DOPO LA TRAGEDIA NELLE CAMPAGNE. Tra gli applausi della gente l'omelia di Manzella nella piazza davanti al Santuario di Gibilmanna. Un monito alla classe politica
II vescovo di Cefalù: l'uomo trascurato, privilegiati i cinghiali
«Non si può morire sbranati da cinghiali killer». Lo ha detto il vescovo di Cefalù Vincenzo Manzella durante l'omelia che ha tenuto in occasione dei festeggiamenti della Madonna di Gibilmanna di domenica. «Quanti uomini devono essere ancora sbranati - ha continuato il Presule - per giungere a delle decisioni operative e determinate? Vorrei che i politici, quelli di destra, di sinistra, di centro si guardassero in faccia e si chiedessero: perché mai l'uomo non viene messo al centro dell'attenzione che merita e si privilegia il rispetto per i cinghiali?». L'omelia di Manzella è stata più volte interrotta dagli applausi di quanti lo ascoltavano. Nella piazza antistante il Santuario di Gibilmanna, e davanti ad una folla di persone che avevano dato vita alla tradizionale processione per la festa che si tiene sul colle la prima domenica di settembre, il vescovo ha lanciato un vero e proprio allarme sul territorio madonita. «Sulle Madonie si vive di paura - ha tuonato Manzella-e il Parco non è fruibile, è diventato il regno dei cinghiali. Continuando così, solo i cinghiali avranno diritto di cittadinanza e li bertà di distruggere qualunque cosa, mettendo in ginocchio l'agricoltura. A giorni inizierà la vendemmia. Auguro a tutti gli agricoltori, di arrivare in tempo prima dei cinghiali per garantirsi il buon vino di famiglia». Per il vescovo Manzella il problema dei cinghiali non arriva mai a soluzione perché non ci sono dei veri e propri interlocutori. Il presule ha ricordato quanto ha fatto dopo avere appreso della morte di Salvatore Rinaudo, l'uomo chel'8 agosto scorso è stato uccio proprio da alcuni cinghiali mentre si trovava nella sua campagna. «Alla notizia di un uomo aggredito e ucciso da cinghiali - ha detto il vescovo - istintivamente ho preso carta e penna e ho scritto una lettera a non so chi. È veramente strano scrivere una lettera e non sapere a chi indirizzarla. Non basta neppure sfogare la propria indignazione su un foglio di carta. In una Sicilia che arranca, la Sicilia dal fiato grosso, che vive in eterna apnea, che non ha più interlocutori, a chi ti rivolgi? Manca l'interlocutore». All'indomani della morte di Rinaudo il parroco della Calura, don Domenico Messina, aveva deciso di non dare vita a momenti di svago e divertimento durante alcune feste religiose della sua parrocchia. In particolare quella dell'Assunta del 14 agosto, dell'Addolorata del 29 e 30 agosto e di San Francesco, in programma il 12 e 13 settembre. Tra le motivazioni che hanno portato alla decisione il rispetto per il lutto dei familiari della vittima, la mancanza di sicurezza per quanti usualmente salgono durante le feste in qualunque ora del giorno e della sera e il volere richiamare le istituzioni alle loro responsabilità. «Come mai noi dinanzi ad un cinghiale affamato e inferocito, preferiamo salvaguardare l'animale e cerchiamo di stemperare il fatto che un uomo è morto sbranato da una bestia?», si chiedeva don Messina. (·MMC·)
MARIO MACALUSO
08 Settembre 2015
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