di Antonino Lomonaco
Aspi di Lunguaglossa
Le disposizioni per il contrasto agli incendi boschivi, varate come decreto legge dalla Presidenza del consiglio dei ministri del governo nazionale, il due settembre scorso, vanno accolte con la simpatia che si può rivolgere a chi si accorge finalmente di una questione tante volte indicata ma a cui mai si è data la dovuta attenzione. Gli incendi boschivi fanno parte di quelle pesanti ingerenze dell'umana presenza nei territori vissuti da altre specie viventi. Specie viventi, va sempre ricordato, che pur selvatiche hanno una grande valenza indiretta nello stesso benessere della vita degli uomini.
Ciononostante la parte finale del testo, dedicata alle sanzioni, "inciampa" su delle questioni che, per noi dell'antincendio boschivo siciliano, sono delle "ferite aperte".
Innanzitutto, va detto che una condanna per incendio doloso non inferiore a due anni, sia ben poca cosa se ci si convince, così come si dovrebbe, che esso sia, di per sé, una strage.
Tuttavia, l'attenzione posta dal testo all'ipotesi che ad appiccare il fuoco possa essere chi avrebbe invece il compito di tutelare il territorio, sottolineando, nel qual caso, il particolare inasprimento sanzionatorio, è davvero fuori luogo ed antipatica. Infatti essa funziona come se già indicasse una chiave di lettura di un fenomeno, che in realtà è più articolato.
Il fenomeno degli incendi boschivi è planetario e, semmai, evidenzia il generale atteggiamento dissacratorio della civiltà moderna verso i territori e le risorse ambientali. Alla sua origine nessuno si può dire innocente, poichè tutti partecipiamo a questa logica aberrante del consumo e, perciò, della continua richiesta di risorse. Tutti i territori e tutti gli ambienti sono invasi dalla presenza umana, che cerca sia l'uno che le altre.
Certamente fra chi tutela ed ha il compito di intervenire nel contrasto agli incendi, può esserci la cosidetta "mela marcia", ma così come può esserci in ogni altro contesto di ufficio o di lavoro.
Come categoria non vi può essere alcun interesse ad appiccare un incendio, a meno che sia prevista una remunerazione ad intervento.
Ecco! In questo caso certo che vi sarebbe un incentivo!
Eppure, va ben inteso, che questo incentivo sia varato dalle stesse istituzioni, che prevedono una tale miserevole possibilità.
Le istituzioni invece dovrebbero intervenire non con il particolare inasprimento delle sanzioni, bensì con l'eliminare in partenza le condizioni in cui possono introdurre attività di volontariato con possibilità di guadagno a chiamata.
Queste condizioni riguardano, guarda caso, anche gli interventi aerei, i quali hanno anch'essi una remunerazione ad intervento e, tenendo conto che un canadair venga pagato quindici mila euro all'ora (ovvero quanto tre operai antincendio per tutta l'estate), mentre un piccolo elicottero con la benna duemila euro l'ora (ovvero oltre la paga di un mese di un operaio antincedio siciliano) i conti ed i ragionamenti sono presto fatti.
Questo decreto legge è stato varato per l'enorme ed estesa quantità di incendi di questa estate nel sud Italia, la gran parte dei quali nella sola Sicilia. Ecco perchè noi operatori dell'antincendio siciliano ci sentiamo "toccati" dalla particolarità in cui si parla delle sanzioni: perchè spesso, e più che spesso, siamo stati indicati da campagne diffamatorie della stampa, facilona e negligente, come chi avesse un interesse nell'appiccare incendi. Noi siamo lavoratori stagionali, pagati mensilmente anche negli anni in cui, per particolari condizioni atmosferiche, capitasse che incendi non ve ne fossero.
Bisogna riconoscere che in Sicilia vi è una grande quantità di incendi per la condizione di regione più a sud d'Italia, di abbandono dei suoi territori, di degrado sociale. Tutte condizioni queste che si sommano al tipo di vegetazione che la ricopre, secca e arida in estate, per le alte temperature e la scarsa piovosità.
Per questo si può dire che negli ultimi decenni il nostro lavoro di antincendio sia stato esemplare: ha affrontato questa emergenza con grandi risultati, pur nella carenza permanente di mezzi e risorse. Con grande dignità ha sopportato le denigrazioni pubbliche, ingiuste e superficiali, con pochi a difenderci e, persino, con taluni dirigenti forestali incompetenti, mai stati su di un incendio, anch'essi ad accusarci, non sapendo a chi altri addossare le colpe di ciò che, nell'ignoranza, non riuscivano a capire.
Ormai gli addetti allo spegnimento incendi siamo sempre più ridotti nel numero ed abbiamo sempre più un'età avanzata, senza che ci sia stata una riforma che abbia permesso una adeguata introduzione professionale di giovani a cui passare la nostra preziosa esperienza. In tal modo il nostro lavoro si disperderà come "neve al Sole".
Ciò rappresenta un peccato ed uno spreco, tenuto conto dei rischi, degli infortunii e dei lutti che in questa attività abbiamo subito.
Tenuto conto dei meriti che solo l'ambiente naturale ci riconosce, per averlo salvaguardato più e più volte.
Antonino Lomonaco
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