GERMANA CARILLO - 22 DICEMBRE 2020
Se fossero gestite in modo più sostenibile, ogni anno le foreste dell’Unione europea potrebbero assorbire il doppio dell’anidride carbonica. Se, cioè, lo sfruttamento dell’incremento del “capitale naturale” costituito dalle foreste fosse ridotto di un terzo le foreste diventerebbero più resilienti ai cambiamenti climatici e non solo: il potenziale di assorbimento di CO2 potrebbe aumentare da 245,4 milioni di tonnellate in un anno a 487,8 milioni di tonnellate (equivalenti più o meno alle emissioni annuali della Francia).
Sono i dati che emergono dal nuovo studio commissionato da Greenpeace Germania all’istituto indipendente di ricerca “Natural Forest Academy” (Naturwald Akademie), secondo cui basterebbe una gestione decisamente diversa perché la biodiversità abbia qualche chance di aumentare
“Le foreste dell’Ue hanno più potenziale di quel che crediamo nella lotta contro i cambiamenti climatici e quindi dovrebbero essere protette e ripristinate. Invece, preferiamo abbatterle e farne legna da ardere – afferma Martina Borghi, campagna foreste di Greenpeace Italia. È sbagliato pensare che bruciare biomassa legnosa di origine forestale – cioè legna, ma anche cippato e pellet, che non provengano da scarti altrimenti inutilizzabili – sia un’alternativa sostenibile rispetto ai combustibili fossili: la CO2 emessa dalla combustione degli alberi abbattuti non viene riassorbita da altri alberi piantati al loro posto. Le foreste artificiali e giovani non sono in grado di assorbire la stessa quantità di CO2 delle foreste naturali mature o vetuste, e anzi, più le foreste vengono sfruttate per produrre legname, meno CO2 può essere assorbita. Piantare tanti alberi e spacciarli per una vera foresta è solo greenwashing”.
La situazione in Italia
Secondo l’ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), il carbonio immagazzinato dalle foreste italiane è aumentato negli anni grazie all’espansione delle superfici coperte da foreste, dovuta prevalentemente dalla ricolonizzazione di terre non più coltivate. Le foreste italiane racchiudono 2239 milioni di tonnellate di carbonio (Mt CO2 di carbon stock) suddivise rispettivamente in 1734 Mt CO2 in rami e foglie (biomassa epigea), 349 Mt CO2 nelle radici (biomassa ipogea), 58 Mt CO2 nel legno morto e 98 Mt CO2 nella lettiera del suolo (mix di sostanze organiche morte depositate sulla superficie del suolo, come ad esempio rami, foglie, insetti).
Altre ricerche sul contributo delle foreste italiane all’assorbimento di CO2 forniscono dati molto divergenti e questa incertezza pesa nel poter elaborare un quadro affidabile. In ogni caso, la quantità di carbonio che le nostre foreste rimuovono ogni anno dall’ atmosfera non è costante ma varia tra 19 e 33 milioni Mt di CO2. Gli anni in cui la funzione di carbon sink svolta dalle foreste è ridotta al minimo sono quelli in cui si verificano incendi di grandi proporzioni. Attualmente, la principale minaccia al contributo che le foreste nazionali possono dare al ciclo globale del carbonio è rappresentata dagli incendi: l’andamento del carbon sink italiano nel periodo 1990-2017 è stato fortemente condizionato dagli incendi e dalla conseguente riduzione della capacità di assorbimento del carbonio.
©ISPRA
Insieme ad altre ONG, Greenpeace chiede allora alla Commissione europea di escludere l’energia generata dalla combustione del legno (eccezion fatta degli scarti del legno che non possono essere riciclati altrimenti), dagli obiettivi per l’energia rinnovabile nella revisione in corso sulle politiche energetiche e climatiche dell’Ue.
Greenpeace chiede all’Unione europea di adottare una visione condivisa delle foreste europee con nuovi obiettivi vincolanti per il loro ripristino e protezione, in modo da rafforzarne significativamente la capacità di assorbimento di CO2. Per evitare il greenwashing e le false soluzioni, questi obiettivi dovranno essere trattati separatamente dagli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Il rapporto completo lo trovate QUI.
Fonte: Greenpeace Germania
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