di Rosario Battiato
Necessario l’aggiornamento dei Piani comunali, ma in Sicilia sono
assenti in un ente su due. Borrelli (Protezione civile): “Le
amministrazioni regionali si dotino di una flotta aerea”
PALERMO – I cambiamenti climatici mettono a rischio le città e gli abitanti, eppure la prevenzione continua a latitare. L’appello arriva direttamente da Angelo Borrelli, capo della Protezione civile, che ieri ha fatto il punto sulle emergenze ambientali e sull’assenza di strumenti regionali e comunali per contrastarle. Dati alla mano, la Regione siciliana e i comuni isolani sono tra i più distratti nell’attivare le operazioni richieste dalla legge.
Sugli incendi, del resto, la legge è molto precisa. La scorsa estate era stato il ministro Galletti a precisare le responsabilità della Regione siciliana in tre note inviate a Crocetta, nelle quali si faceva appunto riferimento alla legge quadro n. 353 del 2000 che ne definisce il ruolo nell’ambito dell’antincendio. L’ex governatore si era giustificato con l’assenza del Corpo forestale dello Stato che, nelle campagne antincendio degli anni precedenti, aveva messo a disposizione i propri elicotteri per fronteggiare le fiamme e che quest’anno, per effetto dell’accorpamento nell’Arma dei carabinieri, non aveva rinnovato la convenzione, lasciando la Sicilia scoperta di fronte all’emergenza.
Borrelli non fa nomi, ma si capisce bene che il messaggio viaggia verso Palazzo d’Orleans, e quello dell’antincendio sarà un altro dei temi irrisolti che Musumeci si troverà a dover affrontare. “È necessario – dice Borrelli – che tutte (le Regioni, ndr) si dotino della flotta aerea, che si faccia un monitoraggio costante del territorio e una serie di attività preventive, come ad esempio la realizzazione delle fasce tagliafuoco”.
A essere ripresa non è soltanto la Regione. Il capo della Protezione civile chiama in causa anche i comuni: “È necessario che i Comuni aggiornino i Piani di protezione civile e quelli che non li hanno ancora (sono il 14% del totale) devono dotarsi di questi strumenti fondamentali”. Anche in questo caso il riferimento è evidentemente rivolto ai comuni isolani. La media nazionale, infatti, è sin troppo generosa, dal momento che, stando ai dati aggiornati al 16 ottobre scorso, in Sicilia soltanto il 49% dei comuni ha un piano, cioè appena il 2,7% del totale nazionale. La media isolana è la più bassa d’Italia e contribuisce in maniera determinante a portare al ribasso anche il dato italiano.
E non si tratta solo di statistiche, perché il piano di protezione civile è uno strumento essenziale in quanto permette di gestire l’emergenza e di preparare la cittadinanza. “È paradossale – ha spiegato Borrelli – che i cittadini non sappiano i livelli di rischio presenti sul territorio dove vivono ed anche chi deve poi intervenire in caso di emergenza si trova poi in difficoltà”.
Il tempo non è mancato. È stata la legge n.100 del 12 luglio 2012 a contenere, infatti, un passaggio molto chiaro: “il comune approva con deliberazione consiliare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il piano di emergenza comunale previsto dalla normativa vigente in materia di protezione civile, redatto secondo i criteri e le modalità di cui alle indicazioni operative adottate dal Dipartimento della protezione civile e dalle giunte regionali”. Cinque anni dopo, un comune siciliano su due non ha ancora recepito la disposizione.
PALERMO – I cambiamenti climatici mettono a rischio le città e gli abitanti, eppure la prevenzione continua a latitare. L’appello arriva direttamente da Angelo Borrelli, capo della Protezione civile, che ieri ha fatto il punto sulle emergenze ambientali e sull’assenza di strumenti regionali e comunali per contrastarle. Dati alla mano, la Regione siciliana e i comuni isolani sono tra i più distratti nell’attivare le operazioni richieste dalla legge.
Sugli incendi, del resto, la legge è molto precisa. La scorsa estate era stato il ministro Galletti a precisare le responsabilità della Regione siciliana in tre note inviate a Crocetta, nelle quali si faceva appunto riferimento alla legge quadro n. 353 del 2000 che ne definisce il ruolo nell’ambito dell’antincendio. L’ex governatore si era giustificato con l’assenza del Corpo forestale dello Stato che, nelle campagne antincendio degli anni precedenti, aveva messo a disposizione i propri elicotteri per fronteggiare le fiamme e che quest’anno, per effetto dell’accorpamento nell’Arma dei carabinieri, non aveva rinnovato la convenzione, lasciando la Sicilia scoperta di fronte all’emergenza.
Borrelli non fa nomi, ma si capisce bene che il messaggio viaggia verso Palazzo d’Orleans, e quello dell’antincendio sarà un altro dei temi irrisolti che Musumeci si troverà a dover affrontare. “È necessario – dice Borrelli – che tutte (le Regioni, ndr) si dotino della flotta aerea, che si faccia un monitoraggio costante del territorio e una serie di attività preventive, come ad esempio la realizzazione delle fasce tagliafuoco”.
A essere ripresa non è soltanto la Regione. Il capo della Protezione civile chiama in causa anche i comuni: “È necessario che i Comuni aggiornino i Piani di protezione civile e quelli che non li hanno ancora (sono il 14% del totale) devono dotarsi di questi strumenti fondamentali”. Anche in questo caso il riferimento è evidentemente rivolto ai comuni isolani. La media nazionale, infatti, è sin troppo generosa, dal momento che, stando ai dati aggiornati al 16 ottobre scorso, in Sicilia soltanto il 49% dei comuni ha un piano, cioè appena il 2,7% del totale nazionale. La media isolana è la più bassa d’Italia e contribuisce in maniera determinante a portare al ribasso anche il dato italiano.
E non si tratta solo di statistiche, perché il piano di protezione civile è uno strumento essenziale in quanto permette di gestire l’emergenza e di preparare la cittadinanza. “È paradossale – ha spiegato Borrelli – che i cittadini non sappiano i livelli di rischio presenti sul territorio dove vivono ed anche chi deve poi intervenire in caso di emergenza si trova poi in difficoltà”.
Il tempo non è mancato. È stata la legge n.100 del 12 luglio 2012 a contenere, infatti, un passaggio molto chiaro: “il comune approva con deliberazione consiliare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il piano di emergenza comunale previsto dalla normativa vigente in materia di protezione civile, redatto secondo i criteri e le modalità di cui alle indicazioni operative adottate dal Dipartimento della protezione civile e dalle giunte regionali”. Cinque anni dopo, un comune siciliano su due non ha ancora recepito la disposizione.
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