07 ottobre 2015

SEIMILA FRANE IN UN ANNO. E ORA CHI PAGA PER LA SICILIA? GLI INTERVENTI SUL TERRITORIO NON SONO STATI FATTI E OGGI CROLLA UN PILONE, DOMANI SCENDE GIÙ IL COSTONE DI UNA MONTAGNA. E I FORESTALI A CASA. VERGOGNA!


Seimila frane in un anno
E ora chi paga per la Sicilia?


Seimila frane in un anno <br /> E ora chi paga per la Sicilia?


Nei bilanci della Regione siciliana, perennemente in rosso anche in tempi di vacche grasse, non sono mai state iscritte le infrastrutture e i servizi che mancano: le strade malmesse, gli ospedali cadenti, gli immobili pubblici in fin di vita, le montagne che tracimano, le frane che ”passeggiano” fino a raggiungere le vallate, il dissesto idrogeologico. Tutti vizi che non ci sono per cittadini che, al pari di altri, contribuiscono alle spese dei comuni, Regione e Stato. Se fosse stata prevista questa voce, non contabilizzata, di ciò che la Sicilia non possiede, leggeremmo cifre iperboliche, quantificabili e calcolabili, ma impossibili da reperire. Ci vorrebbe il genio della lampada per avere le risorse sufficienti.

L’assessore alle infrastrutture della Regione siciliana, che si sposta da una frana all’altra con encomiabile solerzia, ha detto che le frane registrate nell’ultimo anno in Sicilia sono state seimila (“sulle strade siciliane sta franando di tutto. Non si può andare avanti così”). La cifra contiene anche piccoli smottamenti, incidenti di modesta entità, ma resta di proporzioni smisurate e dà il segno inequivocabile dell’entità del problema.

Per almeno tre decenni, forse di più, lo scarto fra ciò che c’era bisogno di fare per evitare che la Sicilia cadesse a pezzi, e ciò che si è fatto, è enorme. Risorse insufficienti che non sono bastate e non sono state impiegate per intervenire secondo reali urgenze. Il territorio, insomma, è rimasto sempre in coda, perché le proteste e le lamentele, il lobbismo, non hanno privilegiato, campagne, gli immobili pubblici e le strutture di servizio.

Di anno in anno, dunque, il debito delle istituzioni verso la Sicilia è aumentato esponenzialmente, e la povertà – le infrastrutture che mancano sono il segno più chiaro della povertà – sono cresciute. Prendersela con la scalogna per ciò che è avvenuto – i piloni dell’autostrada Palermo-Catania prima e la frana sull’autostrada Messina-Catania a distanza di sette mesi circa – sarebbe una provocazione.

C’è da aspettarsi, purtroppo, di peggio, perché le opere di manutenzione e gli interventi sul territorio non sono stati fatti e cominciano ad arrivare le conseguenze di questa lunga colpevole latitanza. Oggi crolla un pilone, domani scende giù il costone di una montagna. C’è solo da incrociare le dita, sperando che il Padreterno ci assista, ed eviti che ai danni materiali si aggiungano quelli delle vite umane. Finora è andata bene, anzi benissimo, nonostante il crollo dei ponti e le frane rovinose di quest’anno, ma sappiamo bene che l’inclemenza del tempo e la fragilità del territorio possono essere causa di guai immensi.

Il conto delle frane fatto dall’assessore Pizzo, del resto, offre la misura dell’entità del problema e delle negligenze. Non solo quelle siciliane, in verità: ci sono responsabilità che risiedono a Roma, ed altre che vanno cercate a Milano, dove abita lo stato maggiore del governo padano che negli ultimi venti anni ha additato la Sicilia come la terra dei parassiti, l’idrovora delle risorse statali, la sanguisuga del Paese.

È vero che qualcuno si è venduto per un piatto di lenticchie, e qualche altro ha subìto senza fiatare, per interesse, timidezza, viltà, comparaggio, ma il think-tank, il “pensiero forte”, sempre e comunque, ha tenuto i suoi summit in Padania.
 
Nelle ultime si è materializzato il ping-pong delle responsabilità fra Roma e Palermo. Niente di grave, beninteso, ma quanto basta per farci urlare di rabbia. C’è ben altro da fare: monitorare il territorio, selezionare gli interventi urgenti ed inderogabili, cacciare via i mangiapane a tradimento. Programma vasto, è vero. È indubbio che si debba cambiare passo, per evitare la catastrofe. I danni e gli svantaggi provocati dai due episodi sulle autostrade A18 e A19 sono incommensurabili per l’economia isolana: turismo, commercio e industria alle corde.

07 Ottobre 2015
http://www.siciliainformazioni.com/203212/seimila-frane-in-un-anno-e-ora-chi-paga-per-la-sicilia-in-caduta-libera




Nota
I forestali non se ne devono stare a casa, ma devono essere utilizzati per il territorio e l'ambiente. Vergogna!








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