Dal sito palermo.repubblica.it
Secondo lo studio di Unipol e Ambrosetti l’Isola colleziona una serie di primati negativi. Lionti (Uil): “Numeri impietosi”
di Gioacchino Amato - 05 MARZO 2024
Seconda in Italia per spesa nelle politiche attive del lavoro, istruzione e formazione ma quartultima per efficacia e capacità di risposta delle misure finanziate. È il paradosso che emerge dal focus regionale del rapporto 2023 del centro studi “Welfare Italia” promosso da Unipol con The European House Ambrosetti e reso noto in questi giorni. Il rapporto esamina in modo dettagliato i settori delle politiche sociali, sanità, previdenza e formazione per misurare l’efficacia del sistema di Welfare messo in campo dalle regioni italiane. Secondo lo studio la Sicilia è seconda nella spesa pubblica per istruzione e formazione dove impiega il 6,3% del suo prodotto interno lordo contro il 4,2% della media nazionale. Seconda posizione anche per le politiche attive del lavoro con il 3,9% del pil impiegato rispetto al 2,8% di media nazionale. Malgrado questo l’Isola è relegata in diciottesima posizione nella classifica elaborata dal centro studi davanti a Basilicata, Campania e Calabria.
La nostra regione colleziona inoltre una serie di primati negativi, a iniziare dall’ultimo posto per quota di giovani fra i 15 e i 34 anni che non studiano e non lavorano. I “neet” siciliani sono, infatti, il 36,4% del totale di ragazzi e ragazze siciliani contro una media italiana del 19,5%. Siamo fanalini di coda anche per il part-time femminile involontario che arriva al 24,6% rispetto al 17,1% di media nazionale. «Sono numeri impietosi – commenta la segretaria di Uil Sicilia, Luisella Lionti da Roma dove il sindacato festeggia i 74 anni di attività – che dimostrano la scarsa qualità della spesa della Regione in settori vitali come l’istruzione e il lavoro. Sono anche il segnale della carenza di infrastrutture, a iniziare dai trasporti che rendono persino difficile per i ragazzi frequentare la scuola e da quelli a sostegno delle donne lavoratrici. Il dato sull’occupazione femminile e sul part time involontario è drammatico».
Non a caso lo studio di Welfare Italia pone l’Isola al ventesimo e ultimo posto anche per tasso di disoccupazione (16,6%, il doppio dell’8,1 nazionale), per dispersione scolastica (18,8% contro il 10,4% italiano) e numero di cittadini inattivi (61,3% contro il 50,3%). «C’è un sistema di istruzione e formazione inadeguato – continuato Lionti – un’incapacità a mettere a terra gli interventi finanziati.
Il risultato è che l’unico lavoro che c’è in Sicilia è lavoro povero e precario. La pubblica amministrazione non assume da anni, il settore privato ad iniziare dal terziario, attività turistiche in testa, occupano soprattutto stagionali, part time e personale a tempo determinato. Un lavoro, per giunta, insicuro per la mancanza di controlli. Le nome per la sicurezza sul lavoro ci sono ma se la Regione non nomina gli ispettori tutto rimane sulla carta, inutile invocare nuove leggi dopo ogni tragedia come è avvenuto per Firenze».
In una regione in difficoltà i dati elaborati con Ambrosetti registrano persino un peggioramento della spesa siciliana per interventi e servizi sociali. In un anno siamo retrocessi di tre posizioni dal quindicesimo al diciottesimo posto con una spesa di 82 euro pro capite, quasi la metà della media nazionale che si attesta sui 158 euro. Unico dato in parte positivo è quello dell’efficacia ed efficienza del sistema sanitario che vede la Sicilia passare dal quindicesimo al tredicesimo posto.
«Sono numeri che dimostrano il ritardo della nostra regione – sottolinea Lionti – e che diventano ancora più allarmanti se si considera il rischio che l’autonomia differenziata diventi realtà. Significherebbe amplificare questi divari già difficilmente colmabili senza un impegno straordinario. Per questo continuiamo a chiedere con forza una presa di posizione diversa al presidente della Regione, Renato Schifani. Non si può dire sì a un provvedimento che scarica tutto sui nostri Comuni che con le casse vuote dovrebbero garantire i famosi livelli essenziali di prestazione».
Fonte: palermo.repubblica.it
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