In 30 giorni, tante le tensioni nel centrodestra, dalla nascita della giunta all’elezione di Micciché. E serve già un nuovo assessore.
PALERMO - Dalla giunta alla giunta. A segnare i contorni di un mese di passione. Dalla nomina degli assessori, datata 29 novembre, alle dimissioni di Vincenzo Figuccia, la maggioranza di centrodestra ha vissuto momenti di grande tensione, divisioni, prese di distanze.
Fin dalla nascita del governo Musumeci. O meglio, prima ancora della formazione della giunta, visto che i problemi tra l’ormai ex assessore all’Energia e pezzi importanti della maggioranza (in particolare l’area di Forza Italia che fa più strettamente riferimento a Gianfranco Micciché) affondano a qualche settimana prima. Ma come detto, già la scelta degli assessori aveva provocato il primo “smottamento”. Nessuna valanga, per carità, ma ha avuto un aspetto anche simbolico la scelta, da parte dell’unico deputato “leghista” dell’Ars di mettersi “fuori dalla maggioranza”. Questa la decisione di Tony Rizzotto, dopo aver preso atto dell’assenza di un componente della giunta che facesse riferimento a “Noi con Salvini”.
Ma i problemi non sono finiti lì. E sono emersi, chiaramente, dal voto segreto per l’elezione del presidente dell’Ars. Due franchi tiratori non hanno mai smesso di votare contro il presidente scelto dal centrodestra, costringendo Micciché e l’Aula agli straordinari: la fumata bianca arriverà solo alla terza votazione. Segnali di tensione, dicevamo.
Apparsi evidenti anche in un’altra fase riguardante le elezioni delle cariche dell’Assemblea. Quando sono emersi chiaramente, pochi giorni fa, i contorni di un accordo tra Forza Italia e Pd per la scelta dei deputati questori e dei deputati segretari, è stato un altro partito della maggioranza, i “Fratelli d’Italia” di Giorgia Meloni a prendere le distanze: “Abbiamo votato scheda bianca: questo è un inciucio”.
Insomma, acque agitate fin da subito. E come se non bastasse, a rendere difficoltosa la navigazione della fresca maggioranza, ecco anche le frasi di Gianfranco Miccichè sul tetto agli stipendi d’oro dell’Ars. In questo caso, è di nuovo la Lega a scontrarsi con Micciché: “Sull'ipotesi di ripristino degli stipendi d'oro a dirigenti e consiglieri parlamentari dell'Assemblea regionale – ha detto il deputato Alessandro Pagano - la Lega prende le distanze nutrendo molte perplessità”.
Ed è proprio su questa polemica che si innesta lo scontro che è sfociato nelle dimissioni di Vincenzo Figuccia dalla giunta di Nello Musumeci. Secondo l’ormai ex assessore regionale, la maggioranza "avrebbe potuto fare scelte più coraggiose esprimendo un presidente dell'Ars di maggiore discontinuità. Non mi piace l'immagine che si sta dando all'esterno. La considero – ha detto Figuccia ieri - offensiva per tanti che non possono mangiare, licenziati, inoccupati, giovani, meno giovani e soggetti appartenenti a varie categorie che guardano a questo governo con speranza e che aspettano segnali nella direzione del cambiamento, dello sviluppo e del sostegno a chi soffre". Parole dalle quali hanno preso le distanze praticamente tutti gli esponenti della maggioranza di centrodestra, dal coordinatore di Forza Italia Francesco Scoma a tutti i capigruppo di maggioranza che hanno sottoscritto una nota comune per dissentire da Figuccia. E ancora, le parole dello stesso governatore Musumeci sono apparse come una “tirata d’orecchie” all’assessore: “I componenti della mia giunta lavorino e tacciano”.
E così, Figuccia ha salutato tutti ed è andato via. Ha scelto “la gente” che è “la mia maggioranza” ha detto, giocando chiaramente a segnare un solco tra “la strada” e “i palazzi”. “La mia battaglia – dice a Live Sicilia – punta a scardinare il sistema. Dobbiamo far capire alla gente che non siamo tutti uguali. La politica può e deve anche interpretare il sentire dei cittadini”. La gente e il palazzo, come cifra della politica di Figuccia che qualche mese fa piantò un gazebo di fronte Palazzo d’Orleans per protestare, con tanto di sciopero della fame, contro il governo Crocetta. Adesso, il futuro è incerto: “Quando ho accettato di fare l’assessore – dice – credevo di poter combattere una battaglia per la Sicilia. Una battaglia difficile. Ma mi sono accorto che forse qualche mio compagno, invece di aiutarmi, ha giocato a sottrarmi le munizioni”.
Un riferimento nemmeno troppo velato all’Udc, partito nel quale Figuccia è approdato, dopo uno strappo assai polemico proprio con Micciché e Forza Italia.“Mi sarei aspettato – confida – dopo le parole del presidente dell’Ars una presa di posizione che andasse verso la gente, verso i temi della solidarietà, verso chi soffre. E invece hanno preso le distanze da me. La gente ha dato fiducia a questo governo, ma questo governo adesso la fiducia deve conquistarla. Forse sono stato io a non comprendere - conclude – cosa intendesse questa maggioranza per ‘credibilità’ e ‘rapporto con i cittadini”. La strada e il palazzo, appunto. Figuccia se ne va: “Scelgo la gente”. Il primo pezzo di giunta viene giù dopo meno di un mese.
28 Dicembre 2017
Fonte: livesicilia.it
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