandonati, che i custodi dei Musei non conoscano le lingue? Che importa tutto ciò ai succitati onorevoli?
Il loro sguardo è più alto e più lungo: ricordano la brioche di Maria Antonietta. Senza la loro guida, la Sicilia sarebbe perduta. Invece risplende di tutte le opere che i deputati stanno programmando con apposite leggi di riforma per rovesciare il malfunzionamento della burocrazia.
Parole, parole, parole. Ricordate Alberto Lupo e Mina? Che sanno dire oltre alle parole, che sanno fare oltre al non fare?
Quanto descritto è sotto gli occhi di tutti. Apriamoli, inforchiamo gli occhiali e valutiamo con serenità i sacrifici di lor signori.
03 agosto 2018 - © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: www.qds.it
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