di Salvino Carramusa
L’ estate di fuoco del 2017 è stata tra le più devastanti che la storia della Sicilia ricordi.Sul Giornale di Sicilia di ieri, 22 luglio 2018, in un articolo di Letizia Barbera viene riportata la notizia che “ i Carabinieri hanno notificato una ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari ad un pensionato di settanta anni (nel titolo si parla di un ottantenne..) per incendio boschivo doloso aggravato e disastro ambientale”.
..” E’ la prima volta che in Sicilia viene contestato il reato di disastro ambientale pluriaggravato, e quantificato in più di 3000.000 di euro”.
Gli eventi oggetto della inchiesta della Procura di Messina risalgono al 2017 (l’estate di fuoco). Gli elementi probatori sono molto consistenti, ma bisognerà attendere la conclusione del procedimento penale in ogni sua fase per avere la certezza o meno della colpevolezza dell’indagato.
L’azione giudiziaria per contrastare i reati ambientali è preziosa, ed è auspicabile che si estenda in quantità e qualità per ottenere risultati sempre più significativi.
E’ auspicabile altresì che si rompano i muri del silenzio, che vi sia una maggiore collaborazione dei cittadini e degli operatori del settore forestale/ ambientale ( a tutti i livelli ), con segnalazioni e denunce circostanziate e suffragate da fatti attendibili.
Tuttavia, anche qui, l’azione giudiziaria da sola non basta. Basta soffermarsi sull’articolo citato, scomponendolo ed analizzando i vari elementi della cronaca ed integrarlo con riflessioni pertinenti per capire, nella fattispecie, alcune delle lacune e dei deficit del sistema prevenzionale. Non è difficile indurre dal caso particolare circostanze comuni a tanti altri disastri.
a) “ Il pensionato il giorno prima dell’incendio aveva fatto dei lavori di scerbatura su dei roveti che infestavano i confini di un fondo di sua proprietà. Il 9 luglio 2017 ( il 9 luglio !!! ), verso le 9.30 ha dato fuoco ai cespugli di rovi tagliati. E’ stato l’inizio di giorni infernali. Quella mattina soffiava un forte vento, ben presto il pensionato non ha saputo più controllare il fuoco, tanto che, spaventato, si è allontanato senza chiedere l’intervento dei soccorsi “.
Ferme restando le sue responsabilità (in corso di definitivo accertamento), salta agli occhi come la mancata applicazione delle ordinanze sindacali (dei Sindaci) nei tempi stabiliti e con metodi compatibili, sia stato il fattore oggettivo che ha concorso a determinare l’incendio. Il pensionato ed il proprietario del fondo confinante avrebbero dovuto eseguire quei lavori di scerbatura, ovvero le strisce taglia fuoco, nei tempi e nei modi consentiti. L’Autorità Comunale e le Autorità Forestali e di Polizia preposte avrebbero dovuto controllare affinchè ciò avvenisse.
Sia in questo che in tutti gli altri casi, una adeguata sorveglianza territoriale delle squadre A.I.B. e della Pretezione Civile (con automezzi ed a piedi), specie nei giorni di massima allerta e nei siti sensibili, forse avrebbe potuto impedire (la presenza nel territorio funge da deterrenza) o limitare gli eventi attraverso interventi tempestivi di spegnimento.
Lo scorso anno in Sicilia, complice un clima torrido ed insopportabile, il fuoco (appiccato da criminali e innescato da negligenti) ha trovato autostrade libere nei tanti fondi incolti, ma anche in quelli gestiti (pascoli, seminativi, coltivazioni arboree, ect) senza le necessarie misure di prevenzione ( strisce tagliafuoco ). Peggio quando appartengono ad Enti ed Istituzioni..!
Quell’incendio arse la terra per 2 giorni: “Un gran lavoro per Carabinieri, Polizia di Stato, Protezione Civile, Corpo Forestale (e le relative Squadre Antincendio Boschive composte da lavoratori forestali a tempo determinato),Vigili del Fuoco e l’intervento degli aerei canadair. Fu necessario evacuare il personale e gli animali della Facoltà di Veterinaria! Spinte dal forte vento le fiamme si divisero su due fronti: uno nel costone di Monte Ciccia e l’altro nella zona di Portella Castanea. Finirono in fumo 550 ettari di terreno e fu distrutto tutto il Demanio dell’Annunziata “.
b) Non si evincono dall’articolo tutti i possibili motivi per cui l’incendio è penetrato nel Demanio dell’Annunziata. L’Amministrazione Forestale è uno dei pochi soggetti (tra pubblici e privati ), che hanno responsabilità in materia di tutela del territorio, che ripulisce parafuochi ed aree a rischio. Spesso con differimenti significativi, dovuti in primo luogo ai ritardi con cui viene approvato il Bilancio della Regione. Ma ci possono essere anche aspetti progettuali (larghezza del parafuoco in rapporto alle pendenze) e gestionali che influiscono su una minore efficacia delle barriere antincendio, specie quando il vento è caldo e spira forte. Ipotesi simili si possono supporre per tutte le altre superfici boscate demaniali che lo scorso anno sono state percorse da incendi provenienti da aree limitrofe. Altra storia è, purtroppo, quella degli appiccamenti interni ai demani o in prossimità estrema degli stessi, che è quasi la stessa cosa.
Dall’articolo non si evincono neanche tutti i motivi per cui il fuoco ha avuto ragione di tante forze a terra (ed aeree) per 48 ore. Le condizioni climatiche sicuramente l’hanno fatta da padrone, ma si può immaginare che insufficienza di uomini, mezzi, D.P.I., deficit organizzativi, abbiano avuto un ruolo robusto.
Sappiamo come è andata lo scorso anno, in tutta la Sicilia, riguardo a carenze di mezzi, uomini, D.P.I. , in particolare per le squadre Anti Incendio Boschive della nostra Regione.
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Ma soprattutto ancora non si vede quel sistema coordinato di prevenzione e controllo che consenta:
a) la applicazione delle ordinanze sindacali per la ripulitura dei terreni, specie in prossimità dei siti sensibili;
b) la sorveglianza dinamica del territorio anche attraverso sinergie tra Corpo Forestale, Protezione Civile, squadre ed operatori Addetti alla Prevenzione e Repressione degli Incendi Boschivi.
Palermo lì - 23 luglio 2014
Salvino Carramusa
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