29 giugno 2023

PIANETA. PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI BOSCHIVI COSTA POCO, MA È ANCORA SOTTOVALUTATA

AP Photo/Andres Leighton (LaPresse)

Dal sito www.linkiesta.it

di Erminia Voccia
Come per la crisi climatica in generale, i danni economici dell’inazione sono sempre superiori rispetto agli interventi per rendere un ecosistema più resistente e resiliente. Un piano antincendio efficace promuove lo sviluppo di filiere locali e la commercializzazione del legno di qualità, ottenuto con la selvicoltura preventiva in aree strategiche

I boschi tutelano l’equilibrio idrogeologico, producono ossigeno e immagazzinano grandi quantità di CO2, che però viene rilasciata quando vanno a fuoco insieme a grandi quantità di polveri sottili. Nelle aree a rischio correttamente gestite, però, alcune procedure responsabili riducono le probabilità di incendio attraverso attività di diradamento, pulizia del sottobosco e controllo della qualità del legno morto a terra. 

Secondo un’analisi di Pefc, l’ente promotore della gestione sostenibile del patrimonio forestale, i boschi gestiti, e in particolare quelli certificati per la gestione forestale sostenibile, hanno una probabilità di essere interessati da incendi fino a nove volte inferiore rispetto a quelli non certificati. Pefc ha inoltre calcolato che spegnere un incendio costa fino a otto volte di più che prevenirlo. 

A causare gli incendi sono i cambiamenti climatici, le azioni dell’uomo, imputabili per il settantacinque per cento degli episodi, e certamente anche la mancanza di una gestione attiva e consapevole delle foreste. Nel 2017 le alte temperature e un periodo di siccità prolungata hanno determinato condizioni tali in Piemonte affinché si verificassero, nel mese di novembre, otto grandi incendi boschivi. 

Da allora, sono cambiati l’approccio e la sensibilità al tema. Grazie alla collaborazione tra il Consorzio Forestale Alta Val di Susa, le Unioni Comuni in Val di Susa, il Dipartimento Disafa dell’Università di Torino, le ditte forestali e le segherie locali, è stato identificato un piano integrato di prevenzione incendi che ha riguardato l’intera copertura forestale dell’Alta Val di Susa, vale a dire quasi 26.300 ettari, e un’area pilota localizzata in Bassa Val Susa. 

Il Piano di Prevenzione Territoriale dell’Alta Val Susa riguarda otto interventi di auto-resistenza del bosco; otto interventi su interfaccia urbano-foresta; diciotto interventi sulla viabilità. In generale, sono trentacinque gli interventi previsti su una superficie di ottocento ettari, per un investimento previsto di 3,7 milioni di euro in quindici anni, una somma contenuta rispetto a quanto costerebbe estinguere incendi di grandi dimensioni, con 1,2 milioni di ricavi ottenibili da duemilacinquecento metri cubi di legname esboscabile. 

Prima di tutto, si è cercato di capire come il fuoco si era comportato e quali criticità aveva provocato. Attraverso l’analisi delle immagini satellitari è stata definita la severità di incendio, si è cercato così di ricostruire le funzioni prevalenti del popolamento boschivo andato bruciato. È stata definita una scala di priorità degli interventi confluiti poi nel piano straordinario. 

«Abbiamo lavorato con le piante morte in piedi – spiega Roberta Berretti, tecnico della ricerca dell’Università di Torino –, abbiamo identificato le modalità con cui tagliare le ceppaie, come lasciare i tronchi e con quali funzioni, perché i coni d’ombra offerti dai tronchi sono fondamentali per permettere la rigenerazione del bosco».

Un bosco adeguatamente gestito è un bosco in grado di resistere di più agli incendi. Perché ciò sia possibile, i piani di intervento prevedono di creare la cosiddetta “discontinuità orizzontale”, che si realizza quando i gruppi di alberi sono lasciati a distanza di sicurezza gli uni dagli altri, e la “discontinuità verticale”, che invece è realizzata quando gli alberi di un determinato gruppo non hanno tutti la medesima altezza. Condizioni, queste, che rendono più difficile al fuoco di propagarsi. 

All’interno del bosco vengono realizzati dei corridoi di accessibilità che tagliano in maniera trasversale il territorio per consentire ai mezzi antincendio di accedere alle diverse aree e operare correttamente. Un piano antincendio efficace promuove lo sviluppo di filiere locali, la lavorazione e la commercializzazione del legno di qualità ottenuto con la selvicoltura preventiva in aree strategiche, ai fini della protezione dei servizi fondamentali forniti dalle foreste. 

Non a caso, gestione del territorio significa anche tagliare le piante dove necessario. Talvolta, accettare che delle piante vive e sane vengano tagliate può rivelarsi emotivamente complesso. Per questa ragione è necessaria una specifica e ponderata azione di sensibilizzazione dei cittadini, già sperimentata con successo in Alta Val Susa. 

Diversificare le strutture è un’altra priorità, anche in termini di composizione specifica. Nelle aree delle Alpi piemontesi interessate dal progetto, i popolamenti boschivi sono stati arricchiti con le latifoglie, più reattive al passaggio degli incendi. 

È stato preparato del seme di frassino, sottoposto a estivazione e vernalizzazione secondo il protocollo, e successivamente quel seme è stato sparso e distribuito sul terreno. Un bosco misto di pino e latifoglia è una struttura molto più resiliente rispetto a un bosco popolato di soli pini. L’alternanza di strutture e lo spazio tra i gruppi di alberi consentono al bosco di rispondere meglio al transito degli incendi. 

In questo modo, le fiamme restano radenti e non si trasferiscono alle chiome degli alberi. A quel punto, un intervento risulterebbe tardivo. Il fuoco prescritto, praticato in Val Susa, è una tecnica di utilizzo del fuoco come strumento di selvicoltura. Si tratta di una strategia molto utilizzata: gli australiani ne sono esperti e i francesi la applicano di frequente nell’ambiente mediterraneo. 

Per applicare il fuoco prescritto si deve lavorare in condizioni di sicurezza, dunque si prepara un cantiere isolando una porzione di terreno dal resto del territorio, ci sono delle squadre pronte a intervenire e si procede dando fuoco alla lettiera (il sottobosco), alla massa fine e ai piccoli rametti che sono da considerarsi la “carta” degli incendi. Esistono molte tecniche di accensione e controllo del fuoco, codificate in base alle caratteristiche e alla morfologia della lettiera, e sono necessarie squadre ben formate. 

Con una torcia si dà fuoco in maniera controllata: si brucia solo lo strato di sottobosco e non la sostanza organica del terreno. Il fuoco prescritto può essere applicato solo durante una finestra meteorologica precisa, a determinate condizioni di temperatura e umidità, peraltro difficili da individuare in Alta Val Susa. 

Attuare questo tipo di intervento può costare davvero poco: parliamo di mille euro l’ettaro, mentre altre tipologie di interventi selvicolturali possono costare anche cinquemila, seimila o settemila euro. Tutti gli interventi di prevenzione adottati in Alta Val Susa hanno prodotto informazioni e dati che possono tornare utili anche in altri contesti o aree boschive. Infine, solo per avere un’idea, un intervento preventivo praticato su trenta ettari, in base allo standard lanciato nel 2021 da Pefc, permette di risparmiare quattromila tonnellate di CO2 che altrimenti verrebbero emesse in atmosfera a seguito di un incendio. Un ammontare che nel mercato attuale dei crediti di carbonio equivale a quasi quarantacinquemila euro.





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