09 Febbraio 2018
A stretto giro arriva la missiva di risposta dei quattro sacerdoti di frontiera palermitani al superburocrate che li accusa di aver aperto un processo mediatico contro i dipendenti del Parlamento con buste paga a sei cifredi GIUSI SPICA
Chiedono "scusa" se hanno dato l'impressione di aver mancato di rispetto a qualcuno, ma rilanciano sul tema del taglio alle indennità aggiuntive e chiedono alla politica di ridurre le disuguaglianze di retribuzione tra lavoratori. Con una lettera composta nei toni ma ferma nel ribadire le istanze che vengono dalla società civile, i quattro preti di frontiera che hanno lanciato l'appello contro gli sprechi della poltica rispondono al segretario generale dell'Ars Fabrizio Scimè che stamattina ha scritto una missiva a don Cosimo Scordato, il sacerdote dell'Albergheria tra i promotori delle iniziative anticasta. Ecco il testo firmato da don Rosario Giué, don Franco Romano, don Cosimo Scordato e don Francesco Stabile.
"Caro dottor Fabrizio Scimè, la ringraziamo della lettera che ci ha fatto pervenire per mezzo stampa e brevi manu e che ci consente di potere offrire qualche chiarificazione su quanto da lei affermato. In primo luogo le e vi chiediamo scusa se, al di là del nostro intendimento, la campagna che stiamo portando avanti con un gruppo di persone (preti, laici, associazioni) possa sembrare di avere mancato di rispetto nei confronti del lavoro che state facendo. Non è questa la nostra intenzione. Non ci siamo permessi, però, di dire quanto ci attribuisce quando lei afferma: 'risultiamo colpevoli di non fare mai abbastanza, di essere il simbolo di tutte le nefandezze, la causa della grave situazione economico sociale che affligge la nostra isola'. Piuttosto, abbiamo evidenziato (ed è quello che ci ha spinti a scrivere ormai settimane fa) che l’orientamento a togliere il tetto degli stipendi (già enormi!), manifestato fin dall'inizio della legislatura a livello politico, ci era parso inopportuno, se non addirittura scandaloso, a fronte di una situazione socio-economica che pone la Sicilia all'ultimo posto a livello europeo. Prendiamo atto con piacere di quanto sta avvenendo negli ultimi giorni, l’aprire cioè una seria riflessione sulla questione da noi posta. Siamo contenti che voi, come Lei stesso ci ricorda: state 'cercando di introdurre limiti stipendiali a contratti in corso preoccupandoci di contemperare le esigenze di solidarietà e contenimento della spesa con i diritti dei lavoratori'.
Non possiamo che apprezzare questo orientamento ‘politico’ ed etico. Tuttavia (ma volentieri gradiremmo di essere smentiti), abbiamo l’impressione che alcune sigle sindacali di categoria vogliano fare rientrare dalla finestra quello che fanno uscire dalla porta, non assumendo anche loro la richiesta di una svolta fino in fondo. Riteniamo che il lavoro vada retribuito, ma ci chiediamo se l’introduzione dei limiti non possa riguardare anche gli straordinari non necessari allo svolgimento dei lavori dell’Assemblea, utilizzando al meglio le 6/7 ore al giorno, e possa riguardare anche le indennità di dirigenti e funzionari, riducendo il numero delle persone che realmente svolgono ruoli apicali di vera responsabilità e produttività.
Il punto più delicato, come Lei ricorda nella sua lettera, è quello dei contratti di lavoro, che certo non hanno origine oggi. Ma essi possono essere criticati se portano a fasce stipendiali, a nostro parere, spropositate e ingiuste. In ogni caso, le assicuriamo, che nessuno di noi ha pensato di “fare un pubblico processo condotto a mezzo stampa, una specie di autodafé”. Se i mass-media hanno ripreso la questione più volte forse ciò è solo segno del fatto che il problema è ben sentito nell’opinione pubblica siciliana, oltre le nostre semplici persone. Ma ciò non dipende da noi!
Facciamo, infine, sinceramente appello alla “elevata professionalità ed efficienza” da Lei richiamata perché i responsabili sul piano politico e gli altri soggetti coinvolti possano trovare la soluzione giuridica adeguata, che si muova in direzione di compensi omologati a quelli delle altre regioni d’Italia; e, ancora più auspicabilmente, vicini agli stipendi dell’impiegato e del
lavoratore medio italiano e degli altri impiegati regionali, senza distinguere tra lavoratori di serie a, b., c... Noi questo auspichiamo: un trattamento economico che faccia sentire sempre di più la prossimità tra tutti i lavoratori e le lavoratrici. Nella nostra Isola non dovrebbero esserci così larghe sperequazioni! Solo così si darà un segnale nella direzione di una Sicilia davvero "bellissima", come vorremmo condividere con voi. Con rispetto.
Fonte: palermo.repubblica.it
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