di Roberto Galullo
La mafia dei terreni – boschi e pascoli – colpisce ancora. Dietro i roghi che stanno devastando ettari ed ettari di terreno in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia c'è quasi sempre la mano criminale dell'uomo. In attesa che la follia autodistruttiva colpisca anche altre regioni che tradizionalmente sono flagellate dal fenomeno – come la Puglia – è bene mettere in fila alcune ragioni per le quali la criminalità organizzata ha interesse ad attizzare gli incendi. Non esiste una classifica di demerito. Anzi, spesso, le ragioni folli viaggiano insieme.Una ragione è la pervicacia di cosche e clan nel dimostrare che, di qualunque area, sono in grado di indirizzare destini, fortune e sfortune. Dimostrano ai proprietari (siano essi privati o demaniali) che possono fare il bello e il cattivo tempo. A maggior ragione – si badi bene – se i boschi e i pascoli incendiati sono assoggettati a vincolo di inedificabilità quindicennale. E' evidente l'intento del Legislatore di impedire la speculazione edilizia che deriverebbe dal mutamento di destinazione urbanistica dei terreni. Se il proprietario non si piega alle richieste estorsive dei criminali – ma ragionamento per altro verso analogo può essere fatto nei confronti delle amministrazioni che perdono entrate dalla mancata edificazione – ecco che scatta la furia incendiaria.
In Campania, Sicilia – ma anche sempre più in Lombardia – ciò che il fuoco arde può diventare terreno di sversamento illecito di ogni tipo di rifiuto. Se le aree sono impervie (ma non certo per le rodate organizzazioni malavitose) è meglio.
Cosa nostra in alcune aree siciliane – recentemente sono saliti alla ribalta i Nebrodi – è talmente ammanicata con i settori deviati delle amministrazioni pubbliche che è in grado di pianificare truffe redditizie ai danni dell'Unione europea o della stessa Regione. Per esempio, nelle assegnazioni di terreni pubblici a prestanome e/o a esponenti delle famiglie locali di mafia, che per quelle terre usufruiscono di finanziamenti per attività mai realizzate, praticando invece abigeato, macellazione di carni clandestine e infette e in varie altre attività economiche in nero.
E che dire della Calabria dove spesso operai infedeli appiccano volontariamente il fuoco perché sanno che in quel modo l'anno successivo hanno il posto assicurato nel ripascimento?
Del resto che la mafia dei terreni abbia un business lo dicono anche i numeri. Come quelli messi in fila dall'ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente.
Lo scorso anno sono stati 4.635 gli incendi boschivi che hanno visto l'intervento dell'ex Corpo forestale dello Stato e dei corpi regionali, numeri ancora in crescita rispetto al 2015. Roghi che hanno mandato in fumo nel 2016 più di 27mila ettari di aree verdi. Esattamente quanto è stato devastato dal fuoco in questo assaggio di estate 2017. Di male in peggio.
Le persone denunciate, tra piromani, ecocriminali ed ecomafiosi nel 2016 sono state 322, mentre quelle arrestate sono state 14.
Gli incendi non vengono appiccati solo d'estate. Uno degli ultimi casi di fiamme invernali che, nonostante le temperature basse, in poco tempo divorano pezzi di superficie boschive, risale al mese di febbraio, quando è stato sfigurato un ampio tratto di bosco a Solcio di Lesa (Novara), oltre che in una riserva di caccia tra Oleggio e Gattico.
Le stime complessive fatte dall'ex Corpo forestale sui danni ambientali causati nel 2016dai roghi ruotano intorno ai 14 milioni mentre i soli costi per l'estinzione sono stati quantificati in circa 8 milioni, per un totale di quasi 22 milioni.
r.galullo@ilsole24ore.com
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