Con la Finanziaria 2015 la Sicilia fa il contrario di quanto previsto. Nessuna rivendicazione nei confronti dello Stato, ma solo qualche taglio qua e là. E i debiti aumenteranno
Forse l’uomo della strada non lo sa, ma la programmazione finanziaria della Regione avviene, oltre che con il bilancio, con due strumenti: uno di medio periodo (3 anni) che si chiama Def (Documento di Economia e Finanza), e uno annuale (1 anno) che si chiama “Legge di Stabilità” (quella che fino a qualche anno fa si chiamava la “finanziaria”).
Forse l’uomo della strada non lo sa, ma il secondo documento è una legge vera e propria, cioè ha effetti immediati; il primo documento, invece, il Def, può restare anche un “libro dei sogni”, non ha cioè alcun effetto immediato. E allora a che serve? Serve, perché la Legge di Stabilità dovrebbe essere lo sviluppo del Def e lo dovrebbe quindi rispettare.
Ora cosa è successo in Sicilia? È successo che nel Def c’è scritta una cosa, “quello che dico”, nella legge di stabilità invece ce n’è scritta un’altra, completamente diversa, “quello che faccio”.
Nel Def, in una parola, c’è scritto che la Sicilia deve rivendicare ed ottenere tutte le risorse che le spettano (tanto, dirlo non costa niente).
Nella Legge di stabilità siciliana, invece, c’è scritto che non se ne fa niente, che Roma può prendersi tutto quello che vuole dalle nostre tasche, perché “così si vuole dove si puote”.
Tra i 102 articoli del Def, approvato nei mesi scorsi, si può leggere quanto segue: “Spettano alla Regione Siciliana, tra le altre, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell’ambito del suo territorio e… anche quelle che affluiscono, per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione”.
Sempre, leggendo dal Def: “Sulla base del criterio del maturato, il riconoscimento delle imposte deve prescindere dal luogo fisico in cui avviene l’operazione contabile della riscossione. Ciò tenderebbe ad assicurare alla Regione il gettito derivante dalla “capacità contributiva” che si manifesta nel territorio della Regione stessa, con riferimento ai rapporti tributari che hanno in tale territorio il loro radicamento, sia in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito, che in ragione della collocazione nell’ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria. Detta interpretazione in favore della Regione Siciliana, peraltro già sposata dalla Corte Costituzionale precedentemente alla sentenza n. 116/2010, risulta di recente affermata dalla Corte stessa nella sentenza n. 207/2014, concernente fattispecie relative a riserve all’Erario di maggiori entrate”.
Per inciso si tratta di somme che, variamente stimate, vanno da un minimo di 10 a un massimo di 15 miliardi l’anno.
Sempre nel Def si parla di “revisione del riparto degli accantonamenti tributari per il contributo al risanamento della finanza pubblica”. Si tratta di altre somme che, sommando quelle dovute dai vari enti locali, ammontano a più di un miliardo e mezzo l’anno che lo Stato, in spregio a Statuto e norme attuative, illegittimamente “rapina” alla Sicilia dal 2013 ad oggi. Questo accantonamento diventa particolarmente iniquo per la Sicilia perché il livello delle entrate tributarie pro-capite è il più basso tra tutte le Regioni e, nell’attuale momento di recessione, è praticamente insostenibile. Quest’ultima affermazione non è nostra, o di qualche protervo sicilianista, ma è pure tratta dal Def, da cui traiamo anche il successivo passo: “Pertanto al fine di dare valore alle azioni che la Regione intraprenderà sul fronte della riduzione delle spese, e rendere possibile una ripresa effettiva dell’economia dell’isola verrà richiesta la revisione dei contributi nella misura e nella durata, nonché l’esclusione totale, dal patto di stabilità delle spese, finanziate con i fondi extraregionali”.
Ancora, sempre il Def, denunciava che lo Stato, pur essendosi impegnato già con la propria finanziaria del lontano 2007 a garantire una compartecipazione delle accise a fronte dell’aumento dell’accollo delle spese sanitarie sulle spalle dei siciliani dal 42,5 al 49 %, in tutti questi anni si è limitato ad accollare la maggiore spesa alla Regione, senza attribuire il gettito dovuto alla Regione, con un aggravio annuo dei conti sanitari di circa mezzo miliardo l’anno.
In un ritrovato orgoglio siciliano la Regione, nel proprio Def, sostiene anche che: “Il contributo alla finanza pubblica che lo Stato chiede sempre più insistentemente alle Regioni si traduce, per la Regione Siciliana, nella sottrazione di risorse di sua spettanza, che mette a dura prova il rispetto dei necessari equilibri di bilancio. Il venir meno dei principi di certezza delle entrate, di affidamento e di corrispondenza tra risorse e funzioni da assicurare, si pone in contrasto con i principi di coordinamento della finanza statale e regionale disciplinati dalla legge delega sul federalismo fiscale, laddove è previsto per le regioni a statuto speciale che il concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica avvenga secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti che tengano conto, nel caso della Sicilia, della dimensione della finanza della regione rispetto alla finanza pubblica complessiva, delle funzioni da essa effettivamente esercitate e dei relativi oneri, anche in considerazione degli svantaggi strutturali permanenti, dei costi dell’insularità e dei livelli di reddito pro-capite che caratterizzano il territorio regionale”.
Insomma, chi legge questo Def si trova un Governo Regionale ritto in piedi, con la spada sguainata a difesa delle risorse dei Siciliani. Bravi!
Poi, però, non appena dalle parole si passa ai fatti, tutto svanisce e il leone si trasforma in coniglio. Il governo nazionale alza la voce e Crocetta risponde “obbedisco”.
La Legge di Stabilità appena approvata che dovrebbe dare attuazione a questo Def è totalmente agli antipodi dello stesso. Nulla di tutto quello che si chiedeva in restituzione dallo Stato è stato ottenuto (probabilmente nemmeno richiesto) e il risultato è quello di una finanziaria rinunciataria e regressiva, che allontana la Sicilia dalla politica antirecessiva “predicata” da tempo da tutti coloro che sanno un minimo di economia.
Soltanto chi pensa che qualche taglio qua e là alla spesa corrente, come la riduzione di emolumenti a sindaci e consiglieri o l’adeguamento delle pensioni regionali o il risparmio sui forestali, possa aiutare a modificare la realtà può plaudire a questa manovra.
Ma chi sa un po’, ma proprio poco poco, di economia sa che questi e altri tagli, oltre che incoerenti con il Def, alla fine allontaneranno la Sicilia dall’Italia, peggiorando nel frattempo i conti della Regione con i suoi debiti crescenti.
A questo punto sorge spontaneo un dubbio: ma questo Def e questa Legge di Stabilità sono stati sottoscritti dallo stesso Presidente e dallo stesso Assessore?
Si tratta di schizofrenia o di cosa?
No, non è schizofrenia. Il Def è il sogno, la Legge di Stabilità è la realtà.
E infatti, per riconciliare due cose impossibili, l’art. 33 della Legge di Stabilità dice che le disposizioni si attuano “nelle more della definizione dell’accordo” con lo Stato…..
Ecco, questa è la finanziaria “delle more”. Forse per ricordarci che siamo arrivati alla frutta…
07 Maggio 2015
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