Nell’estate del 2021, in Sicilia ci sono stati 8.133 incendi, con una media di 135 roghi al giorno solo a luglio e agosto. Secondo i dati forniti dell’European forest fire information system (Effis) dall’inizio del 2021 sono andati in fumo nell’Isola oltre 78 mila ettari di territorio (esattamente il doppio dei 36 ettari del 2020) pari al 3,05% della superficie dell’intera Regione. Numeri che impongono una riflessione e che hanno indotto la Commissione Antimafia regionale, guidata da Claudio Fava, a svolgere un’accurata indagine «al fine di individuare quali possono essere le cause che muovono le mani criminali di chi, dolosamente, appicca un incendio». “Non c’è una unica motivazione sui roghi: questa è una certezza: ci sono dinamiche territoriali», ha affermato Giuseppe Compagnone dell’Antimafia regionale, in conferenza stampa assieme a Fava e ad altri componenti della commissione. L’inchiesta, presentata in conferenza stampa dall’Antimafia, ha avuto inizio l’8 giugno 2021 con l’audizione dell’associazione “Salviamo i Boschi in Sicilia» che ha fornito alla commissione un esposto-denuncia presentato da varie associazioni ambientaliste siciliane. I lavori sono proseguiti per oltre dieci mesi, con altre dieci audizioni nel corso delle quali sono stati ascoltati l’assessore regionale all’Ambiente Toto Cordaro, dirigenti della Regione e del Corpo forestale, sindaci, rappresentanti delle associazioni ambientaliste, giornalisti. Per l’assessore Cordaro, sentito in audizione, «le uniche ragioni che possono muovere tendenzialmente qualcuno ad appiccare volontariamente un incendio, un incendio boschivo di vegetazione di interfaccia che dir si voglia, sono ragioni legate alla volontà di bruciare i residui vegetali al fine pascolivo». «Questo accade soprattutto in alcuni periodi dell’anno e, cioè, tendenzialmente, dalla fine di agosto in poi, quando l’erba con le prime piogge o con la prima umidità si rigenera immediatamente e, quindi, crea l’humus per una più facile attività di pascolo. Poi - ha sostenuto Cordaro - ci sono degli interessi che sono pure emersi da segnalazioni precise legate all’accaparramento della concessione delle aree a pascolo per intercettare i contributi comunitari. Questo è un dato che mi è pure stato riferito. Una delle ragioni che mi vengono segnalate, seppure difficile poi provarlo, accade nelle vicende legate alle ritorsioni fra allevatori, soprattutto, quando c’è qualcuno che ha ottenuto le concessioni per il pascolo e, magari, qualche altro che è vicino che per ragioni che egli considera non motivate non lo ha ottenuto: sono le uniche categorie che mi sono state segnalate. Poi, c’è il tema legato al piromane che ha una tara mentale e che, quindi, ovviamente, vive dell’appiccamento dell’incendio».
Le liti degli allevatori per i fondi Ue
«A volte gli incendi dolosi possono nascere da un reato di qualche persona folle che appicca un incendio quando ci sono le condizioni scatenanti, quindi, venti prevalenti e dominanti, l’alta siccità, ma il più delle volte, sulla scorta della mia esperienza, questi incendi scaturiscono dalle liti fra allevatori», ha spiegato il dirigente provinciale del Servizio 11 per il territorio di Catania del Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale, Pietro Giovanni Litrico. “Annualmente il Dipartimento a cui io afferisco presenta delle manifestazioni di interesse sulla disponibilità di lotti pascolivi, a queste manifestazioni di interesse, ovviamente, partecipano tutti gli imprenditori agricoli che gestiscono allevamenti, allevamenti bovini o di caprini - continua il dirigente - L’amministrazione riceve le istanze, fa una graduatoria delle istanze pervenute e una volta esitata la manifestazione di interesse, assegna agli allevatori aggiudicatari dei lotti di terreno a pascolo. Questi lotti di terreno a pascolo servono, in prima istanza, ad alimentare il bestiame pascolante, ma, una volta che i pascoli sono concessi all’allevatore, questi può caricarli nel fascicolo aziendale e, quindi, ricevere i contributi comunitari; che possono essere concessi a superficie oppure a capo di bestiame detenuto. Io ricordo, ad esempio che fino al 2008 il premio che erogava Agea per ciascun capo di bovino adulto era di ottocento, per un vitello in accrescimento seicento euro. Capite bene che tutto questo rappresenta un bell’introito per gli allevatori. Quindi, presenta una istanza, può succedere che gli allevatori entrano in competizione per lo stesso lotto di terreno». Ed in effetti, ha affermato il dirigente «girando per il territorio e facendo le indagini di polizia giudiziaria sui roghi, molto spesso ho potuto verificare che a monte c’erano delle liti tra gli allevatori, i quali tendevano a bruciare il lotto del collega vicino che aveva prodotto l’istanza e aveva ottenuto il pascolo». «Il danno non è relativo soltanto ad un danno ambientale, questi reati incidono fortemente sulla natura della nostra economia perché nei boschi noi facciamo dei progetti, delle perizie forestali che servono ad assumere maestranze forestali, se bruciano i boschi non possiamo avere le maestranze forestali - ha sottolineato il dirigente - Non voglio giungere a conclusioni, ma dico che questo è quello che, per la natura degli incarichi che ho avuto, per le esperienze che ho avuto in questi sedici anni di servizio, tra i responsabili di incendi, responsabili di prevenzione e repressione incendi in provincia di Catania e controllore Agea, questo è quello che posso dire e mi sento di dire. I lotti sono stati messi sempre a disposizione degli allevatori, con le dovute misure, perché noi prendiamo informazioni, soprattutto antimafia, noi consultiamo il Ptna, non è che facciamo il contratto immediatamente all’allevatore, prima c’è una fitta rete di controlli, io chiedo alle Prefetture tutte le informative, ma, chiaramente, gli allevatori sono furbi, gli allevatori fanno presentare l’istanza a gente lontana, giovani che sono incensurati, queste cose non c’è bisogno che le dico io, io ho qualifiche di polizia giudiziaria, ho parlato sempre con i Prefetti, questa cosa l’abbiamo messa in evidenza d’ufficio e nonostante le verifiche, poi, risultano essere negative, nulla di fatto, molto spesso questi allevatori continuano a delinquere, molti dei quali sono stati incriminati, sono risultati mafiosi, addirittura collegati a cosa nostra siciliana».
Un Canadair costa 4.600 euro l’ora
«Sicuramente c’è un business degli aerei perché purtroppo in Italia, ma anche noi come Regione, ci rivolgiamo agli operatori privati. Sfaterei però alcune fantasie come, per esempio, che un’ora di Canadair costa quindici mila euro», racconta il dirigente del Servizio4-antincendio boschivo del comando del Corpo forestale della Regione Siciliana, Rosario Napoli all'Antimafia regionale. Il dirigente ha spiegato che «un’ora di elicottero costa 2.300 euro a base d’asta; un’ora di Canadair costa intorno a 4.600 euro». «Il Canadair ha una capacità di circa 5.500 litri - ha spiegato Napoli - Invece un’ora di S64, che è l’elicottero più pesante, che ha una capacità di circa 9.000 litri, costa intorno ai 9.000 euro. Sono cifre approssimate perché poi nel calcolo dei contratti subentrano, come dire, tutta una serie di parametri, però diciamo che mediamente il costo è quello». Poi in riferimento alla domanda sul ‘business’ dei mezzi aerei e al sospetto che ci possano essere dei soggetti che innescano degli incendi spinti dalle aziende interessate, Napoli «tende ad escludere questa possibilità» si legge nella relazione dell’Antimafia, spiegando il meccanismo previsto dai contratti che vengono sottoscritti dalla Regione Siciliana con le aziende che si aggiudicano le gare bandite per lo spegnimento degli incendi attraverso i mezzi aerei. Le aziende che forniscono i velivoli, infatti, non vengono pagate «a chiamata», ma c’è un monte ore prestabilito. Nel 2021 sono state 1.360 ore, a partire dal 20 maggio e fino al 31 dicembre 2020. Il contratto inoltre prevedeva anche il diritto, da parte della Regione, di chiedere all’azienda aggiudicataria, di garantire un’estensione delle ore di volo previste dal contratto, per un massimo di ulteriori 200 ore, che vengono pagate la metà rispetto al costo orario desumibile dal contratto. «L’anno scorso abbiamo avuto una stagione veramente incredibile per cui abbiamo consumato, non solo le ore di progetto, ma abbiamo consumato anche le 200 ore aggiuntive che abbiamo pagato al 50% - ha affermato il dirigente Napoli - Le ulteriori ore di volo che si sono rese necessarie, da contratto avremmo dovuto pagarle al prezzo ribassato della gara d’appalto. Però devo dire che, in qualità di Rup ho chiesto all’azienda di rivedere il prezzo di appalto per queste ulteriori ore aggiuntive. Per cui in definitiva il costo orario previsto per le 1360 ore previste dal contratto è stato di circa 1.900 euro, il prezzo per le 200 ore di estensione concordate nel contratto è stato di circa 900 euro. Per le ulteriori ore aggiuntive, extra contratto, è stato fatto un accordo con l’impresa e sono state pagate circa 1.350 euro a ora».
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