10 febbraio 2018

STIPENDI D'ORO ALL'ARS, SCOPPIA IL CASO POLITICO. BOTTA E RISPOSTA SCIMÈ-SCORDATO-MICCICHÈ



09 Febbraio 2018
Il segretario generale del Parlamento risponde al prete dell'Albergheria che insieme con la conferenza dei vescovi ha lanciato l'appello contro gli sprechi della politica. La controreplica: "Basta con questi giochetti, c'è gente che muore di fame". Il presidente: "Nessuno taglia come noi"

di GIUSI SPICA
Non gli sfugge - assicura - "lo stridente contrasto" tra povertà dilagante e ricchezza del Palazzo e si dice pronto a fare la sua parte per reintrodurre i tetti agli stipendi, insieme con gli altri 176 dipendenti dell'Assemblea regionale siciliana. Ma non ci sta ad essere giudicato con un "processo mediatico" e chiede "rispetto" per gli "sforzi" che lui e i suoi colleghi stanno facendo per contenere la spesa. Fabrizio Scimè, segretario generale dell'Ars, rispende con una lettera aperta a Cosimo Scordato, il prete dell'Albergheria che insieme con altri parroci di frontiera, le associazioni di volontari e la comunità religiosa di San Francesco Saverio ha lanciato l'idea di dibattito pubblico da organizzare subito dopo Pasqua con il governatore Nello Musumeci e il presidente dell'Ars Gianfanco Miccichè per parlare di sprechi della politica, a partire proprio dalle buste paga a sei cifre dei dipendenti del Parlamento siciliano.  A stretto giro arriva la controreplica di don Cosimo: "Ora basta con questi giochetti. I burocrati dell'Ars sono riusciti a salvaguardare loro stessi con stipendi altissimi. Non ho mai pensato di fare un processo pubblico, però mi chiedo come facciano a convivere con tutto questo mentre c'è gente che muore di fame?".

La lettera aperta: "Stop processi". "Svolgo quest'incarico da tre anni e mezzo - scrive il il superburocrate - con passione, impegno e, non ci crederà, orgoglio. lo non ho il piacere di conoscerla, ma so che lei è impegnato, in uno dei quartieri più poveri e difficili di Palermo, in una meritoria opera di lotta alla povertà e al disagio sociale per la quale non le saremo mai a sufficienza grati. Capisco quindi bene il motivo per cui da qualche settimana lei ha deciso di dedicare la sua attenzione alla vicenda che riguarda gli stipendi dei dipendenti dell'Assemblea, utilizzando sapientemente tutti i mezzi di comunicazione compresa la partecipazione in diretta a trasmissioni televisive. Mi rendo ben conto dello stridente contrasto tra la povertà che lei sperimenta ogni giorno e la ricchezza del Palazzo. E con me se ne rendono conto i dipendenti dell' Assemblea, tanto che proprio in questi giorni siamo impegnati in una delicata trattativa per introdurre nuovi limiti stipendiali". Scimè chiede a Scordato un passo indietro: "Capisco che lei, per il ruolo che svolge, possa e debba invitare tutti noi al senso di responsabilità. Non capisco invece come lei pensi di poter intervenire, come leggo su Repubblica di ieri, sul merito di una materia estremamente tecnica e complessa come quella del rapporto di lavoro di una categoria di dipendenti pubblici. Devo confessarle, e non in segreto, che sono rimasto sconcertato. Addirittura lei pensa, a quanto leggo, di convocare una pubblica adunanza in cui esaminare i contenuti del nostro contratto di lavoro e proporre modifiche. Capisco che la questione è oggetto di pubblica discussione e di dibattito politico, però a ciascuno il suo mestiere, e quello, noioso, della disciplina dei contratti di lavoro, con i possibili strascichi giudiziari, spetta agli uffici legali. E questo è proprio quello che stiamo facendo".

Poi difende la trattativa in corso tra ufficio di presidenza e sindacati, che martedì hanno preso tempo per esaminare la proposta di reintrodurre i tetti ma a patto di ricevere extra per notturni e festivi: "Stiamo cercando di introdurre limiti stipendiali a contratti in corso preoccupandoci di contemperare le esigenze di solidarietà e contenimento della spesa con i diritti dei lavoratori. Si tratta di personale assunto soltanto attraverso concorsi pubblici particolarmente selettivi (quello al quale partecipai io, ad esempio, era per 11 posti e fummo assunti in dieci), che garantiscono elevata professionalità ed efficienza, al servizio terzo ed imparziale di una istituzione che deve saper svolgere un ruolo di contraltare rispetto a quello del governo. Le retribuzioni sono previste da norme vigenti da oltre 30 anni, e per gli assunti dal 2013 sono già notevolmente ridotte rispetto al passato. Anche questo personale, lei non stenterà a crederlo, gode dei medesimi diritti e dello stesso livello di tutela spettanti a tutti i lavoratori. Capirà bene allora lo sforzo di ottenere il risultato dell'introduzione di tetti agli stipendi riducendo al minimo la possibilità di ricorsi, che potrebbero avere un esito sfavorevole per le casse dell'Assemblea". Il passaggio finale è un contrattacco: "Noi speriamo che il nostro impegno sia riconosciuto ed apprezzato. Le sue parole ci dicono invece il contrario. Da questo pubblico processo condotto a mezzo stampa, una specie di mediatico autodafé, risultiamo colpevoli di non fare mai abbastanza, di essere il simbolo di tutte le nefandezze, la causa della grave situazione economico sociale che affligge la nostra isola. È necessaria maggiore cautela nell'affrontare questo argomento; e anche maggiore rispetto, che oggi sembra quasi esserci del tutto negato. Tutto ciò ci ferisce, ma noi faremo comunque la nostra parte".

Il prete: "Lo invito a un incontro pubblico". "Non ho ancora ricevuto la lettera dall'alto burocrate - spiega don Scordato - Ma non appena la riceverò gli risponderò per educazione, potrei anche chiedergli un incontro pubblico". Ma tiene anche a precisare: "Sa quanto prende il nostro arcivescovo? Appena 1.200 euro al mese. Eppure noi ci sentiamo dei privilegiati. Loro non solo prendono stipendi altissimi ma non vogliono neppure avere il tetto ai 240 mila euro l'anno - dice - è vergognoso. Non solo bisognerebbe abbassare i tetti ma proprio gli stipendi". E spiega: "Neppure sapevo dell'esistenza di questi tetti, se non ne avesse parlato il presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè dopo la sua elezione. Ma non si può restare in silenzio di fronte a tutto questo. E' scandaloso se pensiamo che siamo la regione più povera d'Europa. E loro pensano solo a salvaguardare i loro stipendi". "Insomma - dice ancora - ma questi signori da che parte stanno? Basta con questi giochetti". Subito dopo l'insediamento di Gianfranco Miccichè all'Ars, don Scordato aveva scritto una lettera aperta al numero uno di Palazzo dei Normanni, Gianfranco Miccichè, che aveva detto di essere contrario al taglio agli stipendi. Oggi la lettera del segretario generale Scimè che lo invita a un "maggiore rispetto". Don Scordato non demorde: "Quello che fanno è scandaloso nei confronti dei siciliani e della povertà".

Miccichè: "Nessuno taglia come noi". Il presidente dell'Ars, Gianfranco Miccichè, che finora si è astenuto da ogni commento sulla trattativa in corso per la riduzione degli stipendi dei burocrati di Palazzo dei Normanni, ha deciso di rompere il silenzio per replicare
 a don Cosimo Scordato, parroco di San Francesco Saverio di Palermo. "Caro don Scordato - dice Miccichè - ho esitato finora ad intervenire sulla vicenda dei tetti degli stipendi dei dipendenti dell'Ars, ma vorrei ricordarle che qui non scherza nessuno e che ci sono persone che si stanno riducendo le retribuzioni autonomamente, senza alcuna legge che lo imponga. In nessun'altra parte d'Italia si stanno riducendo gli stipendi come all'Ars".

Fonte: palermo.repubblica.it




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