Incontro all'Istituto Guarnaccia di Pietraperzia
Tutela dell'ambiente e archeologia industriale
rivivono nel ricordo dei «carusi» delle miniere
Pietraperzia. Tutela ambientale e archeologia industriale connesso al trattamento disumano dei carusi nelle antiche miniere di Floristella. Un centinaio di alunni dell'istituto Vincenzo Guarnaccia hanno incontrato nella sede della scuola gli agenti del corpo forestale e un funzionario della soprintendenza per adempiere al progetto di legalità inerente all'ambiente e al rispetto delle regole. All'incontro hanno partecipato il commissario superiore, Giuseppe Di Luca, dell'ispettorato ripartimentale delle foreste di Enna, l'ispettore superiore, Luigi Siciliano del corpo forestale di Pietraperzia e, infine, l'architetto Pasquale Ingala, funzionario presso la soprintendenza ai beni culturali di Enna. A dare i saluti il dirigente scolastico, Antonio Arcangelo Amoroso e la coordinatrice del progetto la prof. Maria Stella Barbagallo. L'incontro ha interessato gli alunni della scuola secondaria di primo grado dell'istituto pietrino con sette classi della prima, seconda e terza media con i docenti Paola Di Maggio, Gaetano Cumbo, Salvatore Mastrosimone, Antonella Vasile, Elisa Di Salvo, Giovanni, Barbusca, Domenica Montalto, Concetta Maddalena, Francesca Andolina e Raffaella Siciliano. Il commissario superiore, Giuseppe Di Luca, ha introdotto le bellezze del territorio ennese tra cui quello il Parco Minerario di Floristella, soffermandosi sul fatto che i carusi venivano venduti e scendevano fino a 180-200 metri caricandosi grossi massi che dovevano portare in superficie. «Spesso giovani e meno giovani - afferma Di Luca - si ammalavano ai polmoni per la presenza di gas ed erano destinati a morire a volte anche come topi annegati o anche per alcuni crolli in miniera e molte volte mai nessuno reclamava la loro presenza». Più tardi si introdusse il sistema delle due medagliette: una veniva depositata all'entrata della miniera, l'altra veniva portata al collo; se mancava la seconda medaglia significava semplicemente che il caruso era morto. Il funzionario della soprintendenza, l'architetto Pasquale Ingala, visibilmente preso dall'argomento su Floristella perché ha approfondito l'argomento nella sua tesi di laurea, ha parlato invece dell'aspetto relativo ai siti produttivi congiunti al paesaggio. Floristella era residenza estiva della famiglia Pinnisi, di cui ancora si conserva l'antico palazzo. All'interno del parco si trovavano giacimenti di zolfo e, per circa due secoli, ha offerto lavoro a gente proveniente da diverse parti. «Le condizioni di lavoro erano disumane - afferma Ingala- si lavorava nudi soprattutto per l'eccessivo caldo, ma anche per non sciupare i pochi vestiti che i lavoratori possedevano. Dopo l'abbandono si è cercato di recuperare questi siti con la tutela del paesaggio. Nella miniera c'era poca luce quindi si può immaginare in che condizioni i minatori lavorassero».
r. p.
15 Aprile 2014
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