05 febbraio 2014

DAL COMUNE DI NOTO SI CHIEDE AIUTO. PER LA PULIZIA DEGLI ARGINI DEL FIUME ASINARO SI UTILIZZINO ANCHE I FORESTALI


«Territorio sventrato, tutta la verità su Noto»

Il procuratore capo di Siracusa: «Responsabilità gravissime, la giustizia deve dare risposte su una situazione pazzesca»


Foto lasicilia.it


Mario Barresi
Nostro inviato

Noto. Sia chiaro: «L'Asinaro non può essere un fiume rosso di sangue, ancora una volta, a distanza di millenni». Tira fuori le sue reminescenze classiche, il procuratore capo di Siracusa. Che, all'indomani della tragedia di Noto, cita Tucidide. Già, perché il fiume è lo stesso della celeberrima battaglia, del 413 avanti Cristo, fra l'esercito degli ateniesi, invasori e sconfitti, e quello dei siracusani, invasi e vincitori. Ma oggi a essere sotto attacco è il territorio, una striscia di circa 22 chilometri compresa fra le pendici del monte Mezzo Gregorio e il meraviglioso della foce di Calabernardo. «Un territorio sventrato, con responsabilità gravissime che è nostro dovere accertare, senza fare sconti a nessuno», dice senza mezzi termini Francesco Paolo Giordano.
Il capo della Procura di Siracusa mette fra parentesi la ricostruzione della dinamica dei fatti. «C'è un chiaro riscontro sulla colpa-negligenza di chi era alla guida dell'auto», ma su questo scenario «c'è piena fiducia sul lavoro svolto dalla collega Caterina Aloisi e dalle forze dell'ordine». Giordano si spinge avanti, confermando la spiccata sensibilità sui problemi del territorio e dell'ambiente manifestate nel corso della sua carriera di magistrato. «La giustizia ha il dovere di dare una risposta a 360 gradi, al di là del tristissimo episodio, su una situazione pazzesca», alimentata da abusivismo e da sanatorie allegre, quando non addirittura da colpevole assenza di controlli e di interventi.
E allora la morte di Marisol Latino, Alessandra Tumminieri e Maria Gioelli è un punto di partenza. Con l'obiettivo dichiarato di arrivare altrove: alle responsabilità. Quelle più legate alla tragedia, come «chi aveva l'obbligo di chiudere la strada e di indicare un percorso alternativo», ma anche sulla «mancata apposizione di cartelli di pericolo per chi percorre quella strada in caso di maltempo» e naturalmente un approfondimento «sulla mancata pulizia degli argini del fiume Asinaro». Ma ancora più in alto, inerpicandosi sulla montagna della verità, ci sono responsabilità più pesanti, anche se più difficili da svelare. Un «monitoraggio sulla situazione complessiva, con una precisa mappa sull'abusivismo e sul rischio idrogeologico» è la dead line investigativa della Procura di Siracusa, per avere il quadro completo «su tutto quello che è stato fatto male e che non è stato fatto».
Non sarà un lavoro facile. Perché «soltanto a livello di fiumi e torrenti abbiamo censito 50 punti di criticità», ammette Leonardo La Sita, disaster manager del Comune di Noto. «Per tenere sotto controllo il rischio di un territorio vasto come il nostro - aggiunge il funzionario - ci vorrebbe l'esercito». La Sita ammette «la pesante difficoltà», legata alla «carenza di fondi» ma anche aIla «sovrapposizione di competenze, come ad esempio sulla strada del "Durbo" che ha due passaggi su arterie provinciali». Dal Comune si chiede aiuto. Per «la pulizia degli argini del fiume Asinaro, di competenza del Genio civile e della Regione», invocando anche «l'utilizzo di forestali e di operai dei cantieri regionali, che potrebbero essere destinati alla manutenzione di questa parte di territorio a rischio», auspica il manager.
Ieri in municipio s'è tenuto un incontro tecnico per fare il punto sulla situazione di contrada Romanello, da dove più volte s'è alzato il grido dei residenti: «La Prefettura ha chiesto già nel 2011 interventi al Comune, ma non s'è mai fatto nulla». Adesso si prova a correre ai ripari: «Con un'ordinanza - anticipa La Sita - si potrebbe disporre l'apertura della strada privata, alternativa all'attraversamento del guado, ogni volta che ci sia l'allerta meteo». E a questo proposito c'è un giallo aperto. «Su Noto non è scattata l'allerta meteo», denuncia Corrado Ingallina, netino, consigliere dell'Ordine regionale dei geologi. Doppiamente colpito dalla vicenda, «perché la piccola Marisol era compagna di classe di mia figlia», rivela «Magari, viste le presunte responsabilità personali sulla tragedia, non sarebbe cambiato il corso della storia», premette. Eppure «ognuno avrebbe avuto la coscienza a posto», perché «la procedura, in base a un protocollo fra Protezione civile regionale e Ordine dei geologi, in questi casi prevede l'attivazione di presìdi con il coinvolgimento di colleghi del territorio, pronti a presidiare i nodi critici conosciuti». L'altro particolare quanto meno strano è che quella parte del fiume Asinaro non è indicata come "zona a rischio" nell'attuale Pai (Piano di assetto idrogeologico) della Regione. «Ho guardato la cartina e il luogo della tragedia è indicato col colore bianco, quindi con assenza di rischio. Ma a livello di esondazioni, visto che si tratta di un posto abitato e percorso da mezzi, dovrebbe essere classificato anche come "R4", cioè il livello massimo». Altro materiale per le verità nascoste sui tavoli della Procura di Siracusa. Un faldone destinato a ingrossarsi. Come un fiume in piena.
twitter: @MarioBarresi


04 Febbraio 2014




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