17 luglio 2023

IL TEMPO DELLA TRISTEZZA (17 LUGLIO 2022)


di Antonino Lomonaco
Lti di Linguaglossa (CT)

Il numero minimo in una squadra di antincendio boschivo è di sei persone.
Mi ricordo solo qualche decennio fa, quando nel mio distaccamento forestale di Linguaglossa, in provincia di Catania, eravamo 45 gli addetti attivi che affrontavano in prima linea le fiamme, oltre agli autisti e le vedette il cui apporto è fondamentale per una efficienza nell'intervento repressivo. Tali interventi sono tanto più efficaci quanto sono più tempestivi: ecco l'importanza di una brava vedetta che individua immediatamente un incendio e sa indicare, a distanza, il luogo e la via migliore a raggiungerlo. Ecco l'importanza degli autisti dei mezzi, capaci a muoversi su strade impraticabili, da decenni senza manutenzione alcuna, con la responsabilità dell'incolumità di una squadra pur con automezzi obsoleti di due o tre decenni di movimentazione proprio su tali tratti di viabilità quasi impossibile.
Ed infine proprio loro, i pazzi, quelli che con temperature ambientali che si aggirano e spesso superano i quaranta gradi centigradi, che dentro tute ignifughe poco traspiranti perché pensate per altri contesti ambientali più freschi, guerrieri di una guerra persa e tuttavia, alle soglie dei sessanta anni, ancora e sempre là, a combatterle quelle fiamme, bestemmiando l'ingiustizia del mondo dentro la loro pelle coriacea di gente di montagna, ultima fra gli ultimi, eppure gente più grande di ogni altra in dignità e cuore.
Mi ricordo di quando nel mio distaccamento, così come negli altri distaccamenti, vi erano turni di due squadre la mattina e di due squadre al pomeriggio così che, quando affrontavamo un grosso incendio, potevamo metterci una squadra per fianco a risalirli quei fianchi, per poi spegnere insieme, senza acqua, con i soli flabelli, pale, roncole. Due squadre in combinata, in sinergia, con maggiore sicurezza. Ci si ritrovava in testa dell'incendio chiuso, contenti per il buon esito mai scontato. Pronti poi, dopo una pausa, a riprendere la discesa degli stessi fianchi per i lavori di bonifica e di controllo a scansare riprese, su terreni scoscesi, difficili anche a camminarci. Che lavori faticosi! Ma belli e ben fatti!
Chi non ha provato non può capire quel che dico: la fatica estrema ma, contemporaneamente, il piacere nell'operato che si è fatto, nella lotta contro la distruzione evidente... da un lato solo la cenere, dall'altro il bosco salvato.
Che tristezza adesso tornare a quel mio distaccamento per vedere le squadre ridotte, ormai, a due tre addetti, con turni di una sola squadra al mattino ed una al pomeriggio. Addetti anziani, che provvedono e riescono a vincere le fiamme solo per l'esperienza e l'amarezza di non aver costruito niente di buono, senza continuità. Un'amarezza disincantata che si aggiunge al disincanto atavico dell'animo nostro di siciliani perennemente sconfitti dalla storia. E dire che proprio in questa esperienza dell'antincendio boschivo, noi siciliani eravamo riusciti ad esprimere un servizio all'altezza del compito: mai un incendio è durato mesi, così come in altri contesti mondiali e pur con la nostra calura estiva, la vegetazione che rinsecchisce, la continuità boschiva che dai Peloritani arriva fino alle Madonie, ai monti Sicani, il massiccio dell'Etna, i monti Iblei... pur con il degrado immane dell'abbandono dei terreni agricoli che in breve tempo si inselvatichiscono e dell'incoscienza civile che, come un virus, infetta ogni ambito della società e che poi appicca, di fatto, le fiamme della distruzione di ogni cosa, con una incidenza continua e pressante.
Purtroppo ciò che non si vede, anche se esiste, non esiste e quindi non assume valore. Al nostro servizio non si è voluto dare il riconoscimento meritato e adesso sta morendo per inedia, per l'ignavia di una politica amministrativa cieca, per la mediocrità di un giornalismo incapace di approfondire, rivolto più alla cronaca del "chiacchiericcio" da cortile che ad informare per riflettere e migliorare.
Non dimenticheremo mai le campagne di discredito gettate come fango sulla nostra onestà di lavoratori, quando ci si accusava, per frenare le nostre giuste rivendicazioni, di essere noi stessi la causa degli incendi, nonostante i nostri infortuni e le nostre vittime! 
Così, oggi, la conseguenza è l'aumento esponenziale delle richieste di intervento aereo, con i suoi costi esorbitanti: l'intervento di un elicottero con la benna è di duemila euro l'ora, un Erikson diecimila euro l'ora, un Canadaer quindici mila euro l'ora. Costi che noi tutti paghiamo attraverso le tasse ed il debito pubblico che ci imprigiona sempre più. Considerando, purtroppo, che il fenomeno degli incendi boschivi da noi così come in ogni parte del mondo, sia in aumento, ci si deve porre il problema di come nei prossimi anni tale annosa questione si potrà affrontare. Sia chiaro, comunque, che la risposta è già in pesante ritardo.
Infine, in questo delicato discorso, non posso non ricordare la professionalità emotiva, anch'essa misconosciuta, degli addetti alle sale dei centri operativi provinciali degli Ispettorati forestali, i quali debbono confrontarsi con la gestione di momenti di pura valanga di interventi antincendio, con accavallamenti di comunicazioni radio, telefoniche, richieste, segnalazioni, inserimenti di dati, cittadini presi dal panico, inopportuni rimproveri, incomprensioni di privati e del solito apparato pubblico che non capisce neanche i tempi separati di intervento e di prevenzione, vivendo esso ormai in un altro mondo sidereo, lontano dai comuni mortali.
Per i comuni mortali, come si diceva in quella magnifica scena del film "Blade Runner": <<ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare... E' tempo di morire>>
Per i comuni mortali è tempo...
E non posso che aggiungere, con rabbia e biasimo: PECCATO!
Antonino Lomonaco





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