16 febbraio 2018

MUSUMECI, I PRIMI 100 GIORNI DA PRESIDENTE: «LA TENSIONE MI TOGLIE IL SONNO, MA BONIFICHERÒ LA REGIONE»

Nello Musumeci, presidente Regione Sicilia [foto di Orietta Scardino]

15/02/2008
Forum nella redazione del quotidiano La Sicilia con il governatore siciliano che parla a 360 gradi: dall'emergenza rifiuti, alle infrastrutture, alla lotta contro il malaffare

Catania - Da Milano (alla Bit ha incassato il boom turistico dell’Isola) a Roma (per incontrare il ministro De Vincenti, attivando una task force per accelerare la spesa dei fondi Ue) fino a Catania. Dove, alla vigilia della visita del premier Gentiloni, il presidente della Regione fa un bilancio dei suoi primi cento giorni di governo. Nello Musumeci, ieri pomeriggio, ha preso parte a un forum con La Sicilia.

L’emergenza rifiuti, com’era prevedibile, è una delle priorità più difficili da affrontare.

«Non conosco il testo dell’ordinanza di protezione civile del governo nazionale e i poteri che avrò. La strategia del governo regionale è chiara: affrontare l’emergenza significa scongiurare il collasso delle discariche, che hanno un’autonomia di 7-8 mesi, attivando gli impianti già autorizzate ma inspiegabilmente non aperti. E, come vuole il governo nazionale, dirottando fuori dall’isola meno della metà dei rifiuti per poter arrivare a gennaio-febbraio 2019. Nel frattempo avremo il piano regionale dei rifiuti, recuperando 180 milioni non concessi dall’Ue e una legge per porre fino al calvario di Ato e Srr dando la governance alle Province. Così si potrà determinare un modello di gestione del ciclo dei rifiuti che nasca e muoia nella stessa provincia».


A quell’epoca ci sarà ancora il posto di assessore ai Rifiuti libero? Quando ha intenzione di nominare Alberto Pierobon?

«Proprio ieri (martedì per chi legge, ndr) Pierobon mi ha inviato una mail nella quale mi dice di aver sciolto la riserva e di essere disponibile ad assumere l’incarico di assessore regionale. È all’estero, mi ha chiesto qualche giorno per rientrare. Nel frattempo prepareremo gli atti per formalizzare la nomina».

Ha detto di voler ritornare alle Province, affidando agli enti intermedi ancora più competenze. Aspetterà la pronuncia della Consulta sull’impugnativa di Palazzo Chigi o si può subito fare una riforma all’Ars?

«Una legge sulle competenze si può fare anche subito, a prescindere dal tipo di elezione oggetto del contenzioso. Io vorrei fare una legge che comprenda entrambi gli elementi, ma se, come pare, la Corte Costituzionale farà conoscere la propria nel mese di luglio, noi attiveremo un disegno di legge che consenta di trasferire le nuove competenze: gestione di acqua e rifiuti, edilizia popolare e turismo».

Anche le aree industriali sono disastrate. Intende riformare anche l’Irsap?

«L’Irsap è stato un fallimento. Le aree industriali non danno le condizioni minime per chi vuole insediarsi e investire. Il rimedio, con la soppressione delle ex Asi, è stato peggiore del male. Eliminerò il carrozzone Irsap. Ma bisogna capire se creare un’agenzia regionale per le aree industriali o se invece, essendo ambiti territoriali ben definiti, affidare anche queste competenze alle Province».

Com’è andato l’incontro col ministro De Vincenti? Sui fondi Ue siamo davvero indietro?

«È stato posto l’accento sul notevole ritardo degli anni precedenti. Abbiamo, infatti, ereditato una situazione pesante perché dal 2014 a oggi, durante il governo Crocetta, non è stato fatto molto, forse neanche il minimo necessario. Entro il prossimo 31 dicembre, dobbiamo certificare oltre 750 milioni di euro del Fondo di sviluppo regionale, mentre ne risultano spesi appena sette.Per il Patto per la Sicilia, che vale 2,3 miliardi, in particolare, si procederà a rimodulazione del Parco progetti, circa 1.500, per evitare un’eccessiva polverizzazione della spesa. Sarà costituita una task force ministero-Regione. Da qui al 2020 dovremo spendere 5 miliardi. Un’occasione che una terra povera come la Sicilia non può farsi sfuggire».

Sul Ponte ha detto: «Non è l’opera più importante». È un mezzo passo indietro?

«Se fosse dipeso da me, avrei messo la prima pietra il giorno dopo il mio insediamento. Ho detto che il Ponte, e lo dico da trent’anni, è un’opera importante ed essenziale per la Sicilia. Noi abbiamo aperto un’interlocuzione con l’Anas per capire l’orientamento sul Ponte. È una priorità del mio governo avviare col nuovo esecutivo nazionale, qualsiasi sarà il suo colore, un confronto e su questo tema vorrò confrontarmi col collega governatore della Calabria per intervenire con lo stesso passo».

Anche sulle Zes dei porti siciliani c’è un’interlocuzione con De Vincenti?

«Proprio oggi (ieri per chi legge, ndr) ne ho parlato col ministro. Stiamo aspettando la pubblicazione della legge, che è alla Corte dei conti per la registrazione e ci incontreremo di nuobo per verificare le condizioni di attuabilità. Le Zes saranno attive per i porti di Catania e Palermo, ma dobbiamo capire come muoverci sulle richieste di Messina, Gela, Termini Imerese, Porto Empedocle».

Da Milano è tornato rinfrancato. L’Isola è al top delle destinazioni turistiche.

«Malgrado le tante negatività, la Sicilia resta una delle mete più attrattive. E ciò non è certo merito del lavoro delle classi dirigenti che si sono succedute. Vorrei si aggiungesse una capacità strategica del governo regionale e degli attori pubblici e privati. Bisogna riformare il settore con una legge che definisca competenze e settori, investire sulle infrastrutture, migliorare la qualità dei servizi, programmare il calendario degli eventi e avere un logo unico per la promozione unica. Io uno l’ho proposto: Sicilia, il Paradiso in Terra. Qualcuno mi diceva: ma i musulmani potrebbero essere contrariati. Poi, però, mi hanno spiegato che anche i musulmani hanno il loro paradiso... E poi trovare importanti interlocutori: a partire dalla Cina. Crocetta fece fare sei ore di anticamera, io se vengono potenziali investitori cinesi li vado a prendere in aeroporto...».

A proposito di aeroporti. Fontanarossa ha raggiunto l’ennesimo record di passeggeri. La Regione sosterrà lo sviluppo dei progetti, a partire dall’interramento della ferrovia per allargare la pista?

«Io non voglio sembrare il bastian contrario. Ma l’aeroporto di Catania, quando toccherà quota 12 milioni di passeggeri, sarà al collasso. Non avrà più dove andare, perché essendo concepito nel 1924, mancano i sub-sistemi in un’area non più suscettibili di ulteriori allargamenti. E allora mi chiedo: che senso ha spendere 280 milioni per interrare la ferrovia di Bicocca e allargare la pista, quando si può pensare che in sei-sette anni si può costruire un grande scalo aeroportuale nel cuore della Sicilia».

Sta rievocando il suo sogno di un aeroporto internazionale a Gerbini?

«L’ho proposto nel 1998, il vostro giornale mi dedicò una pagina. Dobbiamo pensare a uno scalo che per i prossimi cinquant’anni sia attrezzato per ospitare decine di milioni di persone che partono e arrivano. Non è un sogno, ma qualcosa di più. Fra un po’, quando avrò in mano alcuni studi tecnici, ne riparleremo...».

Intanto Fontanarossa c’è e cresce. È d’accordo all’ipotesi di privatizzazione di Sac?

«La privatizzazione è necessaria. Io parlerò col presidente di Enac, Vito Riggio, per chiedergli come lui immagina lo scenario fra dieci anni. Io, da presidente della Regione, ho il dovere di pormi il problema dell’angustia del sistema aeroportuale siciliano. La privatizzazione di Catania e Palermo è fondamentale, così come è necessario sciogliere il nodo degli aeroporti minori, che non non possono più essere schiavi dei capricci o della sete di profitto delle compagnie aeree».


L’altro suo sogno, quello di una compagnia aerea siciliana, resta sempre nel cassetto.

«Ci sono imprenditori interessati, ne stiamo parlando. Ma ormai con la globalizzazione non è così facile. Anche i cinesi, tanto per fare un esempio, potrebbero essere interessati a fare una low cost che colleghi l’Isola col resto d’Italia. Ma dobbiamo far prevalere lo scopo sociale: chi parte dalla Sicilia lo fa per necessità e non per diletto. Bisogna tutelare il diritto alla mobilità dei nostri cittadini. Poi se il gatto è nero o bianco a me poco importa, l’importante è che prenda i topi».

Le inchieste giudiziarie ci raccontano ogni giorno di una continua permeabilità dei palazzi, anche regionali, alla corruzione. C’è un modo per arginarla?

«Il primo passo è stata la rotazione dei dirigenti regionali. Credo di avere operato un’innovazione senza precedenti. Più della metà dei direttori è stata spostata: niente più padri-padroni nei dipartimenti regionali, con verifica a un anno e contratti di due anni. Nessuno può sentirsi protetto o sicuro: non ci sono né padrini né tutori politici. Ognuno riceverà quello che avrà dato. Per il resto l’allargamento delle competenze della commissione Antimafia anche alla corruzione è un altro strumento

Monta la polemica sulla rimozione di Antoci dal Parco dei Nebrodi.

«Ho paura di coloro che ostentano il proprio impegno antimafia. Ho tanta paura...».


Antoci ha detto che ora sa da che parte sta Musumeci...

«Musumeci, che è scampato a un attentato mafioso nel 1995, sta dalla parte dello Stato da molto prima che Antoci scegliesse questa posizione e non ha mai fatto né uno scudo né uno strumento per fare carriera. Lui è diventato presidente del Parco dei Nebrodi non perché ha vinto un concorso né per meriti speciali, ma soltanto per una scelta politica adottata dal suo partito di appartenenza: il Pd. Lo stesso partito che non ha candidato Antoci alle Politiche e che ha voluto la legge sullo spoil system, che consente ai governi successivi di revocare qualsiasi nomina. Un metodo che è stato adottato dal mio governo, senza alcuna eccezione, per i vertici di tutti gli enti regionali. Antoci ha lavorato bene, il patrimonio positivo del suo protocollo non sarà disperso. Ma perché avremmo dovuto tenere soltanto Antoci? Gli altri sono mafiosi e lui è l’unico antimafioso? Qualcuno mi vuole dare una risposta?».

Oggi Salvini ha detto: «Il governo Musumeci è l’inizio di un cambiamento, ma per i miei gusti c'è ancora troppo passato».

«Concordo. Ma la rivoluzione, o meglio la bonifica, non si fa in due mesi».

Il leader della Lega forse si riferiva a qualche partner del centrodestra...

«Non so a cosa si riferisse. Ma non c’è dubbio che ancora persistono nei palazzi del potere - a Palermo - volti, metodi e mentalità che appartengono al peggiore passato».

Quanto tempo ci vorrà per liberarsi da questo passato?

«L’impegno mio è questo: fra cinque anni, non fra cinque mesi, chi verrà a guidare la Regione troverà un ente diverso da quello che ho trovato io».


Parliamo di elezioni politiche. Il suo movimento, #DiventeràBellissima, dopo il successo delle Regionali non ha avuto certo un posto al sole nelle liste.

«Non può averlo, perché a dettare le regole è la legge elettorale, che è infame. Una legge vergognosa, che non premia il merito ma che riconsegna alla partitocrazia il compito di controllare le istituzioni».

È per questo che il movimento del presidente della Regione s’è dovuto “imboscare” nelle liste di Fratelli d’Italia?

«Non siamo imboscati, perché sono tutti candidati autorevoli e conosciuti. La legge imponeva di allearci con un soggetto nazionale».

È una scelta politica di campo?

«No. Ognuno mantiene la propria autonomia. Fratelli d’Italia è utile a noi, noi cerchiamo di essere utili alla Meloni»

Insomma, non si può dire che il governatore della Sicilia è un esponente di FdI...

«Io ho una sola tessera, che è quella del mio movimento».

Cosa cambierebbe per lei, se il 5 marzo si risvegliasse col centrodestra a Palazzo Chigi?

«Per Nello Musumeci sarebbe un motivo di soddisfazione, da uomo di centrodestra. Per il presidente della Regione sarebbe un altro interlocutore istituzionale. E sarei un bugiardo, se dicessi di non aver trovato nel governo attuale ascolto e disponibilità».

Rino Nicolosi diceva che quando dormiva a Palermo aveva gli incubi. E le sue notti come sono?

«Non sapevo che l’avesse detto. Io vi confesso che da quando sono presidente non riesco più a dormire con serenità. Prima mi addormentavo e mi svegliavo dallo stesso lato del letto, adesso, dormendo nell’appartamento di Palazzo d’Orléans, mi sveglio 4-5 volte a notte. È la tensione, il peso della responsabilità. Penso sia comprensibile...».

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Fonte: www.lasicilia.it




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