Rosario Battiato 10 Gennaio 2020
Legambiente ha censito i fenomeni che hanno provocato danni a persone e infrastrutture: l’Isola tra le regioni più colpite
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PALERMO – L’emergenza clima e i cambiamenti climatici bussano alla porta della Sicilia e non sono tocchi lievi. Nel corso del 2019, sulla base dei dati registrati da Legambiente, si sono verificati in tutta Italia 157 fenomeni estremi, 13 di questi sono stati nell’Isola, circa il 10% del totale nazionale. Prendendo il riferimento dell’ultimo decennio, la porzione siciliana sul dato nazionale sale fino a superare il 12%. L’elenco è lunghissimo e variegato: dalle esondazioni alle trombe d’aria agli allagamenti da piogge intense fino alle temperature eccessive, conseguenze di un territorio fragile e poco protetto che patisce più di altri l’incuria degli anni e le disastrose politiche che non hanno saputo valorizzarlo adeguatamente.
CALDO E PIOGGIA PERICOLI COSTANTI
Ad aggredire l’Italia, nel corso dell’anno appena trascorso, ci sono stati nubifragi, siccità, ondate di calore sempre più forti e prolungate, fenomeni meteorologici intensi ed estremi dovuti ai cambiamenti climatici. Il computo totale, conteggiato da Legambiente, è pari a 157 eventi estremi che hanno causato la morte di 42 persone, per l’associazione del Cigno si tratta di un “bilancio in crescita rispetto a quello del 2018 che aveva registrato 32 vittime e 148 eventi estremi”. I numeri dello scorso anno derivano, in 85 casi, da allagamenti da piogge intense, da trombe d’aria, in 54 casi (in forte aumento rispetto alle 41 del 2018), 5 di frane causate da piogge intense e 16 esondazioni fluviali. “In aumento – si legge nella nota – anche gli eventi che riguardano due o più categorie (ad esempio casi in cui esondazioni fluviali o allagamenti da piogge intense provocano danni alle infrastrutture)”.
Non solo piogge estreme, perché a preoccupare è anche il fronte relativo alle alte temperature: il 2019 è risultato essere uno dei “più caldi della storia e, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale dell’Onu (WMO), è destinato a piazzarsi al secondo posto nella classifica dei record di caldo”. Andando nel dettaglio, il mese di luglio, secondo l’Agenzia Americana per Oceani ed Atmosfera (NOAA), è stato il mese “più caldo mai registrato al Mondo negli ultimi 140 anni, con una temperatura media globale di 0,95 gradi sopra la media”. In questo quadro mondiale preoccupante, anche l’Italia non può dirsi estranea: “se si considerano solo le temperature massime, il mese di ottobre è stato il secondo più caldo in assoluto dal 1800 ad oggi, dietro solo al 2001, con un’anomalia di +1,74°C”.
SICILIA: 59 EVENTI ESTREMI NELL’ULTIMO DECENNIO
A fronte del circa mezzo migliaio di eventi estremi registrati in tutta Italia nel corso dell’ultimo decennio, 59 si sono verificati in Sicilia (pari al 12% del totale di quanto registrato nel resto del Paese) con un bilancio di 51 vittime. Nell’ultimo anno sono stati 13 e includono un campionario dei rischi che evidenziano l’impreparazione e la fragilità della nostra Regione: l’esondazione fluviale di Acate, gli allagamenti da piogge intense di Avola, Isola delle Femmine, Ispica, Patti e Piazza Armerina, i danni da trombe d’aria di Vittoria Calamonaci, Caronia, Santa Croce Camerina, Licata, Modica e Palermo. Nel corso del 2018, inoltre, non sono mancati anche i fenomeni legati ai danni da siccità prolungata, con le conseguenze derivate dalle temperature estreme in città. In particolare, questa tipologia ha riguardato il comune capoluogo.
QUINDICENNIO DA INCUBO
La tendenza dell’ultimo decennio è figlia di una situazione che era intravista già tra il 2000 e il 2015. Secondo i dati raccolti nel “rapporto preliminare sul rischio idraulico in Sicilia e ricadute nel sistema di protezione civile”, il dissesto in Sicilia aveva fatto registrare 168 eventi, 58 morti e danni per circa 4 miliardi di euro. Le arterie viarie, che sono state oggetto di forti investimenti per il loro ripristino, hanno visto circa 9 mila episodi di dissesto tra il 2002 e il 2016, con danni per 50 milioni di euro all’anno.
TERRITORIO A RISCHIO DESERTIFICAZIONE
Cambiamenti climatici e desertificazione sono interconnessi – lo ha ricordato anche il ministro Costa in diverse occasioni – e considerando il fenomeno dell’abusivismo e il consumo di suolo che ne deriva, è chiaro anche il ruolo pericoloso che il fenomeno riveste nell’Isola. A tal proposito, l’estate scorsa, la Regione ha redatto un Piano strategico per la lotta alla desertificazione, considerando che le “aree critiche” rappresentano oltre la metà dell’intera regione (56,7%) e un altro terzo (35,8%) è classificato come “fragile”. Le zone più a rischio sono a loro volta suddivise in “meno critiche” (identificate come C1) pari al 17,7%; “mediamente critiche” (C2) con il 35%; “maggiormente critiche” (C3) con il 4% dell’intera superficie dell’Isola.
ALCUNE SOLUZIONI
Uscire da questo stato di cose è possibile. Facendo anche il minimo, considerando che il punto di partenza è veramente pessimo: ad esempio con tasso di abusivismo pari a poco meno del 60% (numero di costruzioni realizzate illegalmente per 100 costruzioni), e un quinto degli edifici inutilizzati a livello nazionale, si può tranquillamente dire che riqualificare e mettere in sicurezza – grazie agli incentivi tipo sisma bonus o eco bonus – è più sostenibile che costruire o ricostruire. Assolutamente da recuperare anche il rapporto con la mobilità sostenibile – a Catania si registra uno dei più elevati tassi di motorizzazione a livello nazionale con una porzione di auto con standard emissivo più inquinante ancora particolarmente rilevante (una su due tra euro zero ed euro 3) – che potrebbe ricominciare a partire dalla piste ciclabili, dai nuovi bus sostenibili e dalla metropolitana. Passi che le città isolane stanno cominciando a compiere, anche se occorre sempre maggiore incisività.
Resta da lavorare anche sui cantieri per mitigare il fenomeno del rischio e agire preventivamente e non soltanto in seguito agli eventi calamitosi. Tra il 1999 e il 2017, la Sicilia ha ricevuto, tramite il ministero dell’Ambiente, oltre 660 milioni di euro, registrando interventi conclusi pari a circa il 50%, cioè uno su due. Troppo poco per un territorio che vede il 90% dei comuni coinvolti a vario titolo nel rischio idrogeologico. Il commissario governativo contro il dissesto, Maurizio Croce, ha voluto tuttavia ricordare, nel corso di una recente intervista rilasciata al QdS, la buona riuscita del 2019, con 91 cantieri avviati per 126 milioni di euro.
In Italia un’area a rischio inondazione pari alla Liguria
Le città siciliane patiscono i cambiamenti climatici quanto le loro colleghe del resto del mondo. A Palermo, tra il 1971/2000 e il 2001/2018, la temperatura ha fatto registrare una crescita di 0,4 gradi mentre a rischio dell’innalzamento delle acque ci sono diverse aree costiere siciliane. A fare il punto è un altro rapporto di Legambiente, pubblicato nel 2019 e dal titolo “Il clima è già cambiato”, che ha messo in fila gli eventi che lo scorso anno hanno colpito l’Italia, facendone registrare 21 tra Palermo e Catania, rispettivamente con 12 e 9 eventi, collocando le due isolane al quinto e sesto posto nella graduatoria del rischio in città per numerosità di eventi registrati.
Pericoli non solo in città: l’Enea, in collaborazione con Cnr e altri centri di ricerca universitari italiani ed esteri, ha tracciato l’elenco di 40 aree italiane costiere a rischio di subire rilevanti danni in seguito all’innalzamento del livello dei mari. In Sicilia ne hanno trovate ben cinque: Granelli e Noto a Siracusa, Pantano Logarini a Ragusa e poi Trapani e Marsala. Complessivamente, si legge sul report dell’associazione del Cigno, i dati mostrano che esiste un’area a rischio inondazione in tutta Italia che è pari a quella della Liguria. Netto il giudizio nei confronti delle amministrazioni: “gravi episodi causati dal maltempo hanno colpito negli ultimi anni anche la Sicilia orientale con alluvioni, frane, colate di fango e trombe d’aria – si legge sul rapporto di Legambiente – la città di Catania è stata vittima di 9 eventi estremi a partire dal 2010” e le “amministrazioni ancora non sembrano aver posto le tematiche della prevenzione da alluvioni e frane tra le priorità del loro lavoro”.
Fonte: qds.it
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