di Salvo Toscano
“La mia maggioranza è la gente”. E in questa frase del dimissionario assessore Vincenzo Figuccia c'è un efficace sintesi della politica del nostro tempo. Che, piaccia o no, è quello del populismo, del cercare la sintonia con gli umori dell'elettorato piuttosto che proporre al medesimo idee su cui costruire il consenso. E nella fattispecie, non c'è dubbio che la posizione di Figuccia, già nella scorsa legislatura abilissimo tribuno, si muova in maggiore sintonia con i sentimenti dell'opinione pubblica siciliana rispetto a quella assunta dal presidente dell'Ars Gianfranco Micciché e blindata dalla sua maggioranza che ha isolato il riottoso assessore. I dorati stipendi dei dipendenti dell'Ars nell'Isola dei numeri della disperazione, fatalmente rappresentano agli occhi di chi arranca al di fuori dei damascati palazzi una sorta di monumento al privilegio. Vai a spiegare a chi fa i salti mortali per arrivare a fine mese le nobili ragioni storiche e giuridiche per le quali un commesso di Palazzo dei Normanni possa guadagnare quanto un primario. Eppure proprio “spiegare” è la parola chiave in questa vicenda. Spiegare costa fatica, impegno, autorevolezza e linearità se non si vuole apparire ciechi e sordi di fronte al "mondo reale". Liquidare le vicende facendo spallucce non è possibile nell'era del populismo. E Figuccia, uno che alle Regionali ha ricevuto più di novemila preferenze, lo ha fiutato. La politica, piaccia o meno, è cambiata. E più d'una poltrona d'assessore, che spesso porta più grane che benefici, vale sul mercato il beau geste. Figuccia ha così espresso il suo dissenso beccandosi la reprimenda dei suoi alleati e, senza nome e cognome, del suo stesso presidente Nello Musumeci. Che ancora ai nastri di partenza si ritrova a vivere le prime battute del brutto copione della “giostra degli assessori” messo in scena dal suo criticatissimo predecessore.
Fonte: livesicilia.it
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