Foto d'archivio
Ricevo e pubblico
di Antonino Lomonaco
LTI di Linguaglossa
(appena eletto nel direttivo prov.le della Flai Catania)
Se negli anni ottanta della nostra giovinezza qualcuno mi avesse predetto la recessione politica e sociale di questi primi decenni del secondo millennio, mi sarebbe stato davvero molto difficile poterci credere. Il crollo dell'Unione Sovietica sembrava aprire lo spazio ad un periodo nuovo di dialogo e di comprensione fra i popoli, tanto che qualche "sapientone" parlava persino di "fine della storia". Tuttavia, qualche altro, subito dopo, iniziò anche ad indicare una fine della classe operaia, riferendosi ad una supposizione di società di soli servizi, come se chi svolge un servizio non svolgesse, comunque, una opera di lavoro. Ciò iniziava a darmi qualche sospetto. Furono gli anni del trionfo della Finanza, delle speculazioni di borsa, dei guadagni basati sul niente produttivo. Furono gli anni del trionfo della "furbizia", in cui anche fra noi qualche (diciamo) ingenuo arrivò a fare una distinzione acrobatica fra il lavoro ed i lavoratori!
Il disorientamento dovuto al crollo del cosiddetto "socialismo reale" agevolò parecchio il "berlusconismo", il quale spazzò via, anche facilmente, le pur aumentate esigenze di democrazia sociale, di lealtà fra i cittadini, dopo l'inchiesta "mani pulite", e lo fece con le sue barzellette, lo "sdoganamento" del post-fascismo, e, soprattutto, con le sue televisioni commerciali che iniziarono a spargere, alle masse, non una indicazione all'elevazione, alla riflessione, ma le risate sguaiate dell'imbecillità.
Alla fine ciò che contava di più, sembravano dire quegli spettacoli incantatori, era che col danaro si poteva comprare tutto: la bellezza, l'amicizia, la dignità. Tutto era sul mercato ed era consumabile e poi si poteva buttar via come niente. Non aveva importanza se quel consumismo consumava anche i territori, le popolazioni che vi vivevano, gli ambienti con la loro flora ed i loro animali. Tutto era dissacrato, anche, per l'appunto, la dignità. La conseguenza sociale di questa deriva è quella feudale, che vede nel favore e non nel diritto, il fine a cui orientarsi. Certamente, il berlusconismo non introdusse niente di nuovo nella società italiana ma rafforzò qualcosa che era latente e la legittimò sempre più, facendo sentire inadeguato l'atteggiamento leale di chi vuole essere onesto.
L'onestà, si badi, non è semplicemente una questione di etichetta morale, poiché è solo attraverso di essa che si può costruire una società funzionante, capace di provvedere ai bisogni dei suoi cittadini ed a perseguire il principio importante dell'equità. Un principio, quest'ultimo, che non può fare a meno di vedere in ogni cittadino non soltanto un fine, ma una risorsa. Il privilegio, in questo modo, non riguarda più una classe sociale, un censo, ma la costituzione stessa di tutti i cittadini che, in quanto tali, sono percettori di diritti nella stessa misura in cui sono capaci di rispettare gli equivalenti doveri.
Ecco che la Politica non può fare a meno della questione morale e, a differenza di quanto sproloquiava un certo furbacchione tanto apprezzato anche da taluni (diciamo) ingenui fra noi, si deve affermare fermamente che la Politica senza morale diventa arbitrio di una parte sull'altra e che la governabilità senza morale non può mai essere Politica ma soltanto tirannia!
Eppure questi sono stati, negli ultimi trent'anni, gli orientamenti politici della deregolamentazione. Orientamenti indirizzati verso una erosione dei diritti accompagnata dalla derisione dei doveri. Questo a partire dal mondo del lavoro! Poiché abbiamo la consapevolezza, noi e i nostri "nemici" (tali sono), che la libertà responsabile di ogni cittadino dipenda proprio dalla sua capacità economica, cioè a dire dalle condizioni che riguardano il suo lavoro, di cui il danaro è soltanto lo strumento metaforico, utile solo perché interscambiabile.
Il lavoro, che assieme al linguaggio testimonia la propensione sociale dell'Uomo, è il luogo ed uno dei momenti più sacri che possiamo avere, dove il tempo di ognuno di noi, le nostre energie, vengono dedicate agli altri, in una proiezione capace di produrre ricchezze e servizi che, di riflesso, ritornano poi ad ognuno di noi, come servizi e ricchezza sociale di cui tutti quanti infine usufruiamo.
E' in quegli anni che in Sicilia, in conseguenza dell'abbandono dei territori montani e dell'aumento degli incendi di vegetazione, nasce un servizio di antincendio boschivo che si è dimostrato, nonostante le tante deficienze, uno dei migliori servizi di antincendio boschivo al mondo!
Un servizio organizzato in modo tale che, malgrado la particolare orografia montuosa della nostra terra, il clima estivo rovente, il tipo di vegetazione selvatica e l'incidenza massiccia di inneschi posti e realizzati da incoscienti delinquenti, mai un incendio è durato più di qualche giorno. Un servizio svolto da una generazione di uomini cresciuti ancora a contatto col proprio territorio naturale, così come non avviene più.
Un servizio che, malgrado i meriti, non avrà alcuna continuità, ed aspetta, ormai, solo di estinguersi con l'anagrafe degli ultimi residuali addetti.
E dire che abbiamo rischiato tanto in questa attività ed alcuni di noi hanno dato persino la vita. Questo fino allo scorso ottobre, nel territorio del distaccamento forestale di Linguaglossa, un territorio già toccato, in precedenza, da tali tragedie luttuose, dove con i piloti caduti con Can 28, sono sei le persone morte in questa attività. Come si può pensare di poter affrontare un lavoro difficile e pieno di pericoli a 62 anni?... Questa era l'età di uno dei due piloti che sono morti, l'altro ne aveva 56. Ma tale è anche l'età della gran parte degli operai antincendio della forestale siciliana!
Non si possono dimenticare le campagne diffamatorie di una stampa votata alla professionale disinformazione.
Noi svolgevamo un servizio: operai addetti ad una attività di salvaguardia e lotta contro gli incendi boschivi, in una regione a ridosso di uno dei più grandi deserti del mondo, eppure il nostro lavoro veniva diffamato. Con il cambiamento climatico in atto, agevolato dalla mentalità idiota, predatrice e criminale, l'espansione di questo deserto sarà presto fra noi. Solo una accorta politica forestale avrebbe potuto arrestarlo! La campagna diffamatoria, nei nostri confronti, praticata da scribacchini ignoranti, mossi da pregiudizi tali da confondere operai con guardie forestali; che arrivava a porre paragoni del tutto fuori luogo fra il Canada (il cui territorio rientra nell'ambito del circolo polare artico) e la Sicilia (il cui territorio rientra nell'ambito subtropicale), ha avuto il successo sperato. Siamo ormai, come si diceva in quel film, <<come lacrime in un giorno di pioggia>>.
Tuttavia, anche se in un primo momento ho creduto che quegli attacchi fossero rivolti soltanto a noi, operai forestali, successivamente capii l'importanza delle parole utilizzate, le quali hanno capacità di sortilegio: dividono, confondono, e fanno credere. Fanno credere che non vi sia più una classe operaia, che il lavoro sia di soli servizi e uffici, che la prospettiva futura sia nel mondo virtuale: l'attacco era ideologico all'intera classe operaia! Ai valori di solidarietà e comunità! Infatti, guardandomi attorno, la globalizzazione dei mercati aveva portato ad una massiccia smobilitazione degli impianti industriali, subito ricollocati in paesi più poveri, dove le organizzazioni sindacali ed operaie erano meno presenti e forti. Al contempo, si procedeva, da noi, all'attacco e allo svilimento sia delle organizzazioni sindacali che alla coscienza stessa della dignità operaia. Dobbiamo renderci conto di vivere una fase possente di reazione capitalistica, possente perché siamo tutti quanti, chi più chi meno, impregnati di questa ideologia, coinvolti in uno stile di vita che ci ha occluso il senso critico, già incrinato dal fallimento di una utopia a suo tempo, però, criticata da Gramsci e da altri. Un fallimento che non ci apparteneva, quindi, perché era fallito nel momento stesso in cui era diventato autoritario e totalitario. Gli opposti non si contraddicono soltanto: gli opposti si condizionano, diventano specchio l'uno dell'altro. Nel momento in cui una forza è venuta a mancare non si è aperta una fase di pacificazione, come si sperava. La forza rimasta da sola, altrettanto totalizzante ed autoritaria (considerando le drammatiche vicende di Julian Assange o di Eduard Snowden) ha cercato di imporre le sue regole di dominio al resto del mondo. Sono iniziate le guerre "preventive" per "l'esportazione della democrazia". Guerre accompagnate da una tecnologia di propaganda inaudita: era come se Samara, uscita dallo schermo, con la sua veste bianca, senza occhi e, perciò, dall'anima persa, procedesse nella sua espansione della morte. Il riferimento hollywoodiano non è casuale. C'è molto Hollywood nella recita del generale che all'assemblea dell'ONU fa vedere una finta fiala di antrace come valida prova per attaccare l'Iraq. L'apoteosi probabilmente è stato il crollo delle due torri, che però sono state tre. Le esecuzioni plateali, poi, dei tagliagole del Califfato, economicamente sostenuto dall'Arabia saudita ed Emirati arabi (amici degli USA).
Dopo l'Iraq, L'Afghanistan, la Libia, la Siria. Stati sovrani, in cui si voleva esportare la democrazia ma che hanno ricevuto solo morte e distruzione e che ora versano nelle peggiori condizioni. Popoli massacrati impunemente per l'arbitrio ed il "bullismo" internazionale di una parte sul resto del mondo.
Si è intervenuti nel Kossovo, in difesa di una minoranza oppressa, bombardando civili persino in una città come Belgrado. Perché adesso, in Ucraina, non si è voluto far caso alle analoghe leggi discriminatorie contro una minoranza che voleva continuare ad esprimere la propria lingua e la propria cultura e difenderle da governi che intitolavano le vie e le piazze a criminali nazisti?! Che abbattono le statue di Lenin per erigere quelle di Stepan Bandera. Strade, statue e piazze dedicate ad autori di stragi contro Ebrei, Russi, Polacchi!... Stragi perpetrate ancor oggi per gli stessi principi di distinzione, a priori, fra migliori e peggiori... dove i peggiori possono ben essere massacrati e distrutti impunemente! Così come è successo nel Donbass dal 2014 ad oggi, senza che la "buona ipocrita coscienza" internazionale si muovesse. Ci sono stati gli accordi di Minsk, i quali, di recente, sia esponenti del governo ucraino sia militari USA, hanno dichiarato candidamente che sono serviti soltanto a guadagnare il tempo utile ad armare l'Ucraina! Armare l'Ucraina per far valere la sua richiesta di far parte della NATO e circondare la Russia con le testate nucleari e gli eserciti occidentali a pochi chilometri da Mosca! Significa inasprire una situazione ed una guerra che la Russia non può perdere, cioè a dire che se si arriva agli estremi il rischio nucleare è davvero prossimo!
Perché accodarci a questa prepotenza che ci fa correre questo rischio?... I partiti di opposizione, in Ucraina, sono stati aboliti ancor prima della guerra, i loro capi perseguitati, eliminati od incarcerati! Si tratta di un regime di ottuso nazionalismo tale e quale a quello russo, polacco o ungherese! Perché dobbiamo partecipare a questa follia nazionalista nata dal crollo dell'Unione Sovietica? Perché prolungare questo bagno di sangue del popolo ucraino? Perché stravolgere, con le sanzioni, dopo due anni di pandemia, la nostra stessa economia, col rischio di tracolli di imprese, licenziamenti, disastri economici e sociali, ecc.?...
Il perché è presto detto: perché a chi esprime queste logiche non gli importa alcunché della gente e dei popoli. Lo scopo è un'altro: è il predominio su di un pianeta la cui popolazione sta aumentando esponenzialmente e le risorse, altrettanto esponenzialmente, si stanno riducendo!
Di fronte a queste difficili prospettive invece di rincorrere delle logiche egualitarie, organizzative, così come auspicava Michail Gorbačëv con la sua Perestrojka, si procede con la violenza della prepotenza, della discriminazione dell'uno sull'altro. Il quasi totale assoggettamento dell'informazione a queste logiche criminali rivelano il pregiudizio di una differenza fra gli uomini e fra i popoli, per cui il popolo ucraino vale più di quello curdo o palestinese, o siriano o di qualsiasi altra parte del mondo.
E, tuttavia, anche questo, in effetti, non risponde al vero: poiché questa narrazione condanna proprio il popolo ucraino ad un massacro e a dei rischi immensi, così come il resto dei popoli europei.
Invece di perseguire politiche di difesa ambientale, riciclaggio dei beni e forestazione dei territori, si procede alla distruzione belluina.
Io credo, dal momento che sono scomparsi i partiti di sinistra, e che la stessa idea di una politica al servizio dei cittadini è messa in forte discussione, che il sindacato, di fronte a questo scenario apocalittico, abbia un compito fondamentale, analogo a quello delle sue origini: un compito di organizzazione e di formazione di coscienze che tengano conto della dignità di ogni uomo: alla libertà consapevole di quanto essa stessa sia in relazione alla capacità di responsabilità, come si conviene ad adulti, invece che di dipendenza da altri, come bambini o sudditi. Responsabilità verso un ambiente che ci nutre e ci veste e che stiamo deturpando in ogni modo, alterando persino le temperature e, di conseguenza, la metereologia del pianeta. Responsabilità verso tutti i popoli oppressi da guerre o da logiche di dominio neocolonialista che li spinge a scappare in cerca del meglio e, spesso, a trovare solo il peggio del peggio, cioè a dire: la guerra fra i poveri!
Il risultato di questi sommovimenti è proprio il sangue versato dagli ultimi. Mentre chi muove i fili delle decisioni più crudeli continua a vivere e dominare, avvalendosi ed utilizzando la confusione delle informazioni, lo sbandamento, prosperando proprio su questa confusione e su questo sangue versato.
Credo che il sindacato debba tornare a rappresentare, in prima istanza, l'opposizione a questa tendenza, altrimenti tutto è indirizzato alla rovina e si profila una nuova era feudale, con i suoi arbitrii di casta, di razza, di uomo su uomo. Lo dimostrano i provvedimenti nella legge di bilancio di questo nuovo governo post-fascista che abbiamo, il quale toglie a chi ha poco per darlo a chi ha tanto: che, calvinisticamente, fa della povertà una colpa.
Confesso di essere molto pessimista. Ma, come diceva l'amico Antonio Gramsci, al pessimismo della ragione bisogna opporre l'ottimismo della volontà. Viva questa volontà: la volontà degli indomiti!
Antonino Lomonaco
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