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Dal sito www.linkiesta.it
di Riccardo Liguori
Secondo uno studio pubblicato su Nature, il climate change ha reso più vulnerabili 33 miliardi di tonnellate di biomassa forestale. Questo è un problema, perché il polmone verde del Vecchio Continente, oltre a ricoprire il 33% della sua superficie, ha un ruolo decisivo nello stoccaggio della CO2
Dall’estremo nord dell’Europa fino ai suoi confini più meridionali, dalla Scandinavia alla Penisola Iberica, le foreste del Vecchio Continente stanno perdendo sempre più velocemente le loro difese naturali contro fenomeni avversi come incendi, tempeste e ondate di siccità. Ma anche contro gli attacchi di insetti e parassiti.
Lo attesta una combinazione di dati satellitari, serie storiche e sistemi di apprendimento automatico sullo status delle coperture verdi dal 1979 al 2018, confluiti in uno studio pubblicato su Nature Communications.
Gli autori dello studio, condotto dal Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea a Ispra (Varese) in collaborazione con il Max-Planck Institute e le università di Firenze, Valencia ed Helsinki, hanno ricostruito come è cambiata la vulnerabilità – intesa come «la frazione di biomassa potenzialmente persa quando un ecosistema forestale è interessato da un disturbo naturale» – allo stress ambientale delle foreste europee, il polmone verde che occupa più di 2 milioni di km quadrati del continente: il 33% della sua superficie.
Gli studiosi hanno scoperto che l’attuale crisi climatica minaccia il 60% di biomassa forestale, per un totale di oltre 33 miliardi di tonnellate di parte legnosa, minando così il ruolo delle foreste sull’approvvigionamento di legno e il sequestro del carbonio, ad esempio.
Dal 2000 al 2018, l’aumento di 0,5° C della temperatura media ha rappresentato un pesante impatto sulle foreste. «Sembra che si sia superato un punto critico oltre il quale esse hanno iniziato a perdere le loro capacità di difendersi», ha spiegato a Nature Italy Giovanni Forzieri, autore principale dello studio e ricercatore presso il Centro comune di ricerca della Commissione europea a Ispra, in Italia.
Le foreste sono tra gli organismi viventi più resilienti, capaci di sopportare alterazioni di lungo periodo nel loro ambiente. Lo stesso discorso non vale, però, quando si trovano a fronteggiare cambiamenti improvvisi come l’attuale riscaldamento globale. Infatti, la lentezza che caratterizza la loro crescita limita la loro capacità di adattarsi con rapidità a mutamenti repentini.
Oggi gli stress idrici e l’incremento delle temperature inficiano la salute degli alberi: minano la loro capacità di resistere agli attacchi di insetti e parassiti e li espongono a una maggiore probabilità di prendere fuoco. Anche le improvvise gelate e nevicate straordinarie rappresentano un problema perché possono sovraccaricare le chiome e indebolire le radici, rendendo le foreste più vulnerabili alle successive tempeste e quindi allo sradicamento.
Guardando nel dettaglio alle diverse aree del continente, la vulnerabilità alle tempeste è più elevata in Norvegia, nel nord delle isole britanniche, in Portogallo e nell’Europa meridionale, e in particolare nelle zone montane (Alpi, Caucaso e Carpazi): qui può raggiungere il 40%. Al contrario, le foreste della Svezia meridionale e della Polonia mostrano una maggiore resilienza: questo potrebbe dipendere dal fatto che le recenti tempeste (come quella di Gudrun nel 2004 e Kirill nel 2007, in cui il vento ha raggiunto la velocità di circa 250 km orari) avevano già ridotto la biomassa di queste aree verdi.
La vulnerabilità agli incendi, invece, appare più elevata in Svezia, Finlandia, Russia europea, Penisola Iberica meridionale e Turchia: qui il tasso di vulnerabilità può superare il 35%, mentre le foreste più umide come quelle nell’Europa centrale e nelle zone di montagna risultano più resilienti.
La suscettibilità agli attacchi degli insetti è, invece, complessivamente cresciuta in tutta Europa dal 2000 a oggi ma del 2% per decennio nelle foreste del nord (in alcune aree della Scandinavia e della Russia), dove l’aumento delle temperature è stato, ed è tuttora, più veloce.
Dallo studio è anche emerso che le coperture verdi caratterizzate da un’elevata eterogeneità sono meno vulnerabili tanto agli incendi quanto alle tempeste e agli attacchi di insetti e parassiti. «Questo – si legge nello studio – potrebbe riflettere la maggiore resistenza di specie miste contro i disturbi biotici».
«Quantificare gli effetti su larga scala dei disturbi naturali sulla resilienza e produttività delle foreste è una sfida importante – spiegano i ricercatori che hanno realizzato lo studio – I risultati di questo studio contribuiscono a una migliore comprensione dei potenziali disturbi naturali causati dal clima sulle foreste europee, aiutando a indirizzare la gestione delle foreste e a definire politiche di adattamento per affrontare queste vulnerabilità».
I risultati raggiunti dai ricercatori potrebbero rappresentare una spinta per progettare interventi di gestione forestale, impendendo alle foreste di raggiungere un punto di non ritorno oltre il quale smetterebbero di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera, destabilizzando ulteriormente il clima. «L’uso di tecniche di big data, machine learning e modellizzazione sarà essenziale per gestire la crescente quantità di dati di cui disponiamo in questo settore», ha sottolineato Forzieri.
Fonte: www.linkiesta.it
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