Fabrizio Micari, candidato alla Presidenza della Regione Siciliana
di Gaia Perniciaro
Forum con Fabrizio Micari, candidato alla Presidenza della Regione Siciliana
La vera competizione tra i candidati si giocherà sul fronte
per cui la gente si mostra più sensibile: la lotta ai privilegi e
quindi ai privilegiati. Cosa pensa a riguardo?
“La logica, in tutto, deve essere quella del merito e della professionalità. La Pubblica amministrazione in particolare ha un importante ruolo educativo e dimostrativo e questo è un passaggio ineludibile. Un comportamento, se è sbagliato, è ancora più sbagliato e imperdonabile se a macchiarsene è un funzionario pubblico, o peggio un politico o rappresentante istituzionale”.
“La logica, in tutto, deve essere quella del merito e della professionalità. La Pubblica amministrazione in particolare ha un importante ruolo educativo e dimostrativo e questo è un passaggio ineludibile. Un comportamento, se è sbagliato, è ancora più sbagliato e imperdonabile se a macchiarsene è un funzionario pubblico, o peggio un politico o rappresentante istituzionale”.
Cosa intende fare dunque in tal proposito?
“Si è calcolato che nei prossimi quattro anni in Sicilia
assisteremo a un vero e proprio esodo di 45 mila unità di personale
della Pubblica amministrazione verso il pensionamento. Occorre
approfittarne per cambiare marcia e introdurre all’interno della
macchina più cultura e professionalità. In questa missione penso che
debbano giocare un ruolo fondamentale la formazione professionale e
l’Università: i francesi, per formare i propri funzionari, hanno fondato
la Scuola nazionale della Pubblica amministrazione, noi possediamo
degli ottimi corsi di laurea in Scienze dell’amministrazione e a essi
potremmo abbinare un dottorato in Scienze dell’amministrazione pubblica
per formare i nuovi quadri dirigenziali”.
Esaminiamo un tasto caldo per la Sicilia: dipendenti precari e
lavoratori forestali. Quali sono le potenziali soluzioni che propone a
riguardo?
“Contiamo oltre 23 mila unità nella Forestale, una grande
risorsa che va usata, ma bene. Non soltanto nell’emergenza, ma anche
nella prevenzione. È tutto un gioco di costi e potenziali benefici, una
questione organizzativa. Per quanto riguarda la questione precari, so
che non è un problema di risorse economiche, ma di normativa. È
inammissibile che Comuni e altre strutture pubbliche vivano soltanto di
precariato”.
Per quanto riguarda i rifiuti, come si può strutturare il sistema siciliano?
“Va potenziata la raccolta differenziata e occorre guardare al
discorso in modo integrato, con investimenti nelle infrastrutture. Il
rifiuto non è un problema, ma una risorsa se abbiamo abbastanza stazioni
di raccolta, nonché stazioni di compostaggio e piccoli inceneritori con
impatto zero e che producano energia. Penso soprattutto che questi
investimenti debbano essere totalmente pubblici”.
Cosa contraddistingue lei come candidato?
“Occorre visione e competenza. Il mio è un approccio alle cose
progettuale e poi di gestione. Ho costruito tutto con questa logica.
Quella che io chiamo sfida gentile sta in questo: non intendo fare una
battaglia di risse, ma una battaglia di proposte. Le risse agli
spettatori possono piacere fino a un certo punto, ma non hanno alcuna
utilità”.
Che cosa occorre fare per restituire alla politica il prestigio che negli ultimi anni sembra avere perduto?
“La politica deve essere amica e non va equiparata a un blocco
impenetrabile che ostacola tutto. Essa deve dare soprattutto risposte,
gestione, modi per far funzionare bene le cose. Tutto ciò è possibile
soltanto se essa è composta da gente professionalmente preparata, che ha
già dimostrato risultati eccellenti nel tempo”.
Qual è il suo giudizio in merito all’attuale legge elettorale della Regione Siciliana?
“Ha il pregio di essere semplice, ma è un grave difetto il
fatto che essa permetta a una persona di diventare Presidente della
Regione con appena il 20% di voti. Tra le leggi elettorali italiane al
momento in vigore apprezzo di più il modello di elezione dei sindaci
siciliani. Ritengo sia buona la soglia del 40%. Non mi piace, invece, il
modello di elezione dei sindaci nazionali per i problemi che crea con
il secondo turno”.
Cosa ci può dire sul Bilancio della Regione. Quali sono le
risorse che vengono destinate alla spesa corrente e quali, invece,
quelle indirizzate ai capitoli destinati agli investimenti?
“Per quello che so il Bilancio della Regione Siciliana è in
sicurezza. Come ho potuto appurare in tutte le mie esperienze
amministrative pubbliche, è giusto che copra per il 95% la spesa
corrente, ovvero manutenzione e personale. Ovvio che su questa base puoi
ragionare in termini di progettualità e investimento, ma per quello ci
sono altri soldi a disposizione: molti vengono dall’Europa e altri dal
Piano nazionale per il Sud. Mancano però le persone competenti per
sbloccare questa spesa”.
Non ritiene che, allo stato attuale, siano troppo numerose le persone che la Regione Siciliana ha alle proprie dipendenze?
“Come già detto, stiamo vivendo un periodo di turn over senza
precedenti, figlio di una politica di assunzione degli anni Ottanta a
dir poco smisurata. È questo il momento per pensare a dei tagli misurati
e a inserire personale più adatto alle necessità della nostra terra.
Qual è la sua opinione riguardo al fatto che i pensionati delle Regione non siano gestiti dall’Inps pensa di intervenire?
“Sarebbe un onere che va gestito meglio, come hanno già fatto altre regioni italiane”.
Occorre fornire alle imprese una formazione ben mirata
Se eletto, quali saranno le priorità da affrontare per la Sicilia?
“Per prima cosa la questione lavoro, con una ottica progettuale e con
capacità gestionali. Viviamo in una terra di forti contrasti: da una
parte un mondo industriale importante nel settore agroalimentare e
dall’altra la disoccupazione giovanile che tocca il 58%. Per fare in
modo che questi due mondi si incontrino, dobbiamo mettere le imprese in
condizione di potere lavorare”.
Che cosa chiedono le imprese?
“Infrastrutture, uno snellimento drastico della burocrazia,
mezzi per l’innovazione tecnologica, formazione. Per convincere
ulteriormente gli imprenditori a investire in Sicilia sto ipotizzando
anche a una zona free tax, ma è qualcosa che va avviata con l’Europa e
che richiede tempo”.
La Regione possiede il denaro sufficiente per investire sull’innovazione tecnologica?
“A parte i soldi del bilancio regionale, riservati in gran
parte alla spesa corrente, la Regione gestisce altre somme che
potrebbero essere investite per lo sviluppo della Sicilia. Occorre però
collegare meglio la richiesta delle imprese a questa disponibilità. In
altre parole, dobbiamo sbloccare la spesa”.
Quali interventi occorrono in tema formazione?
“Dobbiamo fornire alle Imprese formazione professionale mirata
per settori a cui serve e soprattutto adeguata. Voglio poi battermi per
il diritto allo studio, poiché non esiste ancora una legge a riguardo e
la nostra Regione possiede la percentuale più bassa in Europa di
laureati nella fascia 25/34 anni. Attualmente, solo il 40% degli
studenti bisognosi e meritevoli di borsa hanno possibilità di ottenerla
veramente, mentre in regioni quali la Toscana la copertura finanziaria è
del 100%. A questo aggiungiamo le problematiche infrastrutturali, che
danno difficoltà agli studenti fuori provincia”.
Serve un ponte che colleghi la Sicilia al resto del Paese
Può spiegarci qual è il suo modello di sviluppo per il futuro dell’Isola?
“Lo sviluppo di una regione consiste nella sua capacità di fare
muovere velocemente informazioni, merci, turisti e persone. A fare
muovere le informazioni siamo discretamente bravi, per il resto
occorrono migliori o addirittura nuove infrastrutture. Sono necessari
interventi urgenti nel sistema dei grandi porti. Occorrono ferrovie
veloci e strade migliori, ma allo stesso tempo va risolto il fatto che
Messina rappresenta il collo d’imbuto del nostro sistema logistico e, in
una logica integrata, occorre quindi un ponte che colleghi la Sicilia
al resto dell’Italia”.
Su quali economie bisognerebbe concentrarsi maggiormente?
“Dobbiamo puntare in particolare sull’agroalimentare, sul
turismo e sui beni culturali, ma soprattutto sul potenziamento della
logistica”.
Quali ritiene siano le strategie migliori per rilanciare il settore turistico?
“Il turismo negli ultimi due anni ha avuto un incremento del
20%, l’ultimo ha contato 14 milioni e mezzo di visitatori. Tutto ciò
naturalmente è dato da cause accidentali e dovremmo approfittarne
attraverso la destagionalizzazione. La chiave sta nella creazione di
eventi, nello sviluppo del turismo religioso, nella creazione di
strutture per il turismo congressuale”.
Come dovrebbe essere strutturato il mondo sanitario siciliano?
“È necessario che gli ospedali decentralizzino alcune loro
funzioni e che la Regione costruisca un sistema sul territorio per la
gestione della prevenzione e della diagnosi precoce, nonché della
cronicità. È questo modello organizzativo della sanità del futuro”.
Il suo parere sull’Autonomia siciliana: serve o non serve?
“L’Autonomia siciliana può servire se utilizzata bene. Avere la
possibilità di adattare le normative in funzione delle esigenze della
Regione è una buona opportunità. Se invece viene utilizzata per rendere
più complesse le cose allora è un problema. C’è comunque da dire che
questa legge di cui stiamo parlando ha già settant’anni e andrebbe
quindi 07 ottobre 2017 - © RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: www.qds.it
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