di Antonino Lomonaco
LTI di Linguaglossa
“Il valore di un lavoro che strappa la vita dagli uomini ha il peso della memoria“.
Questa è la frase incisa sul monumento a memoria dei nostri caduti del 1993.
Una frase che vuole ricordare i compagni tragicamente rimasti per sempre sull’impervia montagna Culma, nel territorio di Castiglione di Sicilia.
Frase che vuole essere anche un monito per tutti noi dell’antincendio boschivo, così come di ogni altro lavoro pericoloso ed incompreso.
La volontà all’ incomprensione, nell’ambito lavorativo, ha sempre uno scopo: quello della possibilità di gestire il tutto nella sottovalutazione, anche degli uomini che lo svolgono.
Così gli uomini arsi vivi nella lotta alle fiamme vengono dimenticati, come se non fosse mai successo alcunché. Ed è così che viene dimenticato il motivo della stessa lotta e delle condizioni in cui essa viene svolta.
In effetti, più che di una semplice lotta, si tratta ormai di una “guerra”, la quale non ha solo un carattere locale. Essa si riallaccia ai fenomeni mondiali di sconvolgimento delle economie e degli ecosistemi particolari, in nome di esigenze ed ingerenze di interesse multinazionale dei mercati globali.
Interessi talmente sovrumani che il “mercato” è ormai sinonimo di “sacralità”.
Sembra, infatti, ribaltando il senso delle cose, che gli uomini debbano essere al servizio di questa istituzione e non il contrario!
Bestemmia della democrazia! Aberrazione etica della nostra misera epoca!
E’ così che i terreni prima coltivati, non reggendo la concorrenza, vengono abbandonati alla vegetazione selvatica e all’arbitrio dell’ignoranza brutale.
Se l’abbandono mette a disposizione il combustibile, l’ignoranza brutale attiva l’innesco.
Il comburente è, di certo, il disastro etico delle società cosiddette moderne, senza valori che non siano altro oltre il danaro: allucinogeno per gli uomini ma linfa dei mercati.
Eppure ciò che può avere un prezzo non può mai avere un vero Valore.
Un vero Valore non può essere comprato, non può essere scordato: la Vita, l’Amore, la Dignità, non possono essere né mercificati, né obliati.
Ed è proprio nella dignità che vi è la sintesi di vita e di amore: essa delinea il vivere amando ciò che si fa, ciò che si è.
Tutt’altra cosa dell’usurpazione: della mancanza d’amore per quel che si fa.
La diretta conseguenza sociale di tutto ciò è che questa mancanza di amore, di cui si sta dicendo, permette la slealtà fra gli uomini.
Così una società si consuma, l’usurpazione e la falsità diventano regola, la malattia della finzione si diffonde intossicando quella stessa tipologia di uomini sinceri e leali.
La slealtà ossida, corrode internamente il convivere fra gli uomini, allo stesso modo di un incendio.
Persone sbagliate nei posti sbagliati sono conseguenza e causa di catastrofi irresolubili.
Quei tipi incapaci di reggere le responsabilità che si assumono non sono uomini, ma comparse, squallidi attori di farse e tragedie.
Il valore di un lavoro capace di strappare la vita dagli uomini, non può che avere un peso riposto nella memoria. Un peso grave oppure impercettibile fino a scomparire, come se nulla fosse mai stato. Come se tutto fosse vano di fronte alla strafottenza, presuntuosa e insensibile: espressione di sola meschinità.
Ricordare o dimenticare diventa, quindi, il discrimine dell’inclinazione ad imparare sia l’attenzione, sia la cura di ciò che è significativo. Dimenticare è la manifestazione della sufficienza nella gestione di una organizzazione che fa la guerra alla distruzione.
Dimenticare significa che ciò che non si ricorda non si reputa importante.
Questo lo sa bene chi ha avuto la fortuna di ritornare da dove quegli altri, purtroppo, sono rimasti.
Una fortuna data dalla cura a rispettare le norme minime sulla sicurezza, le quali soltanto, assieme alla prontezza, gli hanno permesso di attraversare oltre dieci metri di fiamme in risalita, con mulinelli di fuoco come damigelle di una improvvisa esplosione letale.
Norme disattese dall’incuria strafottente, tali da lasciare finanche intere squadre inutilizzabili, perché senza dispositivi di sicurezza personali o perché senza automezzi!
Uomini coraggiosi, avvezzi alla fatica più estenuante ed ai pericoli degli incendi boschivi, umiliati nell’inutilità insensata, nell’attesa di una risoluzione sempre annunciata come imminente e sempre posticipata. O gli altri lasciati ad un impegno maggiorato per l’assurda assenza dei primi.
E che dire dei territori abbandonati, in questo modo, alla mercé del rischio della distruzione?
Tutto ciò come se nessuno avesse responsabilità: come di fronte a bambini innocenti.
Eppure il gioco è molto serio. Si tratta di un gioco la cui portata è l’inaridimento della nostra già vessata terra e, visto da una prospettiva più ampia, il contributo alla sopravvivenza stessa del Pianeta, con i suoi problemi di inquinamento e di innalzamento medio della temperatura.
I nostri Uomini che affrontano gli incendi boschivi, hanno dimostrato e dimostrano, a livello mondiale, il loro Valore: non mi stancherò mai di ricordare che in Sicilia mai un incendio è durato più di qualche giorno, pur avendo le stesse condizioni vegetative, e di temperature ambientali, della California, della Spagna, della Grecia, ecc.
Questo, nonostante si abbia una gestione che continua a sottovalutare questi uomini, umiliarli,... dimenticarli di fronte agli attacchi pretestuosi dell’ ignoranza mediatica o, persino, nel loro sacrificio più estremo.
Abbiamo costruito con le nostre mani, a nostre spese, questo umile ma prezioso monumento, così da avere, nel nostro luogo di raccolta delle Squadre A.I.B. di Boriglione, a Linguaglossa, un sito in cui commemorare, finalmente, un fatale, quanto ingiusto, sacrificio, da non dimenticare, poiché ci ricorda chi siamo.
Ci ricorda che: <<Il valore di un lavoro che strappa la vita dagli uomini ha il peso della memoria>>.
“Ex silvis ad gloriam”
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