19 giugno 2019

IL NODO DEGLI EROI CADUTI



La nota di Antonino Lomonaco
Aspi di Linguaglossa (Ct)


In mancanza di certezze nelle nostre decisioni, la parte migliore degli uomini (e quindi della Politica) si affida alle esperienze ed ai confronti. La parte peggiore degli uomini (e quindi della politica) si affida invece alle simulazioni e, come mercanti imbonitori alla fiera, si prodigano in “effetti speciali”, in frasi orecchiabili e suggestive capaci di catturare l’attenzione ed il consenso degli “allocchi”.
Purtroppo questa nostra è l’epoca del predominio di tale tipologia umana: di simulatori senza ritegno che promettono la “città dei balocchi” ai vari sprovveduti “Pinocchi”. 
L’etica meschina di costoro ritiene che il potere del danaro e della “forma” riesca a costituire la grandezza di un uomo, confondendo lo strumento con le qualità che costruiscono lo strumento stesso: è l’uomo che fa la ricchezza, ma la ricchezza non farà mai un Uomo! 
Così la loro azione inquina i principi di lealtà della, e nella, convivenza e predispongono un mondo invertito, dove la qualità è sottomessa al soldo e alla finzione teatrale del mercato. 
Non vale la passione costruttrice, il gesto disinteressato ma leale dell’eroismo: vale il risparmio economico sulle spalle degli ultimi, vale il cinico arricchimento basato sulla spremitura di questi ultimi, purtroppo ormai avviati, sempre più, all’ andamento dell’armento. 
Si ammicca al fare del “parassita” piuttosto che a quello del “donatore”, ovvero si ammicca al fare del cortigiano! Dell’usurpatore piuttosto che del magnanimo! 
Le migliori virtù che fanno viva e sana la società vengono ridicolizzate dalla furbizia, capace di ingannare, e tale è l’immagine del successo: un sorridente “pescecane”!
Ma una società basata sull’ inganno e sull’ usurpazione non può reggere le leggi del tempo: senza coerenza ogni struttura è destinata al crollo: in questo modo, il parassita festante, non può che preparare la sua stessa rovina. 
Le virtù della convivenza leale, dell’onestà, infatti, sono una necessità pratica, non un semplice ornamento di cui fregiarsi formalmente, e vanamente, attraverso le parole.
Nella nostra Sicilia, l’esperienza dell’antincendio boschivo è stata una delle poche esperienze di cui possiamo ben vantarci. Per oltre venti anni a questa parte abbiamo impedito che il nostro verde andasse incenerito dal dilagare dell’imbecillità. 
Questo, malgrado i nostri stessi limiti dovuti ad una originaria mancata selezione, motivazionale e fisica, del personale, alla perenne carenza di mezzi, dispositivi di sicurezza, formazione.
Eppure questi stessi limiti sanciscono il nostro valore poiché, malgrado essi, in questi decenni non sono mai successe catastrofi analoghe ad altri luoghi del pianeta: di incendi imperituri, con morti, evacuazioni di città, migliaia e miglia di ettari boscati che vanno in fumo, persino, con temperature ambientali di poche decine di gradi. 
Noi, in Sicilia, affrontiamo le fiamme con temperature ambientali di quaranta gradi! 
Su terreni impervi e montuosi, con una continuità boschiva che dal territorio di Messina arriva a quello di Trapani, dal territorio di Palermo, attraverso i monti Sicani, arriva ad Agrigento! Per non parlare del vasto territorio dei boschi etnei! O dell’altopiano Ibleo!...  
E dire che perdura, purtroppo, anche una alta incidenza di incendi, appiccati da quella mano criminale ed imbecille di cui si diceva prima, colpevole dei lutti di nostri compagni e della morte del patrimonio di vita che ogni ambiente boschivo rappresenta. 
Ciononostante, pur combattendo con onore contro le fiamme reali non siamo mai riusciti ad incidere contro la negligenza strafottente della burocrazia e dell’ amministrazione che ci gestisce. Così ci ritroviamo per l’ennesima volta, anche quest’anno, ad iniziare la campagna antincendio senza autoveicoli, autobotti, dispositivi di sicurezza, pronti per come normalmente dovrebbe essere dopo otto mesi di fermo. 
Certo, non vi è omogeneità in tutte le nove province, ma nella gran parte ci ritroviamo inermi di fronte all’ emergenza di giornate torride e alla delinquenza incendiaria. Inermi di fronte alla pochezza di chi, evidentemente, pensa in modo sconsiderato che bastino i soli interventi aerei a spegnere un incendio, e che, perciò stesso, ricopre un ruolo di gestione di qualcosa di cui non ha competenza e tantomeno amore.
Il problema è specificatamente nostro, tanto da sentirci ormai introdotti in quell’ottica di estinzione per “soffocamento” e mancato rinnovo.
Tuttavia il disastro è generale e non vi è ufficio, corpo, attività pubblica, in questa Italia violata, che possa dirsi in perfetta forma. Sanità, Scuola, Sicurezza pubblica, Giustizia, versano nelle peggiori condizioni da trent’anni a questa parte. Risultato, appunto, di oltre trent’anni di “sapienti” politiche a discapito dei cittadini comuni. 
Politiche di austerità e di cinismo economico neoliberista (che, infine, ha comprato persino chi un tempo vi si opponeva) hanno portato a questo e, forse, se non vi è una inversione di tendenza, anche ad altro ancora peggiore.
Quel che conta, per questa visione del mondo, è guadagnare, sbranarsi economicamente, parassitizzare, in un cieco parossismo che vorrebbe dare un prezzo svalutato ad ogni cosa, misconocendo il valore senza prezzo delle cose e degli uomini.

Ecco, perciò, l’avanzare dei disastri ambientali, sociali, esistenziali.

Il danaro è una metafora e chi lo idolatra non può che essere una metafora d’uomo. 
A predominare, in questo modo, è solo l’ombra dell’umanità: un’umanità regredita ad ingranaggio di un sistema che si autoalimenta della sua logica svalutante, annichilente: 
sub-umana.







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