Ciò che serve
di Antonino Lomonaco
A mio parere le polemiche che possono nascere dall’esposizione mediatica riguardo la questione degli operai forestali siciliani va ribaltata in senso positivo. Il parlarne pubblicamente espone la “ferita” al pubblico dominio e non solo agli addetti ai lavori, per cui bisogna approfittarne per approfondire la questione e non lasciarla andare all’oblio per timore di qualche vergogna. Noi non abbiamo timore di nessuna vergogna, poichè siamo in pace con noi stessi e con il nostro compito. Semmai la vergogna può riguardare altri, che non hanno adempiuto mai del tutto al loro compito di gestione della cosa pubblica e delle risorse umane e territoriali della nostra terra.
La questione, certamente, è quella ben esposta da Tonino Russo, segretario F.L.A.I.-C.G.I.L. di Palermo, che denuncia proprio i fallimenti, politici ed economici, di tale gestione regionale, negli anni mai all’altezza del compito che ha ricoperto, in una terra come la Sicilia, dalle potenzialità, in tutti i sensi, straordinarie.
E, certamente, la questione va valutata anche in quell’aspetto cinico (per non dire stupido) di licenziamento di questi ventimila operai, se onerosi e se, soprattutto, inutili...
Il costo della gestione forestale, del demanio pubblico, nelle varie regioni italiane più o meno si equivale. Certo vi sono delle differenze di strategia, cosìchè capita che regioni del nord abbiano poche centinaia di operai forestali assunti a tempo indeterminato e che il grosso del lavoro venga espletato, però, da ditte private, tramite gare di appalti pubblici. Mentre da noi, in Sicilia, non vi sono appalti pubblici ed i lavori vengono realizzati da operai assunti a tempo determinato, più che altro, per 100 o 150 giorni l'anno, con un reddito, compreso di disoccupazione, che ruota fra i settemila o diecimila euro annui!
Il rischio di incendi, poi, nelle regioni del nord, in estate, è quasi nullo, per la presenza perdurante di erba verde che secca, semmai, con le gelate autunnali e primaverili.
Ma un conto è un incendio con la temperatura ambientale che ruota sui quaranta gradi, un’altro conto è un incendio con la temperatura in cui l’erba secca per le gelate!
Ecco perchè quei paragoni fra gli incendi in Sicilia e gli incendi in Canada sono del tutto ridicoli. La longitudine più a sud, replico più a sud, del Canada si trova sul 49º parallelo Nord, cioè a dire lo stesso parallelo che passa al nord della Francia o al centro della Germania!
Ma il punto nevralgico di tutta quanta la questione è, a mio parere, la valutazione della nostra utilità o inutilità di operai forestali.
Quando si parla di Sicilia, non ci si può dimenticare che siamo a poca distanza da uno dei più grandi deserti caldi del mondo, quindi da un clima che favorisce la desertificazione e, perciò, dalla necessità ad intervenire attivamente contro di essa. Non ci si può dimenticare che le scelte scellerate e miopi, che negli anni ha fatto una certa politica regionale e nazionale, hanno svantaggiato la nostra agricoltura, portando all’abbandono prima dei territori montani, poi collinari, ed, a breve, anche delle ricche piane, una volta denominate persino come “conche d’oro”.
L’abbandono di questi territori, il clima torrido, e la presenza di “idioti” ignoranti e sprovveduti, capaci di incendiare per un loro assurdo tornaconto, fa il resto.
Questi “idioti” non sono una specialità siciliana, mi pare superfluo ricordare che il fenomeno degli incendi boschivi è un fenomeno mondiale che va combattuto, soprattutto adesso, con l’incombenza delle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Il nostro lavoro, perciò, fa parte della risposta virtuosa ai danni climatici che l’industrializzazione inquinante ha comportato ed ancora comporta.
Serve combattere gli incendi, spegnerli. E questo compito, soprattutto dove non vi sono strade, non è per niente facile o semplice, o poco pericoloso. E si consideri, inoltre, che se un incendio boschivo non si spegne, esso continua ad espandersi indefinitivamente, bruciando tutto ciò che è incolto.
Serve, perciò, anche una cura dei boschi, adeguata alle stagioni, alle essenze vegetali, arboree e di sottobosco, e consona agli habitat degli animali silvestri che vi vivono. Contemporaneamente serve una politica capace di favorire e far recuperare i territori all’agricoltura, alla qualità delle colture e dei prodotti che da queste si realizzano.
Tutto ciò, assieme alla valorizzazione, per come meriterebbe, di tutto quel patrimonio storico-archeologico, paesaggistico, culturale e turistico, per come si diceva prima, straordinario, farebbe della Sicilia, di certo, una delle terre economicamente più floride che possano esserci.
E proprio la ricchezza economica non potrebbe avere altro risultato che la scarsa attrattiva delle attività illecite legate al malaffare criminale.
O no?!...
Allora ciò che serve davvero all'attività forestale in Sicilia è un suo potenziamento qualitativo, nella sua organizzazione, nella sua formazione, quindi nelle sue capacità lavorative.
Altro che licenziamenti, con la prospettiva oscura di nessun altro lavoro!
La questione, certamente, è quella ben esposta da Tonino Russo, segretario F.L.A.I.-C.G.I.L. di Palermo, che denuncia proprio i fallimenti, politici ed economici, di tale gestione regionale, negli anni mai all’altezza del compito che ha ricoperto, in una terra come la Sicilia, dalle potenzialità, in tutti i sensi, straordinarie.
E, certamente, la questione va valutata anche in quell’aspetto cinico (per non dire stupido) di licenziamento di questi ventimila operai, se onerosi e se, soprattutto, inutili...
Il costo della gestione forestale, del demanio pubblico, nelle varie regioni italiane più o meno si equivale. Certo vi sono delle differenze di strategia, cosìchè capita che regioni del nord abbiano poche centinaia di operai forestali assunti a tempo indeterminato e che il grosso del lavoro venga espletato, però, da ditte private, tramite gare di appalti pubblici. Mentre da noi, in Sicilia, non vi sono appalti pubblici ed i lavori vengono realizzati da operai assunti a tempo determinato, più che altro, per 100 o 150 giorni l'anno, con un reddito, compreso di disoccupazione, che ruota fra i settemila o diecimila euro annui!
Il rischio di incendi, poi, nelle regioni del nord, in estate, è quasi nullo, per la presenza perdurante di erba verde che secca, semmai, con le gelate autunnali e primaverili.
Ma un conto è un incendio con la temperatura ambientale che ruota sui quaranta gradi, un’altro conto è un incendio con la temperatura in cui l’erba secca per le gelate!
Ecco perchè quei paragoni fra gli incendi in Sicilia e gli incendi in Canada sono del tutto ridicoli. La longitudine più a sud, replico più a sud, del Canada si trova sul 49º parallelo Nord, cioè a dire lo stesso parallelo che passa al nord della Francia o al centro della Germania!
Ma il punto nevralgico di tutta quanta la questione è, a mio parere, la valutazione della nostra utilità o inutilità di operai forestali.
Quando si parla di Sicilia, non ci si può dimenticare che siamo a poca distanza da uno dei più grandi deserti caldi del mondo, quindi da un clima che favorisce la desertificazione e, perciò, dalla necessità ad intervenire attivamente contro di essa. Non ci si può dimenticare che le scelte scellerate e miopi, che negli anni ha fatto una certa politica regionale e nazionale, hanno svantaggiato la nostra agricoltura, portando all’abbandono prima dei territori montani, poi collinari, ed, a breve, anche delle ricche piane, una volta denominate persino come “conche d’oro”.
L’abbandono di questi territori, il clima torrido, e la presenza di “idioti” ignoranti e sprovveduti, capaci di incendiare per un loro assurdo tornaconto, fa il resto.
Questi “idioti” non sono una specialità siciliana, mi pare superfluo ricordare che il fenomeno degli incendi boschivi è un fenomeno mondiale che va combattuto, soprattutto adesso, con l’incombenza delle conseguenze dei cambiamenti climatici.
Il nostro lavoro, perciò, fa parte della risposta virtuosa ai danni climatici che l’industrializzazione inquinante ha comportato ed ancora comporta.
Serve combattere gli incendi, spegnerli. E questo compito, soprattutto dove non vi sono strade, non è per niente facile o semplice, o poco pericoloso. E si consideri, inoltre, che se un incendio boschivo non si spegne, esso continua ad espandersi indefinitivamente, bruciando tutto ciò che è incolto.
Serve, perciò, anche una cura dei boschi, adeguata alle stagioni, alle essenze vegetali, arboree e di sottobosco, e consona agli habitat degli animali silvestri che vi vivono. Contemporaneamente serve una politica capace di favorire e far recuperare i territori all’agricoltura, alla qualità delle colture e dei prodotti che da queste si realizzano.
Tutto ciò, assieme alla valorizzazione, per come meriterebbe, di tutto quel patrimonio storico-archeologico, paesaggistico, culturale e turistico, per come si diceva prima, straordinario, farebbe della Sicilia, di certo, una delle terre economicamente più floride che possano esserci.
E proprio la ricchezza economica non potrebbe avere altro risultato che la scarsa attrattiva delle attività illecite legate al malaffare criminale.
O no?!...
Allora ciò che serve davvero all'attività forestale in Sicilia è un suo potenziamento qualitativo, nella sua organizzazione, nella sua formazione, quindi nelle sue capacità lavorative.
Altro che licenziamenti, con la prospettiva oscura di nessun altro lavoro!
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