La dieta dimagrante imposta da Renzi alle Regioni è sacrosanta, il giusto preludio della loro abolizione
di Tino Oldani
Che goduria! Le lamentele di Sergio Chiamparino e degli altri presidenti di Regione contro il taglio di 4 miliardi deciso dal premier Matteo Renzi sulle spese regionali, è musica per chi, come noi di ItaliaOggi, va denunciando da tempo gli sprechi degli enti locali. Sono la prova che Renzi, con la Legge di stabilità, ha toccato un nervo scoperto, portando alla luce del sole un dibattito sugli sperperi regionali che finora ha coinvolto solo un'esigua minoranza di studiosi. Il taglio di 4 miliardi alle Regioni è senza dubbio salutare, ma non basta. Ora Renzi deve andare fino in fondo: l'ideale sarebbe l'abolizione di tutte le Regioni, certamente più inutili e dannose delle Province, ma, per cominciare, basterebbe che il premier ne riducesse il numero da 20 a 10, come era nei progetti da lui pensati prima di approdare a Palazzo Chigi, stando alle rivelazioni fatte pochi giorni fa da Matteo Richetti, deputato renziano della prima ora.
Quanto alla necessità di una forte dieta dimagrante delle spese regionali, sono le stesse dichiarazioni dei governatori che protestano, a confermarlo. Nicola Zingaretti (Lazio) dice: «Noi, in un anno e mezzo, abbiamo tagliato 400 poltrone, eliminato le auto blu e vitalizi, dimezzato gli stipendi, chiuso oltre 12 società regionali, stiamo riducendo i primari di 400 unità, messo in efficienza la macchina amministrativa». Bravo, un buon inizio. Ma resta il fatto che i contribuenti del Lazio, per colpa dell'enorme debito regionale, continuano a pagare le addizionali Irpef più alte d'Italia. Segno evidente che resta ancora molto da fare.
Un esempio? La regione Lazio si è dotata perfino di una banca, la Banca Impresa Lazio (Bil), per dare prestiti alle piccole imprese. Nel 2012 gli ispettori della Banca d'Italia l'hanno sottoposta a un'indagine, rilevando «criticità, lacune e una redditività negativa nonostante le ampie provvidenze fornite dalla Regione». Per rimediare, la Bil ha presentato un piano industriale, che la Banca d'Italia ha però bocciato, rilevando che, in questa banca regionale, il personale ha un costo medio di 103 mila euro a testa, contro i 52 mila euro dei principali concorrenti, un numero di dirigenti pari al 73,6% del totale dipendenti, un costo per pratica di 6.200 euro contro i mille euro del mercato, e appena 29 pratiche annue lavorate per dipendente, contro le 120 dei concorrenti. Risultato: le perdite degli ultimi anni hanno intaccato il patrimonio. Dunque, prima di lamentarsi, il governatore Zingaretti, si rimbocchi le maniche e affronti tutti gli sprechi.
Anche Luca Zaia, governatore del Veneto, si considera un governatore virtuoso, che ha già tagliato tutto il possibile, e ne segnala i risultati a Renzi, perché tagli altrove, ma non il suo budget. Dice: «Da noi le siringhe costano 4 centesimi, ci sono regioni che le comprano a 26. Per non parlare di quelle a Statuto speciale». Sono dati che conosciamo da anni, ma Zaia è stato a lungo ministro prima di fare il governatore: perché non ha mosso un dito quando stava al governo e imposto i costi standard? Dice anche: «In Sicilia ci sono 22 mila forestali, contro i 400 del Veneto». Per la verità in Sicilia ci sono sprechi dovunque, oltre ogni immaginazione, e i forestali sono la punta dell'iceberg che si nota di più. Un iceberg che, a dispetto della temperatura locale, cresce ogni anno.
Come ha accertato un'inchiesta di Panorama, ora i forestali siciliani sono non già 22 mila, ma ben 28 mila, parte dei quali lavorano a tempo determinato: 6 mesi l'anno, da giugno a dicembre, sono pagati dalla Regione 1.200 euro al mese, mentre negli altri sei mesi sono a carico dell'Inps. A conti fatti, i forestali siciliani sono poco meno della metà del totale in Italia (70 mila). Il tutto per accudire una superficie boschiva regionale che è tra le meno estese in Italia: poco meno del 10% del territorio, contro la media nazionale del 30%. Tra i casi più eclatanti, risulta insuperato il caso del Comune di Godrano, a pochi chilometri da Palermo: 109 forestali su 1.096 abitanti. Qui, di professione «forestale», sono il sindaco, il suo vice, gli assessori ai Lavori pubblici e al Turismo, e il presidente del consiglio comunale. In pratica, tolti anziani, donne , bambini e disoccupati, il 90 % degli abitanti di Godrano fa il forestale.
Tra gli infiniti sprechi che in un Paese meno distratto avrebbero già imposto l'abolizione della Regione Sicilia, vi è poi lo scandalo dei Pip (piani di inserimento professionale), che hanno consentito di assumere migliaia di precari finti, ma mafiosi veri, perfino quelli con un reddito da 500 mila euro l'anno. Lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco (Buttanissima Sicilia, Bompiani) aggiunge un dettaglio che ha dell'incredibile: «Tra questi precari c'è anche il boss Tonino Seranella, prende mille euro di sussidio al mese dalla Social Trinacria, la società che carbura questi Pip, ma è proprietario di svariati pub, di un tesoretto di 40 milioni di euro e di uno yacht, più un gommone e un acquascooter ormeggiati all'Acquasanta e a San Nicola l'Arena». Serve altro per impugnare una robusta scure, invece delle solite forbicine?
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interpellanza dell'on. giovanna negro (lega nord)
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