di Antonino Lomonaco (nella foto)
LTI di Linguaglossa
LA LEGGE NON AMMETTE IGNORANZA (20-08-2016)
Sempre attuale
Sentire il tono di meraviglia nella notizia data da un TG nazionale, che la Sicilia detiene, in questo momento, il primato degli incendi boschivi (circa diecimila) fra le regioni italiane, fa considerare la pochezza dell’informazione giornalistica, la quale ammicca agli interessi politici del momento, passando sui “corpi” della gente reale. Una notizia del genere dovrebbe stimolare ad approfondire la questione: innanzitutto ricordarsi della latitudine di questa regione e del tipo di vegetazione che la riguarda, la quale rinsecca in estate.
Intendere che questi incendi avvengono per l’abbandono dell’agricoltura nei territori montani, collinari, ed anche di pianura. Intendere che in un contesto di degrado economico, sociale, culturale, dovuto alla “cecità” politica di chi ha gestito e dovrebbe gestire questi territori, e la gente che vi vive, non può destare meraviglia l’ignoranza che produce distruzione.
Perciò si potrebbe approfondire la questione, ribaltandola, nel senso che diecimila roghi significa diecimila interventi da parte di quei vituperati operai dell’antincendio boschivo, che affrontano, ogni volta, le fiamme rischiando la propria incolumità, respirando fumo, disperandosi o rallegrandosi quando riescono a fermare la distruzione in un breve tempo.
Non scrivere, invece, per come fanno questi giornalisti, che a fermare le fiamme nei boschi siano stati i (pur valorosi e nostri fratelli) vigili del fuoco o la protezione civile.
Senza l’intervento di questi “insulsi” dell’antincendio boschivo, quei diecimila roghi, avrebbero certamente arso l’intero territorio abbandonato, desertificando una terra che è il cuore del Mediterraneo.
Senza il loro apporto anche i costosissimi bombardamenti aerei di acqua sarebbero inutili od ancora più dispendiosi in un clima e con una vegetazione come la nostra, poiché senza il lavoro di bonifica, del perimetro bruciato, le riprese sono quasi sempre una certezza.
Eppure passa bene, e sempre, quella cattiva informazione che “strizza l’occhio” ad un interesse di queste squadre nel propagare incendi, come se l’intervento fosse poi una festa, come se non vi fossero mai stati incidenti e morti in questi interventi. Come se respirare fumo fosse una ricchezza per la salute.
E’ bene ribadire con vigore che questi incendi interessano sempre territori composti da appezzamenti di terreno di proprietà privata, dove non vi sono e non vi possono essere lavori di manutenzione forestale, ed i cui proprietari avrebbero dovuto provvedere alla pulizia dalla vegetazione selvatica ma alla quale, per l’insostenibilità dell’agricoltura, non riescono a provvedere. In verità gli operai forestali della manutenzione lavorano solo nell’ ambito del demanio regionale, dove le fiamme raramente giungono e quando ciò succede, esse provengono dai terreni limitrofi, privati e abbandonati.
Per cui sarebbe davvero opportuno un elogio degli uomini delle squadre di antincendio boschivo che intervengono dove nessun altro interviene, dei loro sacrifici fisici davanti e contro le fiamme, nonché morali, per la continua loro mortificazione attraverso i media, senza alcuna voce di rilievo che li difenda. Mortificazione morale che si trasforma, poi, in situazione organizzativa: in mancanza di mezzi, attrezzature, dispositivi di sicurezza personali, ecc.
E persino nell’ ormai consolidata pratica del ritardo dei pagamenti.
Non può essere sminuito, in questa attività, il rischio emotivo di lavorare per tre mesi senza recepire paga: per un padre di famiglia è una gravosa preoccupazione che si aggiunge come ulteriore fattore di rischio.
Tuttavia, almeno quest’anno, grazie al nostro caro presidente regionale (Crocetta), abbiamo appreso che il nostro lavoro è un “pubblico ufficio”!
Solo che, come in tutti i film di Totò, ciò vale esclusivamente per chi qualche decennio fa, o giù di lì, ha avuto un qualsiasi problema con la giustizia, per cui senza paga deve pur andarsi a cercare un avvocato e chiarire la sua posizione. Altrimenti rischia il licenziamento, che in una terra come la nostra significa il lastrico e la totale rovina sociale e famigliare.
E dire che questa nostra attività, dell’antincendio boschivo, meriterebbe davvero, a pieno titolo, il ruolo di pubblico ufficio, mentre è nata e continua come un ammortizzatore sociale.
Come fanno a non saperlo i nostri presidenti regionali? Le nostre “croci”.
Antonino Lomonaco
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