di Antonino Lomonaco
LTI di Linguaglossa (CT)
Nell'ambito di una discussione sulla riforma forestale in Sicilia, ritengo sia imprescindibile uno sguardo sulla proiezione dei dati climatici che gli studi scientifici riferiscono, in un immediato futuro, sulle condizioni ambientali e climatiche della nostra regione.
Infatti essa, così come tutto il pianeta, è coinvolta in un surriscaldamento che sta alterando velocemente le temperature medie, le cui conseguenze devono, per forza di cose, spingerci ad una seria riflessione sulla nostra azione di uomini sull'intero pianeta e, quindi, sulle stesse decisioni che, nel breve periodo, prendiamo al riguardo.
Il dissesto idrogeologico e gli incendi boschivi sono conseguenza e concausa, un po' dappertutto, di questo epocale fenomeno.
E' chiaro, perciò, che serve una politica rivolta a rivedere il modo di produrre l'energia ed i beni di consumo di noi tutti ma, anche, il modo di intervenire, nell'immediato, su questi stessi fenomeni distruttivi.
La Sicilia è la regione italiana più vicina all'equatore, a sud di essa si profila già uno dei più grandi deserti, in espansione, del mondo.
Il suo territorio è fra i più irregolari e compositi e, proprio per questo, nelle zone più interne e montuose, ha subito e subisce maggiormente l'abbandono delle cure agro-forestali tradizionali, delle antiche genti che vi abitavano, e, in assenza di criteri legittimi, l'intervento arbitrario di una mentalità predatoria che vi subentra, la quale non guarda alla cura delle risorse ma al facile guadagno che, inevitabilmente, si accompagna poi all'inaridimento e, appunto, al dissesto.
In ogni proiezione sulle condizioni climatiche ed ambientali sul prossimo futuro della nostra terra, ciò si aggiunge al peggio di quanto già si profili.
E' per questo che un'accorta amministrazione della nostra regione non può sottovalutare tali aspetti e, semmai, dovrebbe metterli fra le priorità politiche che la riguardano.
Così servirebbe un potenziamento professionale di quegli operatori forestali che affrontano sia i fenomeni di dissesto idrogeologico e prevenzione incendi, sia i fenomeni della repressione diretta degli stessi incendi boschivi.
Un potenziamento professionale che non miri tanto al numero, come in passato, bensì alla qualità della preparazione e alla solidità dell'impiego.
L'operaio forestale di cui ha bisogno la nostra regione, quindi, deve essere sempre più un tecnico specializzato in questi nevralgici lavori. Ecco che, invece di prorogare una situazione di lavoro precario, per come sembrerebbe ancora orientarsi, la regione dovrebbe prepararsi a migliorare l'organico con una nuova generazione di operai forestali formati e motivati all'importanza di un tale compito. Nuova generazione che vada a sostituire gradualmente la vecchia che, malgrado tutto, ha svolto un compito meritorio fra mille difficoltà mai del tutto riconosciute.
Un adeguato, anche se tardivo, riconoscimento a costoro sarebbe quello di una riforma che tenga conto delle esigenze climatico-ambientali che reclamano a gran voce il loro ruolo e che solo chi è sordo non sente e non si accorge dell'urgenza.
Non si tratta di una semplice rivendicazione di lavoratori sulla cui pelle, spesso, gli anni del loro servizio abbiano lasciato il segno, nelle cicatrici e nei lutti: si tratta di guardare il futuro con la consapevolezza di chi abbia capito la lezione che la terra ci sta dando e la maturazione di una decisione a cambiare atteggiamento.
Non possiamo più sprecare tempo e risorse: non abbiamo più, sufficientemente, né l'uno né le altre.
Antonino Lomonaco
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