11 Agosto 2017
Peccato che la norma che la presidenza dell’Ars di Giovanni Ardizzone ha giudicato “inammissibile” – frutto di un emendamento del parlamentare Pino Apprendi – si limitava a recepire una norma nazionale! Siamo davanti a
un’utilizzazione distorta dell’Autonomia legislativa. Il ‘No’ a tale
norma da parte del PD che difende i propri sodali condannati dalla
magistratura contabile. L’Aula ‘boccia’ anche il controllo sulle spese
elettorali... E’ giusto che chi è stato condannato con pronunciamento definitivo dalla Corte dei Conti per la Sicilia si possa ricandidare al Parlamento della nostra Isola, nei Comuni e, dalla primavera prossima, anche nelle Province nelle quali è stata ripristinata l’elezione diretta (come potete leggere qui)?
Il parlamentare regionale del PD, Pino Apprendi – vero e proprio Bastian contrario di questo partito – è il protagonista di un emendamento, già approvato dalla commissione legislativa di merito dell’Assemblea regionale siciliana, che ieri sera – sembra incredibile! – è stato dichiarato “inammissibile” dalla presidenza dell’Ars.
Cos’ha di “inammissibile” un provvedimento previsto da una norma nazionale? Semplice: non piace agli attuali parlamentari di Sala d’Ercole condannati dalla Corte dei Conti nell’inchiesta sulla cosiddette ‘Spese pazze’. E non piace agli amministratori comunali e provinciali condannati dalla magistratura contabile.
L’inchiesta sulle ‘Spese pazze’ dell’Ars – perché è soprattutto per gli effetti di questa inchiesta che, ieri sera,la norma che avrebbe sancito l’incandidabilità e l’ineleggibilità dei parlamentari condannati dalla magistratura contabile – ha due volti: una penale e uno contabile.
Quello penale è andato avanti con pronunciamenti altalenanti: ci sono stati ex capigruppo che sono stati condannati ed ex capigruppo che, invece, sono stati ‘graziati’.
Diverso l’atteggiamento della Corte dei Conti, che invece ha ‘stangato’ tutti i parlamentari coinvolti in questa storia.
Non ci chiedete come si può finire condannati dalla Corte dei Conti (che riconosce e sanziona chi si è appropriato dei fondi dei gruppi parlamentari) ed essere assolti sul piano penale: lasciamo il ‘quesito’ ai giuristi.
L’aspetto incredibile – lo ribadiamo – è che ieri la presidenza del Parlamento siciliano ha giudicato “inammissibile” una norma prevista dalla legislazione nazionale. Della serie, la ‘casta’ parlamentare sicula non si tocca!
“La bocciatura di due norme che miravano a tutelare la trasparenza delle spese elettorali è un atto gravissimo che qualifica in modo negativo il Parlamento”, commenta Pino Apprendi. Che aggiunge:
“Non posso non giudicare negativamente l’atteggiamento della presidenza dell’Ars che ha giudicato inammissibile un emendamento, per altro recepimento di una norma nazionale, che sancisce l’incandidabilità ed ineleggibilità dei deputati, consiglieri comunali e provinciali in caso di precedente condanna definitiva da parte della magistratura contabile. Una decisione certamente arbitraria – continua il parlamentare PD – che, sommata alla bocciatura da parte dell’aula della proposta di controllo delle spese delle campagne elettorali per movimenti e partiti politici, lascia l’amaro in bocca”.
Eh già, perché la proposta di Pino Apprendi puntava anche a verificare come i partiti utilizzano i fondi utilizzati nelle campagne elettorali. Ma su questo aspetto è bene non fare luce!
“E’ inammissibile – prosegue – che anche il Partito Democratico si sia schierato contro l’emendamento che era stato votato all’unanimità in commissione e non abbia contestato la dichiarazione di inammissibilità pronunciata dalla presidenza. Questo Parlamento avrebbe potuto concludere in maniera diversa il mandato elettorale – conclude Apprendi – approvando norme di buon senso, ma evidentemente qualcuno aveva paura di queste disposizioni”.
Chi è che “aveva paura” di questa norma? Forse i deputati del PD condannati dalla Corte dei Conti che no si sarebbero più potuti candidare?
P.S.
Un piccolo appunto al presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone. Che ieri è uscito dall’Aula quando il Parlamento siciliano si accingeva ad approvare la norma che ripristina da democrazie nelle nove Province siciliane, ridando la parola agli elettori.
Il presidente Ardizzone si è sempre battuto per applicare in Sicilia la legge nazionale sulle Province che porta il nome del Ministro Graziano Delrio. Per Ardizzone, su un argomento importante come le Province la Sicilia non può esprimersi in modo difforme dal Parlamento nazionale.
Ieri, però, è successa una cosa strana: la presidenza dell’Ars della quale lo stesso Ardizzone è il massimo esponente, si è espressa in modo difforme rispetto a una norma nazionale, dichiarando “inammissibile” l’applicazione, in Sicilia, di una norma nazionale: la norma che sancisce l’incandidabilità ed ineleggibilità dei deputati, consiglieri comunali e provinciali in caso di precedente condanna definitiva da parte della magistratura contabile.
Presidente Ardizzone, ci spieghi: quando una cosa le va a genio si applica la normativa nazionale e se non le va a genio non si applica?
La coerenza, prima di tutto…
Fonte: www.inuovivespri.it
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