Casaboli è bruciato. Vederlo, cupo, nero, silenzioso, deserto è come quando perdi una persona amata. Non te lo spieghi, non lo realizzi, fino a quando non la vedi sul letto di morte, fredda, immobile, non parla, non sorride più. Nella tua mente si affollano i ricordi; ricordi quando discutevi con lei, quando si gioiva insieme, ricordi anche quando eri triste e lei ti donava una spalla, ricordi anche i dissidi e le incomprensioni.
Un po’ come accade con il bosco che la notte dell’uomo si è portato via.
Queste parole sono indirizzate a te, uomo. Dentro hai qualcosa che brucia più delle fiamme che hanno ferito a morte i boschi, arde e non sai cosa fare, non sai come spegnerle. Nella tua mente c’è ancora quell’odore di legna che infiamma, il crepitìo delle fiamme che sale su per la valle, c’è la luce del fuoco. Pensavi che andando a dormire tutto sarebbe finito ma i tuoi sogni sono lì, pronti a ricordarti che la volpe non avrà più la sua tana, che la ghiandaia non troverà più i suoi pulcini boccheggiare nel nido, che il ragno dovrà tessere nuovamente la sua ragnatela.
Tutto è cambiato. Il bosco è morto.
Ti chiedi cosa puoi fare adesso. Quella effimera sete di potere non è stata certo placata dal fuoco, anzi. Hai un debito difficile da pagare adesso. Un debito con te stesso, con l’uomo, con la terra. Vorresti urlarlo che non volevi, che la sete era troppa per fermare la tua mano infiammata. Adesso sei solo e chiedi perdono.
E sarà proprio in quello stesso momento, poiché tutti gli uomini hanno lo stesso destino, quando diventerai cenere, proprio come lo sono questi alberi neri, che finalmente sarai chiamato a saldare il tuo conto con il mondo e diverrai tu stesso il nutrimento per quella stessa Terra che tanto hai ferito ma che tanto ti ha custodito tra le sue verdi chiome. Ritornerà.
Fonte: www.filodirettomonreale.it
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