25 marzo 2019

L'INTERVISTA A CLAUDIO FAVA, PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA. "MUSUMECI, NON BASTA L'ONESTÀ. INDAGATI, NE VOGLIAMO PARLARE?"


Dal sito livesicilia.it

di Accursio Sabella
Le ultime inchieste e la massoneria, l'Ars, Lombardo e il governo regionale. Parla il presidente della commissione antimafia Claudio Fava

Indagini, arresti, piccoli e grandi scandali. La mafia, il voto di scambio, la massoneria. Sono stati giorni caldissimi per la politica e la cronaca giudiziaria siciliana. Dalle inchieste sulla Formazione professionale a quelle sulle elezioni nel Palermitano, fino all’ultimo “caso” svelato dalla Procura trapanese e che ha prodotto 27 arresti coinvolgendo deputati, ex deputati, assessori e poliziotti.
Il presidente della Commissione antimafia Claudio Fava nei giorni scorsi ha lanciato un appello: “Non nascondiamoci, ma affrontiamo la questione in parlamento”.

La questione, per l’esattezza, è la questione morale. Ci risiamo, onorevole Fava?

“Credo che dalla questione morale in realtà non siamo mai usciti. Ormai appare come un aspetto strutturale della politica siciliana. Più la trascuri, più questa diventa urgente. Pensare che tutto sia fisiologico, tacendo e sottovalutando, produce solo danni”.

È vero che i casi recenti sono tanti. Ma è anche vero che sono molto diversi.

“E anche a questo servirebbe una discussione aperta, trasparente. A distinguere le singole situazioni. Ma non si può nemmeno correre il rischio di minimizzare quello che sta accadendo, limitandosi a esaminare i casi uno per volta”.

E allora come si analizza questa situazione? Questo dilagare di inchieste e di indagati nella politica siciliana?

“Intanto tenendo ben a mente i numeri. Oggi, se non sbaglio, un quarto del parlamento è composto da deputati indagati. Non si può dire che la media rispecchi quella della società. Poi è chiaro che chi amministra è maggiormente esposto al rischio giudiziario. Ma insieme ai comportamenti solo superficiali, c’è molto altro”.

E la politica, dice lei, dovrebbe affrontare la questione a Sala d’Ercole.

“Certamente. Ne vogliamo parlare? Lo dico a Micciché e lo dico anche a Musumeci. Se non ne parliamo, se non ne discutiamo, se non abbiamo la capacità e l’occasione di distinguere e capire, non ci resta che lasciare lo spazio alla piazza, alle forche. E io non voglio né la piazza, né le forche”.

Lei fa riferimento a Musumeci. Anche, immagino, per il coinvolgimento in alcune inchieste di quattro suoi assessori.

“Certamente. Musumeci non può far finta di niente, come se non fosse lui il presidente. Questi fatti rischiano di minare l’autorevolezza di una giunta che non può lavorare accompagnata da questi dubbi”.

A cosa può portare una discussione in parlamento?

“L’obiettivo è proprio quello di discuterne. Poi è chiaro che l’Ars non può sostituirsi alle Procure. Le faccio un esempio”.

Prego…

“… uno degli argomenti da affrontare sarebbe quello che riguarda un assessore in carica. I fatti contestati a Lagalla riguardano la sua precedente attività di rettore, quindi non hanno a che vedere col suo attuale ruolo politico. Ma possiamo chiederci se ‘regalare’ una borsa di studio sia oppure no un problema morale?”.

Torniamo a quel punto: distinguere i casi l’uno dall’altro.

“Certo. È ovvio che il caso di un deputato, in quel periodo addirittura componente della commissione antimafia, che crea una loggia utile a tenere in piedi affari e spartizioni di nomine sia assai diverso da altre vicende”.

A proposito: Lo Sciuto non è l’unico deputato che abbia fatto parte della Commissione antimafia a essere stato raggiunto da una indagine e da accuse molto gravi. Che segnale è questo? Il fatto che gli indagati possano sedersi anche in una Commissione che dovrebbe rappresentare la garanzia massima all’interno del parlamento siciliano?

“Il problema è uno: la commissione Antimafia, come le altre commissioni, rispecchia il parlamento stesso. Sono i partiti a indicare i componenti della commissione stessa. In Antimafia, quindi, può esserci una quota ‘fisiologica’ di indagati, rispetto all’intero parlamento. Però anche qui dobbiamo fare molta attenzione: una cosa è la vicenda di Lo Sciuto, altra cosa sono le vicende, ad esempio, di Pellegrino e Lupo, che si sono anche autosospesi dalla commissione”.

Cosa l’ha impressionata maggiormente di questa inchiesta trapanese?

“Una spregiudicatezza che non ha paragoni. E che, proprio per questo, ci deve spingere a non fare di tutta l’erba un fascio. E a discuterne apertamente, lo ripeto”.

Anche di massoneria, immagino. Lei è stato il promotore di una legge per chiedere ai massoni in politica di venire allo scoperto. Alla luce di queste indagini, quella legge appare di stretta attualità.

“Evidentemente avevo ragione. E vorrei precisare una volta di più che non è una legge contro l’istituto della massoneria, ma contro l’uso distorto che a volte si fa di alcuni principi di questa associazione. A cominciare dall’obbedienza e dalla segretezza che diventano, per alcuni, il collante utile a tramare, a trafficare”.

I gruppi ristretti, le associazioni e le lobby che influenzano la gestione della ‘cosa pubblica’. Qualcosa in comune col cosiddetto ‘sistema Montante’ che avete descritto pochi giorni fa nella relazione conclusiva della commissione Antimafia?

“Sì, la logica è più o meno la stessa del cerchio magico di Montante che però era assai meno rozzo del ‘cerchio minimo’ di Lo Sciuto. Il tratto comune è però l’esistenza di un luogo occulto nel quale portare, dopo averle rapinate dai loro legittimi luoghi, le funzioni pubbliche”.

Un vecchio dilemma si ripropone alla luce delle ultime inchieste. Di chi è davvero la colpa di questa situazione generale? Possibile che la responsabilità sia solo del politico e dell’amministratore e mai del cittadino che li sceglie, a volte svendendo il proprio voto?

“La colpa è, in generale, di chi ritiene che tutto abbia un prezzo e che tutto possa essere venduto. Esiste però un ceto politico che è stato già condannato dalla storia e che invece continua a ricevere una legittimazione. Manca la capacità della politica di avere una funzione, un ruolo autonomi”.

Ci può spiegare meglio?

“Sì, lo faccio con un esempio. A un ex presidente della Regione come Raffaele Lombardo è stato concesso di ‘dare le carte’ anche nel corso di questa legislatura. Tutti lo sanno, tranne gli idioti. So che non gradirà queste parole, ma è così. E ovviamente, in questa operazione non è da solo”.

A chi si riferisce?

“Penso a chi issa continuamente le bandiere dell’onestà e poi le ammaina di fronte ai capibastone”.

Si riferisce al presidente Musumeci?

“Certo, mi riferisco a lui. L’onestà va declinata anche sapendo, ogni tanto, dire di ‘no’”.

Fonte: livesicilia.it





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