Basterebbe un accenno al governo "fantasma" per far inorridire il segretario di Forza Italia. Tante emergenze, zero riforme. E, infine, la questione morale...
Alberto Paternò
Alberto Paternò - 25 Ottobre 2024
Sul palco allestito all’hotel Domina Zagarella di Santa Flavia, nel Palermitano, Renato Schifani, sabato mattina, accoglierà le truppe di Forza Italia e avrà modo di spiegare i grandi risultati raggiunti dal suo governo di centrodestra. Specie dagli assessori di Forza Italia: l’uno e trino Edy Tamajo (perché gli altri sono dei tecnici). Ma soprattutto avrà modo di vantare l’ultima iniziativa destinata a cambiare lo status quo della Sicilia, ad azzerare le emergenze, ridurre il processo di desertificazione (non solo per la siccità, ma anche demografico) dell’Isola, a farla diventare davvero il centro del Mediterraneo e suggerire nuove condizioni di sviluppo: cioè il ritorno dell’elezione diretta nelle ex province. Il presidente non ha provato neppure un filo d’imbarazzo quando il suo capogruppo all’Ars, assieme agli altri partiti della maggioranza, gli hanno recapitato in ufficio la classica minestra riscaldata: potrebbe utilizzare la vetrina di Santa Flavia – saranno presenti deputati e senatori della Repubblica – per proporre ad Antonio Tajani di intestarsi la battaglia e stravolgere la Delrio, chissà.
Ma siamo certi che il governatore avrà tante altre frecce nel suo arco. A partire dalla strepitosa gestione dell’emergenza idrica. Magari non è il caso di Santa Flavia, ma a Palermo l’erogazione dell’acqua risulta razionata dallo scorso 7 ottobre, per effetto di un piano studiato nel dettaglio dall’Amap e che Schifani, inizialmente, aveva pensato di contestare. Poi la linea della cautela ha prevalso, anche per effetto dei consigli della Cabina di Regia: l’obiettivo è evitare di dover chiudere i rubinetti dal prossimo febbraio. In altre zone va persino peggio: a Caltanissetta ed Agrigento l’approvvigionamento idrico è un miraggio, roba da una volta a settimana (se va bene). I soldi promessi faticano ad arrivare e le incombenze sui dissalatori sono state trasmesse per direttissima al commissario nazionale che – pare – gode di poteri in deroga. Schifani lo ha anche pregato di accelerare.
Eppure lui ha perso mesi senza muovere un dito. Mentre il lago di Pergusa si prosciugava per effetto delle mancate piogge, e il Simeto faticava ad attraversare la Piana di Catania per giungere al mare, il presidente faceva attraccare a Licata una nave della Marina militare, “prestata” dal ministro Crosetto, per distribuire 900 metri cubi d’acqua alla provincia di Agrigento: l’esperimento, costato un bagno di sangue, è stato abbandonato sul nascere. Ma tutti i tentativi di riportare l’emergenza a regime sono falliti, e i bonus (risicati) per l’acquisto del fieno o delle lavastoviglie, sono destinati a non lasciare il segno sulla ripresa dell’economia. Agricoltori e allevatori hanno trascorso un’estate terribile, e non è detto che sia l’ultima. Gli invasi hanno una portata d’acqua più che dimezzata rispetto allo stesso periodo del 2023 (60 milioni di metri cubi, contro 300), ma la Regione pensa solo a finanziare l’acquisto di autobotti o la riparazione di condotte vetuste.
Schifani non ha mai trovato una soluzione all’emergenza rifiuti – altro capitolo spinoso di Sicilia – se non la promessa di mettere mano al piano dei rifiuti (anche in questo caso grazie ai poteri in deroga assegnatigli da Roma) e provare a fare due termovalorizzatori. Potrà seguirli fino alla fase dell’appalto, ma i cantieri non apriranno prima del 2026. Non va meglio sul fronte degli incendi, anche se quest’anno il problema è stato soppiantato dalla siccità. Così è passata sotto traccia la carenza di operai forestali, deputati alla prevenzione e allo spegnimento. Lo stesso Tajani, un anno e mezzo fa, gli aveva garantito l’impegno per procedere con 300 o 400 nuove assunzioni, ma poi i buoni propositi si sono persi nei meandri di un rapporto turbolento, ricucito solo negli ultimi mesi.
Il governo siciliano, a causa di tensioni e fratture, non ha mai portato in aula una proposta degna di una riforma: si sono fermate quelle relative alla stabilizzazione dei Forestali, al riordino dei Consorzi di Bonifica, al recepimento delle direttive nazionali in materia di dirigenza pubblica (con la cancellazione della terza fascia). Continuano ad andare a vuoto i tentativi di riforma degli enti locali, di sanatoria delle case a meno di 150 metri dal mare, e non sembra trovare eccessivi favori la proposta sul “contenere” (anziché “impedire”) il consumo di suolo: si tratterebbe, peraltro, della modifica dell’unica legge adottata durante il governo Musumeci, quella sull’Urbanistica.
Il predecessore di Re Renato organizzava kermesse e scriveva intere paginate sui risultati del suo governo, seppur deficitario; l’attuale governatore, invece, neppure una riga. Si affida alle frasi fatte sul miglioramento del rating e sulla riduzione del disavanzo; utilizza le mance – anche per le società di calcio più vicine – come cifra delle sessioni finanziarie all’Ars e del rapporto con le opposizioni; non riesce a curare le ferite della sanità – dalla carenza di personale in giù – nonostante l’obiettivo dichiarato sia l’abbattimento delle liste d’attesa; si affida a “tecnici” che gli consentano di mantenere il controllo degli assessorati di peso (avviene con la Volo alla Sanità) e i conti in ordine (Dagnino all’Economia), ma non riesce a fare squadra con gli stessi partiti della sua maggioranza, coinvolti solo di recente – dopo le sfuriate pubbliche di Lombardo – in alcune riunioni ad hoc per parlare di “temi”. Anche se l’unico tema che lo vede protagonista è un altro: quello del sottogoverno.
Dalla sanità all’Irfis, dall’Ast alla Sac, passando per la Gesap: non molla una casella. Non si distrae, non arretra. Conserva i posti di prestigio per i riccastri che lo invitano a cena e gli organizzano le feste; spartisce il bottino degli incarichi e delle consulenze ad avvocati d’affari ed ex sindaci, che così vivono di rendita; controlla ogni anfratto delle istituzioni culturali, per evitare che vi si annidi qualche competitor. E non affronta i temi cruciali legati all’etica e alla trasparenza: Fratelli d’Italia, il suo partito d’adozione, controlla la matassa del turismo con la solita prepotenza; mentre alcuni pagnottisti, che godono di canali privilegiati con le istituzioni, spillano fino all’ultimo centesimo per incarichi legati alla comunicazione. Sarebbe utile che Tajani approfondisse la realtà del governo siciliano, a prendesse appunti sui legami con certi “personaggi”, prima di farlo diventare un modello di riferimento. Ma quella di Forza Italia a Santa Flavia è una festa, perché renderla una tragedia?
Fonte: www.buttanissima.it
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