Sicilia sotto scopa, in testa ai costi: mix di bugie e verità
di SALVATORE PARLAGRECO
Sicilia sotto scopa, come sempre. In bilico, sull’orlo del burrone.
E non ha con chi prendersela, sta scontando i suoi peccati, che non
sono veniali. È questo il clima che si respira leggendo le cronache ed
ascoltando gli addetti ai lavori, coloro che dovrebbero remare, avendo
scelto di governare l’Isola (parlamento, esecutivo, management pubblico
ecc.).
Tracimano a valle cose serie ed esemplari sciocchezze,
pezzi di verità e colossali bugie, con il risultato che non si capisce
niente e, soprattutto, si nascono le malandrinate. Qualche esempio? Il
personale della Regione è numericamente il più alto d’Italia. Nessuno
aggiunge che altrove ci sono dipendenti regionali e statali, mentre in
Sicilia gli statali rappresentano una minoranza, perché le competenze
sono passate dallo Stato alla Regione. È la Lombardia ad avere il più
alto numero di dipendenti pubblici, non la Sicilia.
Costi della politica, la Sicilia è in testa perché l’Assemblea regionale siciliana
spende di più di qualunque altro consiglio regionale. Non si aggiunge
che il Parlamento regionale si carica delle spese pensionistiche, che
altrove sono affidate all’Inps, cioè lo Stato, o che l’Ars è ospitata
nel Palazzo dei Normanni, un tesoro architettonico di straordinaria
rilevanza, che impone una manutenzione impegnativa.
Forestali, altro marchio indelebile.
Sono tanti, è vero: trentamila o qualcosa di meno. Ma nessuno avverte
che il numero delle ore complessive dei forestali taglia di metà, di
fatto, la spesa che tuttavia resta una enormità e viene percepita come
una spesa inutile per via della modesta vigilanza che i boschi siciliani
ottengono.
L’elevata entità dei costi della politica, 158 milioni per il Parlamento regionale,
è diventato il vero marchio d’infamia della Sicilia (solo tre cittadini
su cento hanno fiducia nella politica). Ma perché i costi delle
istituzioni (e della democrazia rappresentativa) sono considerati costi
della politica? Fare funzionare il Parlamento è una cosa, mantenere le
segreterie particolari, i portaborse, le clientele, i convegni e tavole
rotonde per pochi intimi, un’altra. Costi della politica sono le pensioni d’oro di burocrati e parlamentari,
nazionali e regionali. Costi della politica sono le leggi sbagliate, i
ritardi, le omissioni, l’inconcludenza, la litigiosità, il mercimonio
della cosa pubblica. Elementi uncountable, per dirla all’inglese, non contabilizzabili, che restano fuori dai costi della politica.
L’Assemblea regionale siciliana non è innocente:
ha istituito un suo fondo di previdenza, come la Camera ed il Senato,
per convenienza, allo scopo di decidere compensi e vitalizi assai lauti.
Ed ora subisce la legge del contrappasso, i compensi sono allineati ma i
costi restano alti
Il personale della Regione.
L’elevato numero di dipendenti non è il vero problema, la macchina
regionale si regge grazie alle cosiddette assistenze tecniche, di cui
nessuno pronuncia verbo: decine di società specializzate, provenienti da
varie regioni, che sono retribuite per affiancare ed offrire ausilio
tecnico ai dipendenti, e nella realtà si sostituiscono ad essi. Costano
un patrimonio. Avete letto un solo rigo sull’argomento?
Quante siano le aziende che operano nel campo dell’assistenza tecnica
forse non lo sa nessuno, di certo le assistenze tecniche non si
preoccupano di formare il personale dipendente e il personale dipendente
non si preoccupa (in molti casi), di essere formato perché mancano le
competenze di base (in qualche caso la volontà e l’interesse…). La
voragine di quattrini si può fermare? Difficile, non si fanno concorsi
da trenta anni, né si attuano procedure di mobilità dotate di criteri
sostenibili. Conseguenza: la Sicilia spende un sacco di quattrini per la
formazione, anche quella che non c’è.
Il presidente della Regione, Rosario Crocetta,
ha recentemente emanato una direttiva: le assistenze tecniche devono
essere utilizzate per formare il personale. L’obiettivo è di fare da
soli. Ma le assistenze tecniche hanno interesse a ereditare se stesse e
non ad insegnare, ed il personale è in larga parte sprovvisto delle
competenze di base. Non si può trasformare un agronomo in un
amministrativista, e un ingegnere edile in esperto informatico.
In definitiva, sparando a palle incatenate in modo scriteriato
e distruttivo sulla Sicilia brutta e cattiva si ottengono questi
risultati: isolarla, renderla debole, addebitargli colpe che non ha,
nascondere gli inghippi e le malandrinate reali che la impoveriscono.
30 Dicembre 2014
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