27 gennaio 2024

COSA CAMBIA (E COSA NO) CON IL DECRETO PER IL TAGLIO DEGLI ALBERI


Dal sito www.repubblica.it

di Carlo Canepa (Pagella Politica) - 26 GENNAIO 2024
Il provvedimento non riguarda giardini privati o parchi cittadini e semplifica l'iter burocratico per la gestione forestale, senza eliminare il vincolo. In sintesi: non è vero che si possono tagliare alberi senza le autorizzazioni. Legambiente approva: "Livello di tutela dei boschi italiani resta tra i più alti d'Europa"

Nelle ultime settimane è tornata d'attualità l'accusa secondo cui, grazie al governo Meloni, non servono più autorizzazioni per tagliare gli alberi sul territorio italiano. Il 7 gennaio, per esempio, questa accusa è stata rilanciata con un reel su Instagram dal comico Giovanni Storti, parte del famoso trio Aldo, Giovanni e Giacomo (ripreso su Green&Blue, ndr). In meno di tre settimane il filmato pubblicato dall'attore ha raggiunto quasi tre milioni di visualizzazioni sul social network e oltre tremila commenti. Secondo Storti, grazie a un emendamento approvato nella Commissione Agricoltura del Senato, chiunque potrà "tagliare alberi", anche monumentali, "nei boschi, nei giardini, nei parchi, senza bisogno di autorizzazione". Il governo Meloni avrebbe sostenuto questo provvedimento "per incentivare l'industria del legno", ha aggiunto Storti.

In realtà le cose non stanno così: non è vero che grazie al governo Meloni non servono più autorizzazioni per tagliare gli alberi nei boschi e nei giardini, men che meno quelli monumentali. L'accusa contro il governo è frutto di un'interpretazione sbagliata data a una nuova regola approvata in Parlamento.

L'emendamento al decreto "Asset"

La novità di cui si sta parlando in queste settimane non risale a questi giorni, ma fa riferimento a un provvedimento esaminato dal Parlamento ormai quattro mesi fa. Il provvedimento, precisiamo subito, non riguarda giardini privati o parchi cittadini. 

Lo scorso agosto il governo Meloni ha approvato un decreto-legge, ribattezzato "decreto Asset" perché conteneva alcune misure a tutela delle attività economiche e finanziarie, nonché degli investimenti strategici. Il decreto ha iniziato il suo esame parlamentare dal Senato, dove è stato approvato il 28 settembre, e una settimana dopo, il 5 ottobre, è stato convertito in legge dalla Camera.

La votazione chiave per la vicenda è avvenuta a fine settembre nella Commissione Agricoltura del Senato. Qui è stato approvato un emendamento per modificare il testo del decreto presentato dal governo e inserire un nuovo articolo, il 5-bis, intitolato "Interventi urgenti a sostegno di attività economiche strategiche per il Made in Italy". Il primo firmatario dell'emendamento era Luca De Carlo, senatore di Fratelli d'Italia e presidente della Commissione Agricoltura.

Il nuovo articolo proponeva di fare una piccola aggiunta al Codice dei beni culturali e del paesaggio, un decreto legislativo adottato nel 2004 e modificato più volte negli anni successivi. L'obiettivo dichiarato dell'emendamento era "incentivare e sviluppare le potenzialità della filiera nazionale foresta-legno e di favorire il riposizionamento strategico delle aziende italiane rispetto alla concorrenza dei mercati esteri, anche potenziando le possibilità di approvvigionamento della materia prima". Insomma, in parole semplici si voleva semplificare le pratiche per poter tagliare gli alberi.

Curiosità: l'emendamento di De Carlo riproponeva una misura inizialmente contenuta nel disegno di legge sul Made in Italy, presentato in Parlamento dal governo a luglio 2023 e diventato legge a dicembre. Questa misura è stata poi tolta del disegno di legge ed è finita dentro al decreto "Asset".

Ora addentriamoci di più sulle conseguenze della piccola modifica proposta dall'emendamento di De Carlo al Codice dei beni culturali e del paesaggio.
 
La modifica al Codice del paesaggio

Nello specifico, il decreto "Asset" ha modificato l'articolo 149 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che elenca gli interventi sui beni tutelati dal codice per cui non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica. Prima della conversione in legge del decreto "Asset", tra questi interventi rientravano "il taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione" eseguiti esclusivamente "nei boschi e nelle foreste" vincolati da un punto di vista paesaggistico da un altro articolo del codice, l'articolo 142.

In base all'articolo 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, "tutti i boschi italiani, ossia tutte le aree che sono giuridicamente qualificate come bosco, sono sottoposti a vincolo paesaggistico", ha spiegato a Green&Blue Piermaria Corona, direttore del Centro di ricerca Foreste e Legno del Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, che fa capo al Ministero dell'Agricoltura).

Per la definizione di "foresta" e "bosco" il codice rimanda a un decreto legislativo del 2001, che però nel frattempo è stato abrogato e sostituito dal Testo unico in materia di foreste e filiere forestali del 2018. Quest'ultimo stabilisce che i termini "foresta" e "bosco" vogliono dire per la legge la stessa cosa e fanno riferimento a tutte le "superfici coperte da vegetazione forestale arborea, associata o meno a quella arbustiva, di origine naturale o artificiale in qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione non inferiore ai 2 mila metri quadrati, larghezza media non inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale maggiore del 20%". Le regioni possono a loro volta adottare una definizione di "bosco" che integra quella appena vista: l'importante, sottolinea il Testo unico, è che "non venga diminuito il livello di tutela e conservazione così assicurato alle foreste come presidio fondamentale della qualità della vita".

Il Testo unico in materia di foreste e filiere forestali chiarisce anche che cosa rientra tra gli interventi di "taglio colturale". Questa espressione fa riferimento ai tagli e alle cure volti, per esempio, all'impianto degli alberi o alla prevenzione di incendi.

In base alla precedente versione dell'articolo 142, dunque, in tutte quelle superfici che avevano le caratteristiche per essere considerati boschi erano consentiti i tagli colturali senza aver bisogno di un'autorizzazione paesaggistica. Il decreto "Asset" ha mantenuto questa deroga, estendendola però anche agli interventi di taglio colturale effettuati in alcuni boschi sottoposti a un ulteriore vincolo. In base all'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, infatti, sono tutelati paesaggisticamente i boschi ubicati in aree considerate di "notevole interesse pubblico", definite da decreti ministeriali specifici. Tra queste rientrano "le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali". "Queste aree rappresentano, mediamente, intorno al 20% delle superfici forestali in ciascuna regione", ha specificato Corona.

Una parte dei boschi italiani è dunque sottoposta a quello che gli addetti del settore chiamano "doppio vincolo paesaggistico": uno deriva dall'articolo 136 del codice, l'altro dall'articolo 142. Prima della novità introdotta dal decreto "Asset", per un intervento sullo stesso bosco poteva essere necessario chiedere un'ulteriore autorizzazione, nonostante la deroga già imposta dall'articolo 149.

Ora questa necessità è stata tolta, ma questo non significa che si potranno tagliare a piacimento alberi normali e monumentali nei boschi, nei giardini e nei parchi. "Non è vero che si possono tagliare alberi senza autorizzazione. La modifica del Codice dei beni culturali e del paesaggio ha in qualche modo esteso le deroghe già esistenti su una parte del territorio", ha spiegato a Green&Blue Tommaso Sitzia, professore all'Università degli Studi di Padova, esperto in selvicoltura e assestamento forestale. Attenzione comunque: "Non è vero che prima della modifica introdotta dal decreto "Asset" il taglio dei boschi tutelati dall'articolo 136 non fosse mai autorizzato. Ci sono numerosi esempi di pratiche di selvicoltura sostenibile che sono pienamente in linea con gli obiettivi stabiliti dal vincolo. In effetti, spesso il decreto di vincolo include le pratiche selvicolturali come elementi che contribuiscono a definire e a preservare le caratteristiche paesaggistiche".

Della stessa opinione è anche Corona. "L'articolo 149 diceva che non era necessaria l'autorizzazione paesaggistica per i tagli colturali effettuati in tutti i boschi, vincolati dall'articolo 142. Ma quel vincolo rimaneva per quei boschi tutelati ulteriormente dall'articolo 136. Non è stato eliminato né il doppio vincolo né il vincolo semplice: è stato solamente semplificato l'iter burocratico, in qualche modo, per quanto riguarda la gestione forestale", ha dichiarato il direttore del Centro di ricerca Foreste e Legno del Crea.

I limiti sul taglio degli alberi

Chiarito il contenuto dell'emendamento al decreto "Asset", vediamo perché l'accusa mossa da Storti e da altri in queste settimane è scorretta.

Innanzitutto va sottolineato ancora una volta che le deroghe per le autorizzazioni paesaggistiche valgono solo per specifici interventi (i tagli colturali) e solo per gli alberi nei boschi, non per quelli nei giardini o nei parchi cittadini (sugli alberi monumentali torniamo più nel dettaglio tra poco).

In secondo luogo, l'articolo 149 del Codice dei beni culturali stabilisce che non è richiesta l'autorizzazione paesaggistica per gli interventi colturali nei boschi purché questi interventi siano "previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia". Qui entrano in gioco le leggi forestali regionali, con cui ogni regione può fissare regole più precise e stringenti sul taglio degli alberi. In questo caso non stiamo parlando di vincoli paesaggistici, ma, appunto, forestali.
 
Tra le altre cose "le regioni possono stabilire una superficie o una quantità espressa in altre unità di misura, per esempio il volume di legname, sotto cui sono ammesse procedure autorizzative semplificate. Queste procedure devono tenere comunque conto dei regolamenti e dei piani approvati non solo dalla regione, ma anche da altri enti territoriali, come i comuni", ha spiegato Sitzia.
 
C'è poi un ulteriore elemento che rende il quadro ancora più complicato. Alcuni boschi possono essere vincolati ulteriormente dalle regioni attraverso i piani paesaggistici regionali. Tra le regioni che si sono dotate di piani di questo tipo ci sono il Piemonte e la Toscana. "Se la regione fa un piano paesaggistico in cui prevede alcune prescrizioni per specifici boschi di pregio, dovrà comunque essere richiesta l'autorizzazione paesaggistica. Ma in mancanza di specifiche richieste, si applica per i boschi a doppio vincolo quello che si applica per i boschi a vincolo semplice", ha sottolineato Corona.
 
Proprio una regione, poco più di due anni fa, aveva cercato di cambiare le regole che riguardano il "doppio vincolo paesaggistico".
 
Il caso della Toscana

A fine dicembre 2021 la Regione Toscana, guidata da una giunta di centrosinistra, aveva approvato una modifica alla legge forestale regionale. In sostanza la Regione Toscana aveva deciso che per un intervento di taglio colturale nei boschi tutelati dall'articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio bastava l'autorizzazione ai sensi della normativa forestale, eliminando di fatto la necessità di richiedere un'autorizzazione paesaggistica. In pratica la regione aveva provato a introdurre una norma molto simile a quella poi diventata legge con il decreto "Asset".
 
Quasi un anno dopo, a novembre 2022, la Corte Costituzionale ha però dichiarato incostituzionale la modifica introdotta dalla Regione Toscana alla sua legge regionale forestale. La Corte Costituzionale ha bocciato il provvedimento della Regione Toscana perché, secondo i giudici, superava le sue competenze e invadeva quelle dello Stato, definite dal Codice dei beni culturali e del paesaggio.
 
La circolare del Masaf

A proposito di Corte Costituzionale, il 17 gennaio il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf) ha pubblicato una circolare per chiarire che non è vero che si possono tagliare gli alberi senza autorizzazione grazie al decreto "Asset".
 
In fondo al documento il ministero ha citato una sentenza della Corte Costituzionale del 1996, a sostegno della novità introdotta in Parlamento. "L'interesse paesaggistico richiede che i territori coperti da foreste e da boschi rimangano tali. L'interesse forestale tende, proteggendo l'ambiente, a preservare nel tempo il bosco, la sua vita e la sua consistenza, mediante l'adozione di tecniche appropriate, elaborate dalle scienze forestali e non di rado recepite in atti normativi", si legge in uno dei passaggi principali della sentenza. "Per raggiungere questo scopo sono opportuni, e talvolta necessari, interventi di selvicoltura e di appropriato taglio che, con la utilizzazione, permettono anche di perseguire la finalità di protezione del bosco, considerato nel suo insieme permanente e non nei singoli alberi che concorrono a comporlo".

In pratica, secondo il ministero, questo passaggio dimostrerebbe che i tagli colturali non necessitano di autorizzazione paesaggistica e che anzi, sono fondamentali a tutelare proprio l'interesse paesaggistico dei boschi.

La legge sugli alberi monumentali
Tutto il discorso fatto finora sulla novità introdotta dal decreto "Asset" "non vale per il verde urbano e nemmeno per gli alberi monumentali, che sono tutelati da un'altra legge ancora", ha sottolineato Corona.

In questo caso il riferimento è alla legge del 2013, che contiene le "Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani". L'articolo 7 di questa legge stabilisce le regole per la tutela e la salvaguardia degli alberi monumentali e le condizioni che determinano quando un albero è effettivamente monumentale. Qui si può consultare l'elenco di tutti gli alberi monumentali presenti in Italia.
 
La legge del 2013 stabilisce poi che se una persona abbatte o danneggia un albero monumentale, rischia una multa da 5 mila a 100 mila euro, "salvo che il fatto costituisca reato". Non sono punibili "gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell'apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale dello Stato".

La posizione di Legambiente
Infine, è interessante sottolineare che non tutte le associazioni ambientaliste si sono schierate contro la novità contenuta nel decreto "Asset", anzi. Per esempio Legambiente si è dichiarata particolarmente favorevole all'intervento voluto dal governo Meloni.
 
Secondo il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, il "doppio vincolo paesaggistico", "paradossalmente non aumentava il livello di tutela già previsto per il 100% dei boschi, ma creava entropia e doppi adempimenti burocratici a carico spesso degli utenti più deboli".

"Se un proprietario di un bosco all'interno di un'area gravata da doppio vincolo avesse tagliato un albero nel bosco di sua proprietà (rispettando i regolamenti forestali vigenti), avrebbe dovuto spendere centinaia di euro per richiedere l'autorizzazione paesaggistica (ed attendere mesi l'esito della richiesta)", ha scritto Ciafani nell'introduzione al rapporto di Legambiente "La bioeconomia delle foreste", pubblicato lo scorso ottobre. "Se non l'avesse fatto, avrebbe rischiato una condanna penale per avere tagliato un albero nel bosco di sua proprietà, da secoli utilizzato per legna da ardere, magari in una frazione di un paese non servita dal gas naturale. L'eliminazione di questo secondo vincolo paesaggistico, quindi, non riduce il livello di tutela dei boschi italiani che è tra i più alti d'Europa, ma riduce l'entropia del sistema".




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