Michele Giuliano - 13 Giugno 2022
Patrimonio boschivo siciliano in fumo, raid dolosi e speculazioni all’ombra dei roghi. La commissione Antimafia regionale lascia trasparire il business di impianti fotovoltaici e la mafia dei pascoli
La Sicilia brucia, ogni anno, alla prima folata di vento di scirocco. L’idea dell’incendio che nasce da eventi spontanei può essere consolante, ma è evidentemente lontana dalla realtà: nel corso dell’estate del 2021 ben 494 sono stati gli incendi dolosi, 311 non classificabili, 21 colposi e uno solo per ragioni naturali.
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Secondo i dati forniti dell’European Forest Fire Information System (Effis), dall’inizio del 2021 sono andati in fumo oltre 78 mila ettari di territorio, il doppio rispetto all’anno precedente, pari al 3,05% della superficie dell’intera regione.
L’approfondimento della Commissione Antimafia
È stata la Commissione regionale Antimafia a voler approfondire e individuare quali possono essere le cause che portano la criminalità ad appiccare incendi ovunque su tutto il territorio regionale. Perché i dati dimostrano come oltre la metà degli incendi sia inequivocabilmente doloso, e buona parte del resto potrebbe esserlo; durante le audizioni della commissione sono venute fuori diverse tesi sui motivi e gli interessi a bruciare.
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Una delle novità sarebbe il collegamento con il business del fotovoltaico: si appicca il fuoco per disboscare la propria area che non produce e darla in locazione a società di fotovoltaico, con affitti che si aggirano sui 3 mila euro per ettaro. Un guadagno che, secondo le audizioni, gli agricoltori di oggi non avrebbero attraverso le attività tradizionali della coltivazione.
La corsa al fotovoltaico
Non è un caso, forse che dalla fine del 2019 è partita la corsa al fotovoltaico. Da trenta procedure che erano entrate in un anno, nel 2019, tra la fine del 2019 e il 2020 ne sono entrate più di trecento e questo ha affaticato l’attività della commissione tecnica della Regione nel valutare le pratiche e approvarle.
Le alternative ai terreni agricoli per il fotovoltaico.
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Ne ha parlato Aurelio Angelini, presidente della commissione tecnica specialistica per le autorizzazioni ambientali di competenza regionale, che ha proposto delle alternative all’utilizzo del suolo per l’installazione del fotovoltaico: “Noi abbiamo indicato tre macro aree di intervento per limitare al massimo l’uso del suolo. La prima: l’utilizzo di tutte la cave dismesse; ci sono circa duecento cave. Parliamo di aree demaniali e, quindi, disponibili da parte della Regione per metterle sul mercato.
Sempre in alternativa ai terreni agricoli ci sono anche le aree ex discariche. L’ultimo è rappresentato dal suolo agricolo che noi cerchiamo di restringere esclusivamente sulle aree marginali e scarsamente produttive o compromesse”.
Tutte proposte interessanti, ma che rimangono parole, perché il governo regionale non ha varato il piano energetico regionale, per cui le prescrizioni previste dalla commissione tecnica non sono ancora operative. Esiste poi anche la “mafia dei pascoli”.
Sono andate a fuoco le riserve di Vendicari, Pantalica e dello Zingaro. Non sembra essere un caso, visto che le riserve naturalistiche, le Zts e le Zsc, hanno vincoli molto stretti che disturbano l’abusivismo, la cementificazione e l’illegalità.
La matrice dolosa anche in questi casi è evidente e a dirlo è stato Ennio Aquilino, direttore regionale dei vigili del fuoco: “La presenza di tanti inneschi ci toglie qualsiasi dubbio rispetto alla matrice dolosa – sostiene Aquilino -.
Aggiungo un altro elemento: l’orario. La maggior parte degli incendi vengono innescati sempre, guarda caso, nelle ore del pomeriggio. Perché l’intervento della flotta aerea è legato alle ore diurne e riuscendo ad evitarne la presenza si ha la certezza che l’incendio abbia tempo di propagarsi”.
Non è un problema da poco, dall’altra parte, la penuria di mezzi: la Sicilia ha appena 360/370 tra pick-up, autobotti e quant’altro, un numero esiguo, mentre risulterebbe ancora ferma una gara da 20 milioni per l’acquisto di almeno un centinaio di altri mezzi.
Per non parlare del personale: “In Sicilia mediamente abbiamo dai trecento ai quattrocento agenti in servizio ogni giorno. È chiaro – prosegue Aquilino – che per far fronte a quello che è l’emergenza antincendi boschivi, al di là delle competenze, i numeri non bastano”.
Abbiamo sentito in questa spinosa vicenda la vicepresidente della commissione Ambiente all’Ars, Eleonora Lo Curto, e l’assessore regionale al Territorio e Ambiente Toto Cordaro. Ecco cosa ci hanno detto.
Onorevole Lo Curto, visto che in Sicilia ci sono molti spazi utilizzabili senza danneggiare la produzione agricola, potrebbe tornare utile una norma che impedisca che i terreni agricoli possano essere riconvertiti in impianti fotovoltaici? Potrebbe essere una sorta di norma di salvaguardia?
“L’emergenza incendi purtroppo fa emergere ogni anno le condizioni di scarsa attenzione verso la tutela della macchia mediterranea siciliana. Solo da poco tempo, con questo governo regionale, la questione della messa in sicurezza del patrimonio boschivo e della campagna antincendio è stata affrontata con il piglio giusto.
Per la prima volta si è fatto ricorso anche ai fondi Ue per assicurare la copertura delle spese connesse al sevizio di antincendio, garantendo anche un migliore e più continuo utilizzo del personale per il quale è previsto anche un percorso di piena stabilizzazione del posto di lavoro. Sulle ipotesi che riguardano gli incendi dolosi la magistratura svolge indagini da tempo e sovente è capitato di assicurare alla giustizia anche qualche piromane. È chiaro che un piano di tutela, con norma di legge, dei terreni agricoli potrebbe aiutare se dietro agli incendi c’è la mano criminale di qualche fin troppo disinvolto speculatore”.
Esiste un elenco di cave a disposizione per realizzare impianti fotovoltaici senza interferire con i terreni agricoli privati?
“Gli impianti fotovoltaici sono quasi sempre iniziative di imprenditori privati, mentre la pubblica amministrazione ha sempre utilizzato superfici e pertinenze di immobili propri per abbattere i costi dell’energia. Sulle cave andrebbe fatto uno studio e magari potrebbero aiutarci gli uffici parlamentari adeguatamente interpellati”.
La Regione ha un elenco di aree che possono essere usate per questi scopi?
“Così come per le aree di cave, lo studio per l’utilizzo di altre superfici pubbliche potrebbe essere esteso con le finalità dell’insediamento di parchi fotovoltaici nella logica della transizione ecologica ed energetica sulla quale è previsto uno stanziamento consistente dei fondi del Pnrr”.
Assessore Cordaro, lei come spiega i tantissimi incendi di natura dolosa in Sicilia che hanno distrutto la Sicilia lo scorso anno?
“L’incendio che non viene contestualizzato con certezza dalla sua origine viene classificato dal personale del corpo forestale come doloso. Questo serve a svolgere un’indagine più approfondita, perché se venisse classificato come colposo non si aprirebbe nessun fascicolo. Realisticamente direi che la statistica è esattamente al contrario, cioè che un 30% degli incendi è doloso e non certo il 70”.
Secondo lei ci possono essere delle uniche regie con uno scopo ben determinato dietro questi incendi dolosi?
“Che ci siano delle regie uniche non ho elementi per affermarlo. È indubbio che ci sono stati dei luoghi, come nei Nebrodi, in cui la lotta per i pascoli ha portato spesso in condizioni che hanno determinato degli incendi dolosi. Con le norme di oggi, che impediscono il riutilizzo dell’area incendiata per 15 anni, sarebbe un suicidio per il potenziale incendiario perché sa che non potrebbe farci nulla con quell’appezzamento”.
Si parla di una Regione che non garantisce risorse, uomini e mezzi adeguati per far fronte a questo fenomeno degli incendi. È davvero così?
“C’è sicuramente un problema legato al numero esiguo di uomini. Deve pensare che il governo regionale precedente, attraverso le varie interviste fatte dallo stesso ex presidente Rosario Crocetta, aveva intenzione di sciogliere il corpo forestale. Adesso questo governo ha investito fondi europei importanti per ripristinare il reparto dei mezzi e le dotazioni di protezione individuale.
Finalmente sono stati sbloccati i concorsi, parliamo di 500 nuove assunzioni nel prossimo triennio nel corpo forestale. Abbiamo portato a 11 gli elicotteri nell’antincendio, poi ci sono i droni di ultima generazione per il monitoraggio, prevenzione e repressione; senza dimenticare che quest’anno abbiamo anticipato la campagna antincendio, che di solito partiva dal 15 giugno e si protraeva sino al 15 ottobre.
Quest’anno invece già partita da diversi giorni; si è anche anticipata l’attività che riguarda la realizzazione dei viali parafuoco al 26 aprile e stiamo chiedendo alla protezione civile nazionale di lasciare due canadair soltanto nella disponibilità della Sicilia.
Direi che in ragione del mutamento climatico e per l’esperienza fatta l’anno scorso, con temperature che hanno toccato 51° e venti di scirocco che hanno soffiato sino a 100 chilometri all’allora, non c’è viale parafuoco che tenga. In questo caso l’unico intervento può essere solo dal cielo.
L’1 giugno, con la partenza della stagione antincendio, abbiamo anche siglato la convenzione con i vigili del fuoco che consiste in una costante presenza di questo personale in sala operativa. Ci sarà una sinergia importante con il corpo forestale e i volontari di protezione civile regionale per un totale di 2 milioni di euro e prevede la presenza di un distaccamento di vigili del fuoco nelle isole minori più importanti con attenzione particolare a Vulcano, in ragione della vicenda dei gas”.
Il Governo è salito sul banco degli imputati per non aver ancora varato il piano energetico regionale, per cui le prescrizioni previste dalla commissione tecnica non sono ancora operative. È un problema che incide?
“Non credo proprio che incida, forse la commissione tecnica dovrebbe più preoccuparsi del lavoro arretrato che non ha ancora smaltito delle tante pratiche che giacciono ancora inesitate nei loro cassetti”.
Fonte: qds.it
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