Rosario Battiato - 24 Ottobre 2019
La Legge 10/13, che ha modificato la Rutelli del ‘92, stabilisce l’obbligo della piantumazione ma senza sanzioni. Il sindaco, due mesi prima della scadenza del mandato, deve rendere noto il suo bilancio arboreo
PALERMO – Nelle scorse settimane il Wwf ha pubblicato il rapporto “Urban nature 2019 Biodiversità urbana: percorsi e proposte in campo”, facendo il punto della situazione sulle iniziative attive nelle città italiane in rapporto alle politiche di sostenibilità urbana. Tra i capitoli presi in considerazione, anche l’applicazione della vecchia legge Rutelli, che risale al 1992 (“Obbligo per il comune di residenza di porre a dimore un albero per ogni neonato, a seguito della registrazione anagrafica”), e che è stata successivamente aggiornata dalla legge del 14 gennaio 2013, n.10, “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi”. A fronte della chiarezza della norma, sono ancora pochi i Comuni, anche tra i grandi centri, che hanno deciso di seguirla.
LA LEGGE RUTELLI
All’inizio degli anni Novanta, Rutelli era ancora coordinatore nazionale della Federazione dei Verdi. La sua proposta di legge prevedeva l’obbligo di porre a dimora un albero per ogni nato a seguito della registrazione anagrafica. L’articolo 1 stabiliva l’impegno da parte dei Comuni di agire entro 12 mesi dalla registrazione anagrafica e in seguito, entro quindici mesi dall’iscrizione, l’ufficio competente comunale avrebbe dovuto registrare il luogo esatto dell’albero piantato.
Per i Comuni senza aree idonee per la messa a dimora, si prevedeva, nel quadro della pianificazione urbanistica, l’utilizzazione, mediante concessione, di aree appartenenti al demanio dello Stato. All’epoca erano stati stanziati 5 miliardi di lire all’anno (dal 1992 al 1994) da distribuire alle Regioni e alle Province Autonome sulla base delle indicazioni del Cipe.
LA LEGGE DEL 2013
Circa dieci anni dopo, una nuova legge ha implementato quanto previsto da Rutelli, fissando il 21 novembre come “Giornata nazionale degli alberi”. La norma in questione modifica alcuni passaggi della precedente, prevedendo che l’obbligo della messa a dimora di un albero per ogni nato registrato venga vincolato ai Comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti, mentre il tempo per procedere è stato ridotto da 12 a 6 mesi, tenendo conto del “periodo migliore per la piantumazione” e la messa a dimora può essere differita in caso di avversità stagionali o per gravi ragioni di ordine tecnico.
Entro un anno dall’entrata in vigore della norma, inoltre, si prevede che ciascun Comune provveda a censire e classificare gli alberi piantati nel rispettivo territorio mentre il sindaco, due mesi prima della scadenza naturale del mandato, deve rendere noto il bilancio arboreo del comune, indicando il rapporto fra il numero degli alberi piantati in aree urbane di proprietà pubblica rispettivamente al principio e al termine del mandato stesso.
IL MONITORAGGIO
Esiste, presso il ministero dell’Ambiente, un Comitato per lo sviluppo del verde pubblico che dovrebbe appunto monitorare la normativa. Nell’ultimo rapporto annuale redatto dal Comitato, che risale al 2019, si legge: “Sempre più città piantumano nuovi alberi in seguito alle nuove nascite e adozione di minori. Nel quadriennio 2014-2017, 50 capoluoghi (erano 31 nel 2014) hanno attuato questa disposizione. Le nuove piantumazioni sono state effettuate in più della metà delle città del Nord, in poco meno di quelle del Centro, e nel 15% delle città del Mezzogiorno”. In Sicilia, secondo uno studio del Wwf, ben poca vitalità ha avuto questa norma: presente a Palermo senza risultati di rilievo, assente a Catania e Messina.
Fonte: qds.it
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