Una pioggia miracolosa
porti via anche Saro
di Roberto Puglisi
Il giorno dopo gli incendi e il famoso scirocco, Ciccio S., antico residente di Mondello, ha visto la pioggia e si è commosso. Ha pregato, perché è devoto alla Madonna, forse ha acceso un cero di ringraziamento nella chiesetta davanti al mare.
C'era la disperazione del fuoco e del fumo, c'erano i fiori inceneriti, i cespugli masticati dalle fiamme, ma cadeva anche un sospiro d'acqua, una benedizione divina sulla borgata avvolta da lingue rossastre, intanto che i canadair volavano a pelo di case come i bombardieri di un tempo. Ciccio S. ha chiamato i suoi amici al telefono, solo per gridare: “Guarda... la pioggia, la pioggia...”. Frasi smozzicate, miste alle lacrime. Appena una disperata felicità di naufraghi c'è rimasta nella Sicilia crocettiana, schiava di Roma e irrilevante: la pioggia, appunto.
Mentre uomini male equipaggiati e per nulla organizzati tentavano un balbettio di protezione civile e di soccorso – in quel giovedì indimenticabile e incandescente - mentre dal bunker di Palazzo d'Orleans e dei dintorni calavano allucinanti dispacci sul 'tutto previsto', con lo scopo di minimizzare, ma col risultato di moltiplicare lo sgomento per la catastrofe, mentre Saro il Pallonaro si confermava nella sua natura di fumetto – e mai di governante – con rassicurazioni che arrostivano di rabbia gli animi esacerbati di chi aveva appena perso la casa nei roghi, ecco che cadeva la pioggia dal cielo a fare giustizia dell'ignavia di una terra sciagurata e dei suoi potenti.
Sicché, l'invocazione, il sogno liquido di frescura, diventa metafora. E non potrebbe un temporale lavare via tutto? Gli inciuci di un governo che millanta alla stregua di prodigio gli accordi-capestro con Roma, per una manciata di milioni; la vanagloria di un presidente politicamente impresentabile che tracima oltre qualunque critica e qualsiasi strale aguzzo di sdegno, essendo la realtà molto peggiore della rampogna; il chissenefrega di un partito – il Pd – che lo tiene in sella e scommette serenamente sulla rovina di un'Isola intera, nell'illusione – fallace – di riuscire a salvare qualche spicciolo di poltrona; una svendita in saldi della dignità dei siciliani che passa per il crollo dell'autonomia, per la genuflessione al regno del monarca gigliato che sta a Roma; una sequela di rovine, di fiori e cespugli inceneriti.
Sì, la metafora appare calzante come l'elogio della pioggia: se davvero portasse via ogni cosa, sarebbe un miracolo. E il buon Ciccio S. accenderebbe, forse, con rinnovata speranza, un altro cero alla Madonna, in quella piccola chiesetta sul mare.
26 Giugno 2016
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