Dal sito www.balarm.it
Susanna La Valle - 03 Agosto 2022
Luoghi che si scoprono poco alla volta, che coinvolgono non solo la vista ma tutti gli altri sensi. Vi portiamo in una Sicilia stupenda e meno nota, tutta da esplorare
I Nebrodi o Caronie è quello che non ti aspetti in Sicilia, gli arabi li definirono un’isola nell’isola, con i suoi pascoli ad alta quota, boschi, cascate e laghetti, ma anche rocce calcaree che ricordano le dolomiti.
Viaggiare tra statali e trazzere è un’esperienza unica, specie se fino a qualche ora prima si era immersi in un mare indaco. I Nebrodi con le Madonie e i Peloritani sono l’Appennino siculo, l’ideale continuazione della spina dorsale dell’Italia.
Con il loro parco naturale lungo 70 chilometri si affacciano da un lato direttamente sul Mar Tirreno, e dall’altro sull’Etna, il Fiume Alcantara e la parte alta del fiume Simeto.
Visitare queste montagne vuol dire percorre versanti piuttosto ripidi, con profili irregolari e forme aspre come le rocche del Crasto, dove vive una colonia di 100 Grifoni.
Siamo partiti da Fondaco Parrino, con un’escursione alle Gole dell’Alcantara, che racconterò in seguito, senza un itinerario preciso.
Ci siamo fatti guidare dalla ricerca di paesaggi, emozioni e sapori. I primi si mostrano mentre avanziamo tra paesi silenziosi dalle imposte chiuse, dove la poca gente per strada, incuriosita dal nostro passaggio, ci segue con lo sguardo.
Lungo la strada incontriamo antichi casali, cime brulle e rocciose con enormi pale eoliche, e sottostanti boschi intricati con improvvisi strapiombi e strade che diventavano trazzere.
I sapori si scoprono poco alla volta coinvolgendo non solo la vista ma tutti gli altri sensi. Abbiamo iniziato con il vino, elisir alchemico, misterioso contenitore di memorie, storia e cultura, momento di meditazione e gioia.
La fortuna di avere come compagno di viaggio un esperto, darà sostanza e competenza a questo tour che abbraccerà, un versante dell’Etna e i Nebrodi.
A Solicchiata frazione di Castiglione di Sicilia, si arriva da un’ex strada consolare che s’insinua attraverso due vulcani L’Etna e quello spento di Monte Majo.
Siamo diretti alle Cantine Patria. Chiamarle Cantina è riduttivo, prima di arrivare ne abbiamo incontrate altre molto più rurali, dove il vino era uno dei prodotti, ma non il solo, abbiamo trovato nocciole e pistacchi.
In questi posti abbiamo assaggiato un vino rustico e generoso e siamo stati accolti con simpatia e affetto. Il nostro pranzo a base di panini l’abbiamo consumato seduti sotto un pergolato vicino ad una fontanella in pietra lavica di acqua freschissima, insieme a operai e contadini.
Lì abbiamo lasciato parlare gli sguardi, i sorrisi e le alzate di sopracciglio, salutandoci con quei gesti che richiamano benedizioni reciproche.
Ma torniamo alle Cantine Patria, l'edificio bellissimo ha vetri fumé, dove intravediamo delle ombre. Ci dicono che dobbiamo aspettare per fare la visita, ne approfittiamo per fare un giro esterno.
Anche qui la pietra lavica è dappertutto dalla pavimentazione, a un’Arena incredibile, dove è possibile assistere a concerti ed eventi.
La Bottaia (antro del magico nettare) è una Torre d’avvistamento Saracena, Torrepalino, chiamata così perché in cima aveva un indicatore direzionale. Il vigneto a perdita d’occhio degrada perdendosi nel parco dell’Alcantara.
Chiaramente questa non è una semplice cantina, ogni cosa che vediamo è ricercata e studiata, dagli arnesi antichi che sembrano da poco lasciati incustoditi, a un incredibile carretto siciliano antico, sotto una tettoia.
Inutile dire che mentre mio marito agronomo si dedica a studiare i vini, io rimango incantata da questo manufatto. Decorato in ogni singola parte, persino le ruote, ha dei colori pastello che seppur un po' sbiaditi dal tempo, sono meravigliosi, ogni lato ha figure e delle scritte.
È così bello che non posso fare a meno di accarezzare i "masciddari" (le sponde), sedermi tra le aste, osservare i “iammozzi” (i 12 raggi delle ruote), decorati con coccinelle, fiori, uccelli e simboli, un caleidoscopio d’immagini e colori.
Mentre ammiro questo capolavoro, scopro che oltre ai tanti vini, questo è uno dei posti, dove viene prodotto lo Spumante dell’Etna.
Ripartiamo facendo una deviazione verso la Tenuta Tascante, le vigne del Re del vino siciliano, l’ultimo Gattopardo, il Conte Lucio Tasca D’Almerita, da poco venuto a mancare, da solo meriterebbe una trattazione approfondita, luogo d’elite.
Continuiamo dirigendoci verso la tenuta Fessina tra Linguaglossa e Randazzo. Qui le vigne sono in conche lasciate dall’Etna che come culle le custodiscono, donando con i microrganismi del suolo, note uniche e intense.
Le "bollicine" provengono da vigneti che raggiungono 1200 metri. Particolare è uno spumante a zero alcol per il mercato arabo.
Così tra vari vini rossi, perlage e l’incredibile "bollicine" bianco e rosé, tra boschi, pozze d’acqua e crinali, saliamo verso il paese considerato tra i più alti della Sicilia, Floresta.
Spartiacque tra il mar Tirreno e il mar Ionio, a 1275 metri è equidistante da Messina e Catania. Siamo qui per visitare il paese e per assaggiare i suoi formaggi.
L’allevamento dei bovini è il lavoro più antico di Floresta, i pastori trascorrevano le primavere e le calde estati in quota, con la transumanza scendevano nei mesi freddi e nevosi verso le zone marine.
Con il latte della mungitura serale si produce la provola florestana, la ricotta fresca, stagionata e la straordinaria ricotta infornata. Ci fermiamo qui, tra le montagne, per la notte, degustando uno dei nostri acquisti: le “ bollicine rosé”, con i Piparelli Messinesi e i Nzuddi.
Mentre il pepe nero dei biscotti esalta le bollicine che solleticano il palato, ci sentiamo osservati da tanti occhi oltre gli alberi. Brindiamo ascoltando una Suite di Bach, con un accompagnamento di grilli, mentre in lontananza i cani abbaiano alla luna.
Domani saranno ancora Nebrodi.
Fonte: www.balarm.it
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