La Regione Sicilia fallimento politico
Una città di centomila abitanti che non riesce ad avere dalla regione i soldi per ricostruire la sua unica strada di accesso da e per il nord.
Decine di persone che hanno lavorato ai cantieri di lavoro per disoccupati voluti dalla regione e che non vengono pagati e per i quali il sindaco non ha il coraggio di anticipare i quattro soldi di indennità.
Un deputato regionale in carica Giuseppe Gennuso che irride all’assessore regionale all’agricoltura per le promesse fatte ai disastrati agricoltori di Pachino perché dichiara che per le provvidenze promesse la regione non ha un centesimo.
Tutto questo ci deve obbligare a tentare di mettere un termometro sotto l’ascella della regione per saggiarne la temperatura; ed ognuno di cinque milioni di siciliani deve farlo per conto proprio perché non c’è nessun deputato di questa Regione Sicilia che abbia il coraggio di dirci come stanno le cose.
Io ci provo e questo termometro me lo trovo nei quotidiani commenti di Sulmeri sui fatti della nostra regione che leggo sul “Giornale di Sicilia”.
La nuova giunta regionale, tutta fatta di tecnici a delizia del presidente Crocetta che li può zittire in qualsiasi momento perché non politici, dopo mesi di lavoro, dopo che “Roma” ha imposto un tecnico romano all’assessorato al bilancio, se n’è uscita con un bilancio provvisorio in cui l’unico sforzo è stato quello di reperire i soldi per il pagamento degli stipendi ai dipendenti regionali di ogni tipo e qualità: dai dirigenti che guadagno più di un presidente della Corte di Cassazione; ai Pip palermitani assunti in migliaia dal sindaco di Palermo Cammarata e poi assunti in volontaria eredità da una regione con governo di destra; agli stipendi dei dipendenti dell’Ast molti dei quali vennero assunti senza nemmeno la patente di guida; ai consorzi di bonifica , ai venticinquemila forestali come se la Sicilia avesse le foreste dell’Amazzonia.
Questa è la realtà le entrate della regione siciliana a stento coprono le spese degli stipendi del personale.
E per gli investimenti, e per le opere pubbliche, tutti e novanta i nostri deputati si debbono affidare alla Provvidenza e alla loro faccia di bronzo.
E’ il coronamento questa situazione del fallimento d’una classe politica: la Sicilia non ha espresso non dico uno statista ma almeno un pensatore che avesse un progetto serio e onesto di crescita del tessuto siciliano.
Anche se ci fu che qualche idea per un serio sviluppo economico,una tale idea si imbattè in realizzatori che l’idea furono costretti a metterla a servizio di un ben pensato programma di clientelismo.
Nacquero le industrie regionali; nacque l’Ente Minerario Siciliano; nacque l’Ente Riforma agraria, tutti organismi che dopo un ventennio di mangiasoldi a miliardi di lire ed ad assunzioni di migliaia di clientes dovettero chiudere per evitare il fallimento.
Le migliaia di dipendenti passarono alla Resais un ente costituito ad hoc che paga stipendi a persone di tutta la Sicilia che non vanno a lavorare perché non sanno dove metterli.
In tutto questo ci pasce il sindacato i cui responsabili di categoria si sono trasformati in panciuti perché ben pasciuti conservatori che si sono specializzati a inventarsi indennità e a scegliersi il patrono politico che assicura i soldi.
A questo punto l’attuale classe politica regionale non ha il coraggio di mandare nessuno a casa per pensare seriamente allo sviluppo del territorio; assistiamo al tentativo di qualche tecnico tipo il novello assessore all’agricoltura Caleca che si inventa un prepensionamento dei forestali e sogna, gran buon uomo, di creare un piano per far lavorare i forestali; sogno e’ sogno resterà.
Che cosa ci resta; la musica non può cambiare perché prima ancora che mancano i soldi mancano gli uomini che possano attuare un programma serio di sviluppo e crescita del territorio; ne è un esempio il piano per l’inserimento dei giovani nel mondo dell’industria: c’erano i soldi ma l’attuazione del programma fallì per la rete informatica che non resse la marea di domande dei giovani siciliani; tutto finì lì.
La speranza che ci resta è quella di un pietoso aiuto da Roma, o l’utilizzo dei fondi europei.
Mentre i fondi romani, semmai arriveranno, saranno gestiti con la solita mentalità clientelare, quelli europei saranno il frutto dell’inventiva e della programmazione di avveduti sindaci e di coraggiosi imprenditori; una sola condizione si debbono imporre, quella di by-passare la regione siciliana . che tutto inquina.
Titta Rizza
18 Gennaio 2015
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