04 ottobre 2017

MUSUMECI E MICCICHÈ, NON SI PARLANO, MA SI SCRIVONO. MEGLIO DI NIENTE



da Tersite 4 ottobre 2017
Nello Musumeci è alle prese con una missione impossibile, ripulire le liste della sua parte politica. La sua lettera ai segretari dei partiti della coalizione ha lasciato le cose come stanno, com’era prevedibile. Un messaggio posto in una bottiglia, gettata a mare.

I nomi chiacchierati non hanno subito alcun trauma. Che la missiva si fermasse su un binario morto della stazione di posta era probabilmente presente a chi l’ha scritta, ma quando mai le lettere si fanno solo perché vengano lette dai destinatari. Da che mondo è mondo, le lettere – o messaggi, comunicazioni –hanno da espletare compiti trasversali. In famiglia si dice che si parla alla nuora perché senta la suocera (o viceversa?). Fuori dalle mura casalinghe, il messaggio giunge asciutto come l’osso, per parafrasare il Grande poeta dialettale catanese, al destinatario dopo avere toccato tutte le corde della chitarra, nessuna esclusa.

A poche ore dall’invio della lettera – cartaceo o whatsapp ? – è scoppiato il finimondo, è stata messa in giro che uno dei due membri blindati del listino, Gianfranco Miccichè e Gaetano Arma, potessero saltare. Qualcuno si è ricordato di avere studiato la consecutio temporum, qualche altro ha fatto investigazioni.  Le voci sono state addebitate ad “agenti” interessati, tanto che anche sulle cronache un quotidiano on line le ha definitiva, sbrigativamente, false e tendenziose, come se avesse da avvertire i colpevoli che hanno commesso un reato. Ovviamente non c’è nulla di tutto questo.

La vigilia della presentazione delle liste è sempre il campo delle “contracaniate”, dei giochetti, sporchi o meno, e non c’è affatto da arricciare il naso. Fa specie perciò che Gianfranco Miccichè si sia inalberato ed abbia messo nero su bianco, minacciando di far saltare il banco se le voci fossero state confermate. Ma anche lui ha ragionato come Musumeci: a pronto accomodo, meglio far sapere che m’incazzo. E se non c’è niente, meglio ancora…

La risposta al coordinatore forzista è arrivata nel giro di qualche ora dal candidato presidente, che ha richiamato Miccichè alla necessità di privilegiare il telefono prima ancora del comunicato stampa; se avesse usato questa precauzione non avrebbe fatto diventare le voci una cosa seria, dando in pasto all’opinione pubblica uno scazzo preliminare di cui non si sentiva affatto il bisogno.

Musumeci ne ha approfittato, tuttavia, per affermare un principio, che la composizione del listino non è prerogativa dei partiti, Forza Italia o altro, ma del candidato presidente. Si mettessero, dunque, l’animo in pace.

Al di là dell’episodio, è un assaggio di ciò che gli spetta, a Miccichè e gli altri. Non c’è alcun dubbio, infatti, che Musumeci non rinuncerà ad alcuna delle sue prerogative, a cominciare dalla composizione della giunta di governo e della sorte degli assessori, nel caso in cui si verifichino problemi.

Del resto le resistenze di Miccichè nella laboriosa trattativa per la scelta del candidato del centrodestra alle regionali siciliane, non avevano motivazioni di natura politica- né strettamente personali – nonostante sia prevalsa l’idea che gli azurri, in testa Berlusconi, non volesse affidare l’immagine del centrodestra ad un ex missino che non ha mai messo da parte la sua appartenenza alla destra dura e pura. Miccichè, e non solo lui, vedeva chiaramente che cosa sarebbe accaduto a cose fatte, cioè a vittoria acquisita. Alzare il telefono per suggerire un comportamento, una iniziativa, un nome, di stretta competenza del Presidente eletto, avrebbe rappresentato un rischio. Quale, di essere trattato malamente o, di non essere ascoltato affatto.

IL 5 novembre, dunque, è il primo step di un percorso pieno di insidie, anche se dovesse andare bene, come gli azzurri si augurano.

Fonte: siciliainformazioni.com


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