Dal sito www.liberta.it
Un bosco può essere considerato un “fornitore” di energia rinnovabile?
Secondo le normative, assolutamente sì, per due ragioni: gli alberi rappresentano una risorsa teoricamente infinita (perché possono esserne piantati a volontà per farne ricrescere di nuovi) e la quantità di Co2 emessa durante la combustione delle biomasse forestali corrisponde a quella che viene assorbita dai vegetali durante il loro processo di crescita.
Ma si fanno sempre più forti le voci critiche, che chiedono di eliminare le biomasse legnose dalla normativa in vista della conclusione dell’iter di revisione della Direttiva sulle energie rinnovabili (Red), prevista entro fine anno.
L’ultimo appello al governo italiano è arrivato da Green Impact, l’associazione italiana che fa parte di una coalizione di più di 100 associazioni europee (Forest Defenders Alliance).
“Nel paniere delle rinnovabili europee – spiega Green Impact – la biomassa pesa per il 60% di cui la metà, il 30%, è costituita dalla biomassa legnosa, originata in gran parte da tagli di foreste, anche vetuste, in Europa e in Stati extra europei che distruggono habitat e specie. Ma le foreste, grazie alla loro funzione naturale di assorbimento della Co2 sono il nostro migliore e più efficiente alleato per combattere la crisi climatica, dunque è più vantaggioso incentivare la riforestazione, invece di abbattere le foreste per bruciarle”.
Una posizione molto forte e netta, ribadita dalla presidente dell’associazione ambientalista, Gaia Angelini: “L’Europa per produrre energia sta distruggendo le sue foreste, che da pozzi di assorbimento di carbonio diventano sorgente di Co2. La Ue rischia di fallire il target della neutralità climatica entro il 2050 per non aver investito nelle rinnovabili: un vero e proprio paradosso. Inoltre, questa fonte di energia arcaica, dannosa per ambiente e clima viene pesantemente sovvenzionata con 17 miliardi di euro all’anno, a discapito delle vere rinnovabili come il solare, l’eolico e il geotermico”. Secondo una stima di Forest Defender Alliance le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla combustione di biomassa legnosa nell’Ue superano i 400 milioni di tonnellate l’anno, pari al totale delle emissioni di Co2 dell’Italia.
Il nostro Paese è il più grande importatore di biomassa forestale per la produzione di energia nell’Unione europea e tra i primi tre importatori di pellet, che proviene anche da stati extra-Ue.
Naturalmente, non sono tardate le reazioni di chi, invece, difende l’utilizzo delle biomasse forestali a scopi energetici: “In Italia i boschi stanno crescendo. Sono raddoppiati negli ultimi 50 anni e aumentati del 5% negli ultimi dieci, secondo i dati del Crea, ente di ricerca vigilato dal ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali”. Lo afferma l’associazione Ebs (Energia da biomasse solide), in risposta all’appello di Green Impact.
“Più boschi significa più materiale da rimuovere per le manutenzioni, anche per proteggerli dagli incendi”, spiega Ebs precisando che “questi materiali costituiscono la metà delle biomasse utilizzate nelle centrali Ebs e se non venissero utilizzati per produrre energia non si saprebbe dove metterli”.
L’altra metà delle biomasse “proviene dai residui delle lavorazioni agricole e agroindustriali. Tagli di materiale legnoso che non può avere nessun utilizzo e che spesso viene bruciato nei campi, con produzione di maggiori polveri e altre sostanze nocive, che nelle centrali a biomasse vengono invece filtrate”.
C’è poi anche una ragione economica: “Le centrali a biomasse – prosegue Ebs – pagano questi scarti agli agricoltori utilizzando gli incentivi e vanno dunque a sostenere una filiera di decine di migliaia di persone, contribuendo al loro sostentamento in un meccanismo virtuoso di economia circolare”.
L’associazione spiega poi che “la biomassa utilizzata nelle centrali italiane è per il 90% nazionale, con la produzione di energia che è l’unica tra le rinnovabili a sostenere il costo della materia prima necessaria per poter funzionare. Per questo il sistema in Italia è supportato da un meccanismo di incentivi, erogati all’energia elettrica prodotta da impianti di taglia medio-grande, che premia l’utilizzo di biomassa proveniente da un raggio di 70 chilometri dalla centrale, la cosiddetta filiera corta”.
Ebs sottolinea, infine, che le biomasse solide si distinguono tra le fonti rinnovabili per la programmabilità e continuità di produzione energetica che garantiscono per più di ottomila ore l’anno. “Per produrre la stessa energia delle biomasse solide, oggi sarebbero necessari 800 milioni di metri cubi di gas e quindi si inserisce a pieno titolo nel mix energetico”, conclude.
greenfuture@liberta.it
Fonte: www.liberta.it
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